La conoscenza della verità nasce dall’anima

Platone

Quello per cui soprattutto è famoso, più ancora del mito della caverna, è l’amore platonico col quale oggi s’intende una relazione senza sesso. Chissà se Platone sarebbe stato d’accordo. Lui ad ogni modo intendeva un amore volto alle qualità intellettuali e morali, piuttosto che a quelle fisiche, come può esserci tra maestro e allievo. Un amore che trascenda la realtà sensibile e permetta all’uomo di ricongiungersi col divino: amore per la conoscenza, per la bellezza, per i giovinetti.
Bisogna tener conto che per i Greci, il bello e il buono coincidono e quindi la ricerca del bello era la ricerca dell’Idea del Bene, che è al top del mondo delle Idee. Una cosa è certa, l’amore era per gli uomini, mentre le donne servivano solo alla riproduzione.

Platone fu l’inventore dell’anima e delle “Idee”

Non di quelle che ognuno si forma nella propria testa, ma delle “entità che esistono indipendentemente dal pensiero”: forme eterne, immutabili e incorporee che non appartengono al mondo sensibile. Per lui il mondo è apparenza e le cose vere e belle stanno fuori: fuori dalla caverna. Ma non sono per tutti. Solo pochi iniziati possono vederle con l’occhio della mente. La sua è una visione prettamente oligarchica.
Secondo il filosofo, il mondo che conosciamo non è che una copia imperfetta, un’imitazione del mondo puro, eterno e immutabile delle Idee.
Ciò spiega la sua avversione per la pittura, la poesia, o la drammaturgia. L’arte offre copie del mondo sensibile che è già una copia, degradata, del mondo delle Idee. L’arte è una copia di una copia e quindi è menzognera e diseducativa.

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Nacque da un’antica e nobile famiglia

Platone nacque ad Atene nel 427 a.c. da un’antica e nobile famiglia e visse fin da giovane in un ambiente aristocratico. Ebbe una vita avventurosa, piena di viaggi, dovuti soprattutto alla sua passione politica: “Mi sarei vergognato moltissimo se mi fossi scoperto uomo capace solo di parlare e incapace di tradurre in atto le proprie idee”. Per questo fu anche venduto come schiavo, ma poi fu riscattato. La stessa Accademia, da lui fondata ad Atene nel 387 a.c., si configurava come un centro di studi e discussione per formare la classe dirigente della città. In un secondo tempo, dopo la condanna di Socrate e l’esperienza della tirannide, Platone si convinse che nessun partito sarebbe stato in grado di fondare uno Stato più giusto e la prospettiva filosofica prevalse su quella politica. Ma “quando Platone si presentò a Socrate non aveva le idee del tutto chiare su quello che avrebbe ricevuto dal maestro – e cioè una formazione morale e filosofica – e invece sperava di poter acquisire una particolare abilità oratoria per farsi largo in campo politico”.

Ed ebbe per maestro Socrate

Secondo Diogene Laerzio, Socrate sognò di tenere sulle ginocchia un piccolo cigno che mise subito le ali, volò via e canto dolcemente, e il giorno successivo si presentò Platone. Socrate allora disse che quel piccolo cigno era lui.
Dal suo maestro, Platone ereditò soprattutto il metodo. Socrate lo spinse a guardare non verso la natura, come facevano tutti i filosofi di allora, ma verso l’uomo.

5497L’Accademia

Fu un centro di produzione e diffusione del sapere. Era un ambiente molto stimolante, dove Platone passava le giornate a discutere di filosofia. Vi insegnavano matematici e filosofi e Aristotele vi tenne il corso ufficiale di retorica. Il metodo dialettico, secondo cui era organizzata la ricerca, obbligava all’amicizia e alla convivenza e creava un clima di libertà e di rispetto per le posizioni altrui. Aristotele, ad esempio, non risparmiò mai a Platone le sue critiche eppure restò nell’Accademia per più di vent’anni.

Per Platone la verità ha la sua sede ideale nel dibattito orale, nei dialoghi e nella comunità dei ricercatori. Il metodo dialettico si rivelò uno strumento potentissimo di conoscenza. La ricerca del vero nasce dall’attrito di posizioni opposte e c’è ironia anche nei dialoghi più impegnativi, come il Parmenide. platone

Al centro dei suoi dialoghi c’è sempre Socrate che parla, anche per questo è difficile distinguerli. Non sappiamo se è lui o Socrate che parla. D’altro canto i discorsi dovevano tenersi a memoria e non essere scritti, perciò si potrebbe supporre che questi dialoghi scritti avessero una funzione di training, di allenamento.
In ogni caso Platone è insuperabile per la creazione dello spirito, è uno dei massimi geni dell’astrazione che attraverso la dialettica, ha toccato i confini del pensiero. Già Aristotele esprime un’esperienza più comune. Il Parmenide è uno dei dialoghi più complessi e profondi che raggiunge livelli e dà risposte che fanno tremare i polsi.

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Tiziana Zita

Tiziana Zita

Se prendessi tutte le parole che ho scritto e le mettessi in fila l'una dopo l'altra, avrei fatto il giro del mondo.

2 commenti

  1. Spesso le cose risultano essere confuse a causa dell’errata interpretazione dei termini utilizzati per esporre concetti e teorie. L’idea è informale prima che il pensiero le attribuisca valori e forma cucite attraverso l’interpretazione personale. Il vestito così ottenuto non è più l’idea, nella sua purezza originaria, così come la circonferenza non è più la centralità priva di estensione dalla quale ha avuto origine. Platone, allo stesso modo di Socrate e, prima di loro, Eraclito, erano degli iniziati ai misteri dello spirito, e avevano accesso alla perfetta consapevolezza dei princìpi universali che sono norma della manifestazione dell’esistenza. Nessuno che non sia a propria volta un iniziato (termine tra i più abusati al mondo) può comprendere profondamente il dire di altri iniziati, e può farlo perché la Verità, nella sua essenza è una, come la metafisica che alla Verità è dedicata. Per questo la Verità iniziatica è sempre la stessa per chiunque vi abbia accesso, e sempre oscura per i profani.

    • Pur essendo per mia natura attratta dalla verità, penso con Wittgenstein che niente abbia senso al di fuori del gioco linguistico… senza il vestito l’idea nuda non esiste… ma temo di essere un’oscura profana

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