Muriel Barbery ha 41 anni, ha insegnato filosofia e ha scritto due romanzi. Attualmente vive in Giappone, un paese che l’ha sempre affascinata, come lei stessa ci racconta in questo incontro all’Auditorium di Roma. Un avvertimento prima di cominciare: l’autrice non vuole essere ripresa, solo foto, ma niente filmati. Non si tratta di uno strano rituale apotropaico, non teme che l’anima le venga rubata dal diavolo, ma come ci spiega: è perché l’immagine dello scrittore sminuisce il valore delle sue parole. Per questo non va in televisione. Ed è senza apparire in tv che L’eleganza del riccio, il suo secondo romanzo, ha venduto più di un milione di copie in Italia e due milioni in Francia. Negli Stati Uniti, dove per gli autori europei è già un miracolo essere tradotti, ne ha vendute 500 mila.
Perché? Cos’ha di tanto particolare?
Parla del senso della vita: del senso della cultura e della bellezza. Capelli neri, voce suadente, la Barbery non vuole raccontarci i suoi segreti di scrittrice: a 40 anni ha scritto soltanto due romanzi, non crede di essere in grado di farlo.
Quindi ci parlerà delle cose che legge, ci dirà quali autori l’hanno affascinata.
C’è una storia d’amore tra lei e il pubblico italiano e apprezza che nessuno le chiederà per l’ennesima volta: “Perché una portiera?”, oppure notizie sulla sua infanzia, i suoi amori e così via. Ha tirato un sospiro di sollievo quando ha saputo che doveva parlare delle sue letture, ma poi si è detta: “Certo, è qualcosa di molto intimo…”
Dai sette ai trent’anni ha sempre letto molto.
Era una lettrice accanita e onnivora.
Pensa di non aver passato un solo giorno senza leggere. La lettura le deva un piacere intenso e poi crede che un grande romanzo ci permetta di capire la vita meglio di un saggio di filosofia. A questo proposito ci racconta un aneddoto.
Una volta il grande regista Jean Vilar aveva adattato un’opera di Paul Claudel. Un giorno Cludel è andato a vedere le prove e Vilar gli ha chiesto timidamente: “Maestro devo farle una domanda, forse sgradevole, ma c’è un passaggio del suo testo che non riusciamo a capire”.
Claudel ha preso il testo, lo ha letto e gli ha fatto una pernacchia. Questo aneddoto è interessante perché con la letteratura possiamo capire molte cose, anche se non siamo in grado di spiegare perché un libro ci è piaciuto tanto. Pensiamo ad esempio allo psicologo americano Milton Erikson che raccontava delle storie per curare i suoi pazienti.
Il libro che a tredici anni le ha fatto scoprire quanto la letteratura sia prodigiosa è stato Guerra e pace : “L’ho letto e non ci ho capito niente”. In quel periodo ha letto di tutto, anche classici, ma soprattutto gialli, fantascienza e fumetti. Grazie ai fumetti ha imparato il gusto del riso. La fantascienza ha avuto un ruolo importante perché si è sentita libera di lasciar andare l’immaginazione. Nella fantascienza tutto è possibile. L’ha divorata per molto tempo e le ha insegnato il gusto della magia in letteratura. Poi a trent’anni tutto è cambiato. Si è chiesta se avesse perso l’incanto della lettura. Non aveva più voglia di leggere i fumetti.
Il piacere della lingua
Dai trenta ai quarant’anni ha letto i classici. Che cos’era successo? Che a trent’anni ha scritto la sua prima opera di narrativa. Da quando si è messa a scrivere, provando l’ebbrezza della “fiction”, si è messa a cercare nei libri l’ebbrezza di cui avrebbe voluto scrivere.
Inoltre scrivendo il suo primo piccolo romanzo, ha capito che il suo più grande piacere non era creare personaggi, o raccontare storie, ma era il piacere della lingua. E parlava la più bella lingua del mondo. E’ felice di poter scrivere in una lingua che adora e che trova bella. Ha un grande memoria di tutto quello che legge, di tutti gli snodi narrativi importanti.
La lingua è tutta l’eredità di un popolo e i testi sono molto più intelligenti degli autori: contengono la lingua con secoli di saggezza e tristezza. Questo non vuol dire che gli scrittori siano stupidi e i loro testi intelligenti, ma la lingua è più saggia e intelligente di noi.
Pensa a Il bacio al lebbroso di François Mauriac: uno stile prezioso e molto antico. Una meraviglia. C’è una frase che l’ha ossessionata da quando l’ha letta: “In silenzio le sue scarpe lo ingoiavano”. Ogni volta che legge un classico le pare di stare sulla spalla dello scrittore che sta creando, nel momento in cui la penna diventa armoniosa e il testo scivola.
Per quarant’anni non ha letto poesia. La odiava. Trovava ridicolo quello che dice la poesia e quelli che giravano con i poeti romantici in tasca. Poi è andata a vivere in un appartamento vuoto e risonante, dove ha letto qualche poesia come in una cattedrale. Si è messa a piangere per quanto era bella. In quell’appartamento vuoto ha fatto molta esperienza di poesia. Crede che la poesia sia ciò che ci permette di accedere con forza e fragore a mondi invisibili.
Scopo della letteratura è toccare l’eternità
A questo punto è cominciata una nuova fase: ora legge per condividere. Vuole raccontarci quello che le è successo da poco con un testo di Saint-Exupéry: Terra degli uomini. Stava mangiando da sola in un ristorantino in Giappone e il libro l’ha talmente commossa che è dovuta scappare di corsa dal ristorante perché per un giapponese un’occidentale che piange al suo tavolo suonerebbe come una fatale conferma. Poi lo ha consigliato a un amico che l’ha letto in treno e le ha scritto un sms, dicendole che era meraviglioso e che piangeva. Quindi l’ha dato alla sua editrice spagnola che l’ha chiamata in piena notte… piangendo. Poi è toccato a un autista di taxi… ora niente è più bello che condividere i libri perché ha la sensazione di appartenere a una confraternita, a una comunità.
Ma vuole parlarci ancora di Terra degli uomini. Per prima cosa della lingua: è stata colta da una grande invidia perché è il miglior francese che abbia mai letto. Quest’opera ha saputo combinare la generosità della lingua francese con una grande sobrietà. Ha già detto di quando aveva perso la capacità di incantarsi. Il libro racconta di un uomo che non ha perso questa capacità, un giovane pilota. Contiene un soffio straordinario. Intensità e poesia. E’ un uomo maturo, non è più un bambino, ma crede nella magia del mondo. E’ capace di vedere cosa c’è di bello ed eterno. Scopo della letteratura è toccare un po’ l’eternità.
Quando, durante la giornata, le capitano dei bei momenti, si dice sempre che gli umani hanno molta fortuna perché possiedono questa straordinaria attitudine che è la letteratura. Grazie alla lingua e alla magia della lingua, queste emozioni si sublimano e restano. La grande letteratura, quella che legge con passione, è quella che ci dà un sentimento d’eternità.
Un’ultima cosa: crede che se fosse un altro non leggerebbe i suoi libri, che i suoi romanzi non le interesserebbero. Allora ci chiediamo: sarà perché non sfiorano l’eternità?