«Nella primavera del suo venticinquesimo anno, Sumire si innamorò per la prima volta nella vita. Fu un amore travolgente come un tornado che avanza inarrestabile su una grande pianura. Spazzò via ogni cosa, trascinando in un vortice, lacerando e facendo a pezzi tutto ciò che trovò sulla sua strada, e dietro non si lasciò nulla. Poi, senza aver perso nemmeno un grado della forza, attraversò il Pacifico, distrusse senza pietà Angkor Wat e incendiò una foresta indiana con le sue sfortunate tigri. In Persia si trasformò in una tempesta del deserto e seppellì sotto la sabbia un’esotica città-fortezza. Fu un amore straordinario, epocale. La persona di cui Sumire si era innamorata aveva diciassette anni più di lei ed era sposata. E come se non bastasse, era una donna. E’ da qui che tutto cominciò, ed è qui che tutto (o quasi) finì».
Così comincia questo romanzo di Murakami che s’interroga sull’amore. Che parla d’amore e di morte e va dritto al cuore. Parte leggero e spensierato, poi ci proietta in un dramma misterioso. Però non è un libro nero, diciamo che è difficile da classificare. Ma forse i libri di questo spiazzante giapponese lo sono sempre.
Figlio di professori di letteratura, appassionato di musica e gatti, ha gestito insieme alla moglie un jazz bar a Tokyo. Appena raggiunto un po’ di successo, ha cominciato a viaggiare in Italia, Grecia e Stati Uniti.
E’ a Roma che nel 1987 ha scritto Norwegian Wood. Tokyo Blues: un caso letterario che ha venduto due milioni di copie in un anno (qui trovi la nostra recensione). In seguito si è trasferito negli Stati Uniti, dove ha insegnato letteratura, per poi tornare in Giappone. Oltre alla scrittura, Murakami si dedica alla corsa. Ha partecipato a circa venti maratone e corre e si allena tutti i giorni. E’ inoltre il traduttore di alcuni gloriosi americani: Scott Fitzgerald, John Irving e Raymond Carver che considera il suo maestro e mentore letterario. “Le sue opere sono ancorate in una quotidianità che sottilmente esce dai binari della normalità” e “rivelano una forma di surrealismo molto rinfrescante”. Di certo ha una grande capacità di spaesarci.
Un avvertimento prima di continuare: se non avete letto il libro è meglio che prima lo leggiate perché ne svelerò la trama e cercherò di carpirne i segreti. D’accordo non è un giallo, ma non solo i gialli riservano sorprese.
La storia è raccontata da un amico di Sumire, suo compagno d’università e poi insegnante elementare. A quell’epoca Sumire lottava con tutte le sue forze per diventare una scrittrice. Ma a discapito della totale dedizione e della forte determinazione, non ci riusciva. Sumire era incapace di scrivere alcunché avesse un inizio e una fine.
Quello che scriveva “sembrava un patchwork fabbricato da un gruppo di donne ostinate che hanno tutte gusti diversi e diverse difficoltà e che lavorano insieme in silenzio”.
L’inizio l’ho adorato, poi, quando Sumire sparisce sull’isola greca, a poco a poco il libro non mi è più piaciuto. In certi momenti mi sembrava quasi un horror. A quel punto non ho capito cosa è successo. Non ho capito perché i protagonisti sono caduti in una depressione che ha tolto loro tutta la voglia di vivere. Si è prodotta una scissione pericolosa che li ha portati in un’altra dimensione, dove il calore della vita è scomparso. Dov’è impossibile separare il sogno dalla realtà.
Non ho capito la malattia di Myu, la donna di cui Sumire si è innamorata, e come questa malattia si sia trasmessa agli altri. Ero arrabbiata con Murakami ma poi finalmente… la fine mi è piaciuta.
C’è qualcosa di spirituale in questo romanzo. Sembra che Murakami (qui trovate il suo sito) non desideri che comprendiamo esattamente cosa è successo. Preferisce creare un mistero e senza dubbio Myu è il personaggio più misterioso. Bellissima, affascinante e raffinata, per certi versi assomiglia a Sumire, ma non certo per l’eleganza: la ragazza desidera diventare una scrittrice e sappiamo che Myu è stata un’eccellente musicista. Sappiamo che un evento traumatico ha cambiato la sua vita e che in seguito ha smesso di suonare. Ma alla fine si scopre che in realtà non aveva talento.
Il problema di Myu è che non è capace d’amare.
Questa assenza di sentimenti, questa frigidità, le impedisce d’avere dei rapporti con gli altri (sia psichici, che fisici) e di essere un’artista.
Nel romanzo c’è un triangolo: il professore ama Sumire, Sumire ama Myu e Myu… non ama nessuno.
Possiamo pensare che Myu non riesca ad avere un rapporto sessuale con Sumire perché non le piacciono le donne, ma poi si capisce che è incapace di amare chiunque. La scomparsa di Sumire potrebbe rovesciare il suo stato d’apatia, invece questo secondo trauma l’aggrava e Myu resta nel suo vuoto esistenziale.
All’inizio Sumire non ha sentimenti e ha dei dubbi sulla sua capacità di scrivere. Alla fine “uccide il cane”: supera la prova sentimentale.
Il romanzo è un viaggio d’educazione sentimentale. Apparentemente l’amore è la cosa più semplice, ma quello che ci sembra vicino si rivela lontano e inafferrabile. Murakami ci mostra che le cose su questo terreno non sono affatto semplici.
Per quanto riguarda la fine mi è successa una cosa sorprendente. Ho regalato il libro a un’amica e parlandone con lei ho scoperto che avevamo “letto” due finali completamente diversi. Perciò ho chiesto l’opinione di un amico che pure aveva letto il libro. La sua fine è simile alla mia, anche se non identica. A questo punto l’ho regalato a un’altra persona perché ero curiosa della sua interpretazione. Risultato: due a due.
Ma andiamo per gradi. Sumire è scomparsa sull’isola greca. Il suo amico, il giovane professore che è innamorato di lei, pur senza averglielo mai detto, va a cercarla lì, ma inutilmente. Perciò torna in Giappone e riprende la sua vita. Passano dei mesi e lui torna al suo triste quotidiano. Ecco la versione della prima amica.
“Lei non torna più, è evidente. Lo chiama, poi cade la linea, lui sta vicino al telefono, ma lei non richiama. Non richiamerà mai”.
Ecco invece la versione del mio amico: “Alla fine, dopo lunghi mesi di attesa, Sumire chiama da una cabina telefonica e gli dice che è tornata da molto lontano, che le sono successe delle cose incredibili che è riuscita a superare e che vorrebbe vederlo per parlargliene. Gli dice tutto come se si fossero visti il giorno prima. E’ il momento che mi ha più commosso, di cui conservo un ricordo… d’amore…”
Ecco la versione della terza amica: “Lei non è tornata ma si tratta di un desiderio di lui, di un sogno. Se uno non può vivere nella realtà vive nel desiderio, nel sogno. Il telefono ha suonato o non ha suonato? La telefonata l’ha pensata, o è arrivata? E poi, ci sarà andato in Grecia?”
Il suo dubbio travolge l’intero romanzo e lo trascina in una dimensione onirica. Non potendo decidere dove comincia il sogno e dove finisce la realtà, tutto diventa sogno. Comunque le loro due versioni coincidono perché entrambe ritengono che Sumire non sia tornata.
Mi chiedo se Murakami sia al corrente che quelli che leggono il suo romanzo pensano tutti cose diverse. Tanto diverse. Se questo libro non sia una specie di test proiettivo. L’altra cosa divertente è che ognuno vede la propria versione come unica e autentica. Anch’io lo credevo prima di scoprire che c’erano altre interpretazioni: anche questo è un risultato del test proiettivo. Il mio amico mi ha detto che non ha dubbi sul ritorno della ragazza. Neanch’io del resto. Allora, oltre alla versione pessimista del non ritorno, possiamo dire che ne esiste una degli innamorati.
Del resto il titolo originale de La ragazza dello Sputnik è “l’innamorato-a dello Sputnik” (Supūtoniku no koibito), o forse si potrebbe tradurre con “l’amante dello Sputnik”.
Senza saperlo, quella che ha visto la fine migliore sono io. Vi ho visto una fine da favola. Ho pensato che lei ora fosse pronta ad amarlo e che forse lo amava già prima di partire (come in Pickpocket di Bresson). Ovviamente so che questo non lo dice nessuno e che è una mia prefigurazione. So che il romanzo resta aperto. Ma una cosa è certa: si conclude col ritorno della protagonista e questo dà senso a tutto quello che è successo.
Un’ultima considerazione: per gli adolescenti (stato esistenziale imprescindibile da cui si può uscire, o restarci imprigionati per sempre) l’amore è solo amore impossibile. Gli adolescenti amano di un amore tanto forte, quanto proiettivo. Tanto forte, quanto idealizzato. Perciò la caratteristica di questo amore è di non incontrare mai l’altro. In un paradosso di cui chi lo vive è del tutto inconsapevole, l’amore è possibile solo se è impossibile. Se ne esce quando si incontra l’altro. Quando si elimina quella distanza siderale colma di desiderio e si entra nel mondo reale. Credo che questo succeda a Sumire.
Ho iniziato a leggere “La ragazza dello sputnik”… (soprattutto perché non vedo l’ora di gustarmi il pezzo di Zita).
Dopo le prime pagine, mi sorge spontanea una domanda: perché in molti si ostinano a scrivere quando già altri lo hanno fatto in maniera meravigliosa, oserei dire… insuperabile? Se io dovessi scrivere un libro, ad esempio, potrei usare una marea di cose già scritte da Murakami… mi sembrano perfette.
Comunque, per la domanda (perché scrivere… ecc.) , avrei anche una risposta… mi piacerebbe però un confronto-verifica…
Giovanna
Giovanna tu mi dai molta soddisfazione… ok, allora aspettiamo.
Perché molti si ostinino a scrivere me lo chiedo anch’io 😉
Se poi mi chiedi perché si scrive, questo è un domandone.
Allora ci provo: per dare un senso a quello che accade, per fare ordine, per farsi belli, per eliminare le pause noiose della vita (come dice Hitchcock), per dare la propria versione, perché si è una “struttura aperta” (come dice la Kristeva), o romantica, ovvero incompiuta e piena di una strana nostalgia, perché si è un baule pieno di gente, perché si è tormentati dai “se” e dai “ma”, per creare un mondo migliore, perché si può fare stando seduti, perché non se ne può fare a meno, etc.
Ho finito di leggerlo.. da un po’.. e ora posso godermi il tuo scritto. Condivido molte delle tue osservazioni, e per questo sarò breve.
Ho la sensazione che oltre a Sumire, Myu e il professore, l’altro protagonista de “La ragazza dello Sputnik” sia… il lettore.
Dai primi scambi di sensazioni (torno ad usare questa parola), e dopo aver letto il tuo testo, noto che ognuno “racconta” il suo personalissimo finale assegnando ai “veri” protagonisti sorti diverse. Quando la storia finisce, se ne aprono altre sul futuro, e anche sul passato, di chi ci ha accompagnato per tutte quelle pagine. Mi sembra anche che a determinare questo o quel finale, sia il particolare, momentaneo stato d’animo del lettore. Proprio parlando del “mio” finale mi si è fatto ancora più chiaro il mio particolare “momento”.
Mi sono riproposta di tornare a leggere il libro tra dieci anni… vi farò sapere.
Sono d’accordo. Stranamente in questo romanzo sono implicati il passato e il futuro di chi legge, nonché il suo particolare stato d’animo (non vorrei sembrare troppo fantascientifica…). E se è vero che capita sempre con tutti i libri, con questo ancora di più. Almeno mi pare. Forse succede lo stesso con altri romanzi, solo che non lo sappiamo perché non abbiamo mai messo a confronto le nostre versioni. Perciò potremmo chiederci: come vanno a finire Grandi speranze e Anna Karenina? 🙂 Temo la risposta…
Ho letto La ragazza dello Sputnik sul volo Tokyo – Roma del 6 gennaio 2013, all’andata, il 27 dicembre, avevo letto Né di Eva né di Adamo della Nothomb. Il primo bar a Tokyo in cui sono stato si chiama Sputnik, si trova a Golden Gai e sono quasi sicuro che sia tra i preferiti di Sumire (che ovviamente io ho amato perdutamente, senza potermene sottrarre, dalla prima pagina).
Questa breve premessa per dirvi che:
1. alla lettura del finale sono stato assalito da mille dubbi, dopo la prima lettura guardavo il libro al contrario come quando si rovescia la scatola vuota di un puzzle sperando che sia rimasto ancora un pezzo
2. alla seconda lettura del finale ho deciso che Sumire era tornata, l’amore per il personaggio non mi lascia scampo, contesterei Murakami se dichiarasse il contrario!
3. alla terza lettura ho elaborato la mia interpretazione: Sumire riesce finalmente a chiamare il Professorino perchè è lui che è passato dall’altro lato (quello di Myu bruna), a rafforzare questa interpretazione il fatto che nelle ultime righe il Professorino si guarda le mani bianche e senza sangue, gli stessi sintomi di quando stava salendo sulla collina dell’isola greca per capire da dove arrivasse la musica. Essì è proprio così.
E no, Sumire non ama il Professorino una volta ritrovato per almeno due ottimi motivi, il primo perchè, per dirla alla Nothomb, c’è dello scontato nelle relazioni sentimentali di oggi. Il secondo perchè, ovviamente, ama me!
Dunque Pier, il tuo è senza dubbio il commento più originale !
A questa ipotesi effettivamente non ci avevo pensato.
Alcuni hanno pensato che Sumire non sia tornata, ma nessuno ha pensato che non torni neanche il professore 🙂
Tu dici che lei può parlare col professore perché anche lui è passato dall’altro lato, forse è morto.
Non mi sembra scontato che due riescano ad amarsi dopo tante peripezie. In questo i sentimenti restano sempre uguali: l’eroe, o l’eroina, dopo aver superato molteplici e difficilissime prove e dopo essere stato quasi per morire, può coronare il suo sogno d’amore.
Però c’è un argomento che trovo convincente: è che Sumire ami te! 😉
Ho finito di leggerlo ieri notte e la mia unica interpretazione, sofferta, è stata che il prof si fosse suicidato e nel suo altro mondo trova ciò che desidera. Questa l’ho trovata l’unica chiave, così mi sono messa su internet, sperando che qualcuno avesse un’altra interpretazione…. Non credo possibile che sumire possa tornare
Concordo col fatto che anche il professore (lo fa sembrare troppo adulto però la parola professore) è nell’altro mondo. E riceve la telefonata dopo essersi tolto la vita: tagliandosi le vene ai polsi.
Sono veramente colpita da queste interpretazioni… che non mi sarebbero mai venute in mente
Ho scoperto questo sito cercando in rete qualcosa in più sulla ragazza dello Sputnik. Anch’io ho dei dubbi sul finale e anche secondo me lui si è tolto la vita immaginando di ricevere la sua telefonata. .
Libro molto bello e coinvolgente, alcune parti mi restano oscure e mi sono ripromessa di leggerlo tra qualche anno
Se ne sei convinta anche tu allora non c’è dubbio, mi ama!
Secondo me il confine sottile che i nostri personaggi attraversano in tempi e modi differenti però non è la morte. “Chi ha tagliato la gola al cane” senza ammazzarne nessuno? Il professorino non ha avuto il coraggio di Surime, ha preferito tenere nei pantaloni l’incredibile erezione per paura di rovinare quello che c’era e il cane è scappato scodinzolando. Cosa ne Pensi?
E poi quella luna un po’ sinistra sempre presente a cui il Professorino alla fine si rivolge sapendo che sarà lei il legame tra di loro mi fa pensare. E’ intanto originalmente diversa dalla Luna romantica a cui siamo abituati a pensare, è più il Dark side of the moon.
Se potessi entrare nella testa di Murakama però quello che cercherei è lo stato d’animo di Myu quando dalla ruota panoramica vede se stessa in camera. Cosa avranno mai fatto di tanto sconvolgente i due, quale demone evoca nella mente di Myu quella visione da farle venire i capelli bianchi? E’ un altro pezzo del puzzle che non mi va a posto. Surime quando chiama nel finale è sorridente, luminosa, certo dice di averne passate mille ma ne trai la sensazione di esperienze non di disgrazie. Dall’altro lato l’unica senz’anima è Myu sempre più svuotata di spirito vitale.
Forse il nostro autore si diverte a confondere le acque e sovvertire i canoni in modo sistematico, o il confine tra i due mondi è tutto nella coscienza dei personaggi e quello che trovi scavandoci dentro può anche farti molta paura.
Scusa il ritardo Pier,
ma sto per cambiare casa e ho la testa piena di mattonelle…
Allora, capisco che è un tuo rivale 🙂 ma forse sei un po’ duro con il professore. E’ vero che l’eroina indiscussa di questa storia è Sumire, ma il professore l’ha inseguita fin sull’isola greca, che dal Giappone non è poco!
Lei è più coraggiosa, ma lui non è rimasto immobile.
Per quanto riguarda la luna, se leggerai 1Q84 ne vedrai delle belle!
Si va proprio nella direzione che dici, ma ancora più esasperata… proprio nel Dark side of the moon.
Quello che Myu vede dalla ruota panoramica è un mistero e resterà tale, ma evoca e tira in ballo ciò che per ognuno di noi è il peggio, ciò che ci fa orrore.
Ognuno può vederci quello che vuole.
E’ certo che Murakami si diverte a giocare con i generi e a sovvertire i canoni. Ci costringe a mettere al posto dei tasselli che non troviamo, un tassello nostro. In questo senso dicevo che leggere Murakami – poi ho scoperto che usa la stessa tecnica narrativa anche negli altri romanzi – è un test proiettivo…
Premetto che non sono una grande conoscitrice di Haruki Murakami, “La ragazza dello Sputnik” è il secondo libro che leggo, ma devo dire che il suo stile delicato e irreale, che già avevo assaporato leggendo la raccolta di racconti “Tutti i figli di Dio danzano”, mi ha nuovamente complito. I tre protagonisti interagiscono tra loro come mondi a sé stanti, il loro percorso finisce con l’isolamento. La solitudine accompagna il loro viaggio, le orbite di tre vite che continuamente vagano in un universo irreale, il cui centro gravitazionale è la realtà. “Solitari aggregati di metallo che nelle vuote tenebre del cosmo si incontrano per caso, quasi si sfiorano, quindi si separano per sempre. Senza scambiarsi parole, né promesse.”
Sumire non è tornata. Contando che il libro ha a molto a che fare con il mondo del sogno, per me il protagonista ha semplicemente ritrovato la sua amica in quella dimensione che a volte ci sembra incredibilmente vera (come quando abbiamo l’impressione che un sogno che abbiamo avuto fosse vero. Io stessa dopo anni non so ancora dire se un episodio di anni fa della mia vita l’ho vissuto o sognato), quindi la telefonata non è mai avvenuta. Mi sembra che Murakami si diverta ad insinuare il dubbio, ma io sono ferma in questa mia interpretazione del finale che credo fosse anche ciò che intendeva lui. Allo stesso modo credo che Myu si sia immaginata ciò che ha visto sulla ruota. Questi personaggi sono vittime di allucinazioni quasi. Lo scrittore ci gioca per mettere in crisi il lettore e creare un mondo inquietante ma meraviglioso. Infatti di lui amo moltissimo le immagini che usa, i dialoghi che crea e questi finali che, nonostante la mia interpretazione, mi lasciano sempre disorientata e con l’amaro in bocca. Adoro i suoi libri, adoro la tragicità che ci mette che trasmette malinconia anche a me perché in molte situazioni mi ritrovo del tutto. E per quanto riguarda Sumire, a mio parere lei si è suicidata. Non so come, forse si è annegata, ma x me è così. Fatto sta che Murakami ha una maniera bellissima di descrivere queste perdite e lasciare i finali aperti e disorientanti. Lo adoro. E ho trovato il tuo post molto interessante!
Libro appena finito (dopo aver letto la scorsa estate Norwegian wood). Il libro mi ha sicuramente colpita e coinvolta ma non come coinvolge la storia d’amore totale (quella che ha travolto Sumire), piuttosto come qualcosa che si insinua lentamente sotto pelle che ti trascina piano e silenziosamente; niente pugnalate al cuore, niente farfalle nello stomaco, niente adrenalina ma più effetto onde del mare che ti portano via e quasi non te ne accorgi.
La mia personale interpretazione, quindi, è del tutto a caldo e probabilmente sbagliata ma mi piace questo post e voglio dare il mio piccolo contributo. 🙂
Ognuno di noi ha dentro di sè il suo lato oscuro (Sumire, Myu, il professorino, la luna, io). Con il lato oscuro non ci sono vie di scampo: tornerà a farsi sentire ciclicamente facendoci male e quindi o si imparerà ad accettarlo, conviverci, gestirlo oppure, pur di non sentire quel dolore insopportabile, ci si separerà, in modo traumatico, dissociandosi da se stessi, da una parte di sè per vivere una realtà in cui il dolore non potrà entrare.
Questo è quello che è accaduto a Myu (nel passato; lo vediamo già successo). Questo è quello che accade a Sumire (nel presente; lo vediamo succedere). Questo è quello che sta per accadere al professorino (nel futuro; lo vediamo iniziare). Lui tenta una disperata resistenza quando si trova in Grecia, attirato dal canto e dalla luna. Ci riesce? Sembra di no, ma poi chissà. Il finale resta aperto ma il protagonista ora è lui (e noi che leggiamo e ci troviamo quotidianamente di fronte a quel baratro).
Sumire, secondo me, non torna, la dissociazione è avvenuta e da lì non si torna indietro. Ma non è più significativo ormai. Il punto di vista è quello soggettivo del professore che la immagina soltanto, in quella realtà parallela che sta nascendo, quella in cui la parte oscura e il dolore non esistono. E non esisitono perché ci si è separati da essa. Ma lì dove non esiste più la possibilità di sentire il dolore, non esiste più nemmeno la posibilità di sentire qualunque altra cosa, come è successo a Myu.
Ma forse, appunto, è tutto svolto nella realtà parallela del professore. Forse lui è sempre stato lì dentro e ci ha portato in un viaggio mentale in cui Sumire e Myu sono quello che lui vuole che siano.
Come dicevo, sono sorpresa e affascinanta da interpretazioni, che pur se diverse tra loro e magari opposte, sono straordinariamente interessanti e complesse!
Mi fanno provare una vertigine Ylenia,
di cui forse l’artefice, il motore primo, è Murakami…
La maggior parte di queste letture sono “pessimiste” ai miei occhi, ma comincio a sentirmi in minoranza
Non so se la mia interpretazione fra quelle pessimiste.
Io non la trovo così. O meglio, forse pessimista per i protagonisti del romanzo ma, al contrario catartica, e quindi positiva per il lettore.
Il romanzo mostra l’abisso e mostra quanto sia facile precipitarvi dentro ma mostra, anche se in modo più sottile, l’alternativa. Murakami ti dice che un’alternativa c’è. Non è la strada più facile, nè più comoda ma l’alternativa c’è.
Io in realtà penso che il protagonista in Grecia non ci sia mai stato! La guardia del supermercato gli chiede se è stato in vacanza e lui risponde di no, e poi alla fine del loro incontro dice che c’è qualcosa che gli puzza come se la persona che gli sta davanti non facesse realmente parte della realtà. Infatti il protagonista è una persona sola, che ha lentamente finito per richiudersi in un mondo di illusioni che hanno valenza di realtà è producono gli effetti della realtà stessa, come l’abbronzatura.
Ciao a tutti, io ho finito di leggere il libro due giorni fa (siamo nel 2017, chissà se qualcuno leggerà questo commento). Ora, premetto che dopo averlo letto ho fatto due notti di sogni incredibili che, al di là del contenuto in sè, hanno evocato con potenza le sensazioni e i colori de “La ragazza dello sputnik”, credo specialmente il viola violento che ho immaginato essere il cielo e l’angoscia di Myu sulla ruota panoramica in quella famosa indispensabile notte. Onirico personale a parte, il finale: il professorino come lo chiamate voi, che quasi non ha nome, perchè come al solito come in Norwegian Wood e altri, le vere protagoniste sono sempre due donne e mai il soggetto maschile che descrive il tutto quasi fosse dominato da forze e potenze esterne, beh il professorino va dall’altra parte. Sarà che ho finito stranger things in questo periodo, forse l’altra parte è il sottosopra oppure il soprasotto o l’aldilà ma penso che gli si possa dare qualsiasi nome e andrebbe bene perchè non ci sono un giusto e uno sbagliato. Ma il dato indiscutibile è che lui sia passato di là, perchè come Sumire e come Myu ha finalmente avuto il coraggio, una scossa, cioè la scomparsa di Sumire e la lettura della vicenda di Myu sulla chiavetta usb, hanno fatto sì che trovasse il “coraggio”, la spinta, per fare questo salto sull’altra luna, che non si sa se sia la destinazione oppure il passaggio per un’altra dimensione. Sicuramente qualcosa di sconvolgente è successo anche a lui, che non riesce più a tornare alla vita monotona di prima che mi ricorda un po’ il protagonista nelle prime pagine di 1Q84, professorino molto anonimo, rigido e con poca propensione allo straordinario ma dedito all’ordinario. Non credo si sia suicidato, non c’è sangue perchè, ora che lui è finalmente pronto, passa di là. La cosa curiosa è che magari è passato nell’altro mondo dormendo, in quel sogno con Sumire e magari non si è più svegliato ed è morto di qua per risvegliarsi più che vivo e pronto che mai dall’altra parte. Non si sa che ne sia del corpo da questa parte, se l’uomo decida di suicidarsi o no, se muoia sognando o no, certo è che la descrizione finale ci riporta su quella montagna e si apre il passaggio, ora lui è pronto e il suo sputnik è pronto e decolla. Guardate la copertina poi, è proprio il finale! Ps: adoro Kerouac, mi riconosco in Sumire e se qualcuno ha letto lo scrittore “beatnik” magari ricorderà la frase di On the road dove Sal Paradise immagina quell’angelo mezzo demone che fa quel salto dal trampolino verso l’ignote, la morte, la luce o chissà. Per me quel salto è lo sputnik che decolla.
Ho appena terminato di leggere il libro. Il mio finale è come il tuo. Credo che Sumire abbia finalmente capito di amare il suo amico. Anche se l’interpretazione del tuo di amico, quella che confonde i confini tra sogno e realtà, è davvero affascinante. Lo avevo pensato… ma la mia personale interpretazione del romanzo pende verso la tua versione.
Ne sono proprio felice Mirco! 🙂
E’ vero, anche l’altra, le altre interpretazioni, sono interessanti ma mi rincuora che anche tu la pensi come me.
Buongiorno a tutti, buongiorno Tiziana
Non mi vergogno nel dirlo ma ho scoperto da poco Murakami leggendo il suo primo libro “abbandonare un gatto” e di lí è scoccata la mia inesorabile voglia di leggerli tutti. Approffittando di questo periodo maledetto “COVID-19” che ci ha proiettati tutti in un mondo irreale, come quello dello sputnik, ho praticamente letto quasi tutti i suoi libri. Il mondo di Murakami sempre in bilico tra il confine del reale e il surreale ci porta a riflettere sulle tematiche della passione, onnipresente in ogni sua opera.
Nel caso della ragazza dello sputnik credo che noi occidentali abbiamo la necessità di trovare a tutti i costi un/a lieto/a fine ad ogni cosa che non accade mai nei libri di Murakami dove il lettore ne diventa il vero protagonista del romanzo. Ne è la prova sui tanti commenti lasciati in precedenza.
-La chiave di lettura sta all’inizio del libro, la piccola Laika la prima creatura proiettata/abbandonata nel cosmo.
-La chiave rubata dal bambino nel cassetto per riportare il professore alla realtà.
In quanti siamo davvero capaci di amare?
L’amore se non contraccambiato ci rende spettrali.
ei ciao. ho appena pubblicato il mio punto di vista. tu dici come “L’amore se non contraccambiato ci rende spettrali”. e credo che sia un interpretazione simile ala mia. ti va di rispondere al commento sul mio punto di vista e dire cosa ne pensi?
bene, sono qui per parlare di cosa penso io del finale (interpretazione chiaramente personalissima) a distanza di anni rispetto alla pubblicazione di questo post (12 anni?! wow.).
Anche se è passato così tanto tempo, credo che le persone che hanno scritto le loro interpretazioni non abbiano effettivamente ottenuto risposte definitive, e lo stesso sarà per me a distanza di 12 anni.
partiamo dal presupposto che secondo me, una distinzione fra “pessimisti” e “ottimisti” nell’interpretazione del finale non sia totalmente corretta… anzi, io preferirei fare una distinzione fra “realisti” e “idealisti”.
la storia stessa si pone nel mezzo tra questi due mondi. prima vediamo Myu che abbandona il suo mondo concreto salendo sulla ruota panoramica attraverso un sogno(?). successivamente Sumire sparisce inspiegabilmente come fumo come fece il suo gatto che non tornò mai più. poi vediamo il professore, che passa da essere in un mondo concreto in un mondo astratto: prima salendo la montagna in Grecia, poi guardando il cielo di notte alla fine del libro.
analizziamo diverse parti del libro. nel documento 1 di Surime:
“nel mondo dei sogni non è necessario distinguere le cose. non è per niente necessario. tanto per cominciare. lì NON esistono LINEE DI CONFINE. perciò nei sogni è difficile andare a urlare violentemente contro qualcosa (parallelamente, possiamo pensare allo specchio che divide la nuova e la vecchia myu), e se per caso questo accade non ci si fa male. la realtà è diversa, la realtà morde. la realtà, la realtà … ”
ultime pagine del libro, il narratore parla:
“sogno. a volte mi sembra che sia l’unica cosa giusta da fare. sognare, vivere nel mondo dei sogni, come aveva scritto Sumire. MA non dura molto. prima o poi il risveglio mi afferra..”
è chiaro che il narratore vuole entrare a far parte del mondo dei sogni. anche lui vuole scomparire “come fumo”, questo come il gatto di Surime, come Myu in svizzera.. e anche come Surime stessa.
ora, potrebbero essere successe diverse cose. porsi la domanda del fatto che si siano o non si siano incontrati, come sostiene surime dicendo “nel mondo dei sogni non è necessario distinguere le cose”, non credo che sia nemmeno prevista dal libro stesso… dopo tutto nel mondo dei sogni non esistono confini.
io però, come voi, muoio dal sapere cosa sia successo, sia agendo in maniera realista (si sono incontrati nel mondo reale), ma anche idealista: si sono incontrati nel mondo oltre lo specchio.
potrebbe essere, secondo la mia opinione, che tutti i protagonisti si siano rincontrati. questi hanno accesso all’altra dimensione nel momento in cui perdono l’oggetto verso il quale è diretto l’amore.
sono tutti mossi dall’amore nel mondo reale, e quindi (dopo aver perso l’oggetto che amano) continuano ad inseguirlo nel mondo parallelo (myu per la musica, sumire per myu, e l’autore per sumire).
forse il professore per accedere a tale dimensione si è suicidato… ma non penso sia così, come lui non pensava per sumire. bisogna acquisire un ottica “realista idealista” e credere che lui stesso si sia trasformato in fumo.
“vivere nel mondo dei sogni … MA non dura molto. prima o poi il risveglio mi afferra..” il professore sta iniziando ad accedere tale dimensione dopo che realizza che non ci sia più strada di ritorno per ricongiungersi con Surime. fantastica sul fatto che la stia chiamando nel pieno della notte.. e poi accede all’altra dimensione come fumo. Possiamo anche dire come lui stesse già nell’altra dimensione nel momento in cui Surime lo chiama, e così sarà possibile ricongiungersi.
esistono dimensioni diverse, in ognuna delle quali ogni singolo protagonista si ricongiunge con l’oggetto che ama.
– Myu forse diventa una pianista di successo
– Surime, in un altra dimensione, troverà l’amore con Myu
– il professore, forse troverà l’amore con Surime
Ciao “non lo so” 🙂
Credo non si possano ottenere risposte definitive per un romanzo che è volutamente “aperto”, non solo nel finale. In realtà questa è una caratteristica intrinseca dei romanzi di Murakami.
Comunque mi pare interessante la tua distinzione fra realisti ed idealisti.
Mi piace anche il fatto che il professore si sia trasformato in fumo.
E, sebbene non ti piaccia la divisione tra ottimisti e pessimisti, il tuo commento mi sembra il più ottimista. Hai trovato un modo per far quadrare tutti i conti ed esaudire tutti i desideri impossibili 🙂
A proposito di sogni e confini, se hai letto Kafka sulla spiaggia, ti consiglio anche questo mio articolo perché tratta proprio di questo…
Grazie del tuo contributo.
Anche io ho appena finito la ragazza dello sputnik e sono rimasta affascinata..è il terzo libro che leggo del medesimo autore….sarò breve: io mi lascio trascinare dalla lettura senza riflettere…accetto i finali aperti tutti condivisibili , ma alcuni passaggi proprio non li comprendo ed in questo romanzo non ho capito perché è stato inserito il furto della bambino. Grazie se mi vorrai rispondere