Siamo su una barchetta in mezzo all’Oceano Pacifico insieme a un ragazzo, una iena e una tigre. Questa è la terza e ultima puntata del gruppo di lettura su Vita di Pi di Yann Martel. Qui potete leggere la prima e la seconda puntata e la nostra recensione.
Tiziana: Io la tigre l’ho vista allo zoo di Roma ed era molto più grande di quella del film: era enorme. Quindi quella del film mi sembrava piccola. E quando è apparsa per la prima volta, un bambino al cinema ha urlato: “Perché è così piccola?” Poi, a differenza del romanzo, dove lui riesce a farle rispettare certi spazi e il problema del territorio è fondamentale, nel film sembra che la tigre stia dappertutto. Spunta fuori all’improvviso e ti prende un colpo quando appare velocissima con un gran ruggito. Arriva da tutte le parti, ma così si perde la divisione del territorio che dà un senso a tutto. Non che Pi non sia costantemente in pericolo anche nel romanzo, questo lo sappiamo.
D’altro canto lui nel libro pensa. Noi conosciamo i suoi pensieri, i suoi piani per salvarsi che poi diventano azioni, mentre nel film c’è solo l’azione. Nel romanzo la progressione narrativa è resa dal pensiero che è la cosa più interessante. Altrimenti resta un ragazzo in una barca con una tigre: allora che succede tutto il tempo a parte qualche tempesta e i cieli stellati? Come mostrare la progressione della storia? C’è il rischio che sia noiosa. Comunque nella riduzione cinematografica la tigre si è ridotta.
Roberta: Come lo spiegate il suo passaggio in quella strana isola carnivora, piena di quegli strani animaletti?
Giovanna: I suricati.
Tiziana: A quel punto vaneggiava… ma sia lui che la tigre hanno un momento di ricarica.
Monica: Forse è un espediente narrativo perché altrimenti sarebbero morti.
Roberta: Però l’isola è malvagia, è carnivora e lo tiene prigioniero.
Monica: E’ piena di pesci morti che salgono a galla…
Giovanna: E di cose inquietanti e repellenti.
Tiziana: Sembra un suo incubo.
Giovanna: Forse si era mangiato un pesce che era come un acido.
Tiziana: L’altro punto delirante è quando incontra il francese. Sono tutti e due ciechi… il francese non lo vedrà mai perché se lo mangia la tigre.
Giovanna: Quale francese?
Monica: Quello che incontra quando ormai è cieco e allo stremo delle forze.
Tiziana: In tutto il suo viaggio incontra un solo essere umano.
Giovanna: Per me era il cuoco…
Roberta: Anche per me era il cuoco.
Monica: Può darsi. Io pensavo che arrivasse da un’altra parte, però può darsi.
Tiziana: Per me era un povero francese divorato dalla tigre.
Giovanna: No, era il cuoco cattivissimo!
Tiziana: Ma scusa, questo lo sai dopo che il cuoco era cattivissimo. Del cuoco ce lo racconta alla fine.
Giovanna: Sì, ma poi quando parla del cuoco francese, ho pensato che fosse quello. Mo’ tutto ‘sto traffico di francesi nell’oceano!? Comunque loro stavano lottando e il francese era cattivo.
Monica: Non era proprio un angelo del paradiso. Era un personaggio infido.
Giovanna: Ecco qua:
“Mio dolce fratello” sussurrai.
“Eccomi” replicò.
Percepii un flebile ringhio.
“Fratello, aspetta. C’è una cosa che devi sapere”.
Mi cadde addosso. Finimmo distesi l’uno sull’altro, il busto sull’incerata e le gambe sulla panca di mezzo. Le sue mani si allungarono verso la mia gola.
“Fratello” ansimai nella stretta di quell’abbraccio fin troppo affettuoso “il mio cuore è con te, ma devo suggerire di spostarci con urgenza in un altro punto della mia umile imbarcazione”.
“Dici bene quando dici che il tuo cuore è con me!” disse ”E così il tuo fegato e la tua carne!”
Giovanna: Vedi, se lo sta per mangiare!
“Lo sentii scivolare dall’incerata verso la panca centrale; poi, fatalmente, poggiò un piede sul fondo della scialuppa.
“No, no, fratello! Non siamo…”
Provai a trattenerlo, ma sfortunatamente, era tropo tardi. Prima che riuscissi a dire la parola ‘soli’, mi ritrovai di nuovo solo.
Roberta: Poi si scoprì che il francese aveva delle provviste nascoste.
Tiziana: Quello glielo perdono, ma che lo voleva ammazzare no.
Giovanna: Non è molto perdonabile.
Monica: Ma vogliamo parlare del fatto che la tigre si chiama Richard Parker?
Giovanna: E’ che hanno fatto uno sbaglio al momento della scrittura.
Tiziana: No, c’è un motivo a parte quello raccontato qui perché Richard Parker è una citazione… l’animale si chiama Richard Parker come il personaggio di Storia di Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe “che finisce mangiato dai compagni di naufragio come un marinaio che, cinquant’anni dopo l’uscita del romanzo di Poe, fu digerito dalla ciurma del panfilo Mignonette… insomma ‘Life of Pi’ and ‘Life of Gordon Pym”!
Giovanna: Che supercitazione che ha fatto! E’ una storia talmente estrema che ti chiedi quale sia il suo rapporto con la verità.
Tiziana: Sembra strano che uno possa scrivere questa storia senza aver vissuto un’esperienza di naufragio.
Giovanna: Be’ avrà letto tutti i libri sui naufragi, avrà parlato con qualche vero naufrago, avrà parlato con qualche navigatore in solitaria.
Roberta: Ci sono dei libri bellissimi sui navigatori in solitaria. Come si chiama quel francese che si è girato tutto il mondo?
Monica: Quello che è scomparso nella Manica pochi anni fa?
Roberta: Quello che ha fatto una regata in cui si faceva il giro del mondo e arrivato alla fine, non è andato a ritirare il premio, ma si è fatto un altro giro del mondo!
Monica: Eccolo, Moitessier! Il libro si chiama Un vagabondo dei mari del sud.
Tiziana: Anch’io ne avevo letto uno molto bello, non so se lo conoscete, Kon-Tiki, in cui attraversano l’oceano su una zattera.
Monica: In realtà Yann Martel si è ispirato al libro di un autore brasiliano, Mocyr Scliar, del 1981, Max and the Cats (pubblicato in Italia col titolo Piccola guida per naufraghi con giaguaro e senza sestante). C’è una dedica a Scliar nei ringraziamenti.
Roberta: Scrive Martel: “Quanto alla scintilla di vita, la devo a Moacyr Sciliar”.
Giovanna: Nella mia esperienza c’è che tu senti un pezzo di una storia qui, un pezzo di una storia là, un pezzo di una storia laggiù e poi le metti tutte insieme, dandogli la luce che volergli dargli.
Monica: Comunque qui su internet dicono che i due libri hanno collegamenti superficiali. Hanno diverse strutture narrative perché Max and the Cats è un’allegoria sul nazismo. E poi, mentre in Vita di Pi due terzi delle pagine sono dedicate all’esperienza di Pi sulla barca, in Max and the Cats ci sono solo 17 delle 99 pagine che descrivono la vita di Max nella barca. Diciamo che Max and the Cats è stata la scintilla. E alla fine c’è sempre quella vecchia battuta: un cane copia, un grande autore si ispira… mi pare fosse Boris.
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Hanno partecipato a questo gruppo di lettura Giovanna Caico, Monica Londei, Roberta Randi e Tiziana Zita.