Gerusalemme, novembre 2009
Due anziane signore vengono trovate morte nella casa di riposo Yadlitza Norbert. Sulla causa del decesso non ci sono dubbi: asfissia causata dalle esalazioni di una stufetta a gas. Fin qui nulla più di un fatto di cronaca in una terra segnata da ben altre tragedie.
Ma se una delle due signore indossa un costume da elefante e l’altra un vestito da bambola, allora anche il più scalcagnato poliziotto sospetterebbe che c’è qualcosa di stravagante. Eppure in questo romanzo di Miki Bencnaan – scrittrice, scenografa e costumista di Tel Aviv – di sbirri e indagini poliziesche non c’è neppure l’ombra. In realtà, l’indagine c’è ma si svolge su un piano ben più raffinato e sorprendente per il lettore.
La trama de Il grande circo delle idee è fitta e mai lineare. Nella morte di Futerko e Inge non c’è nulla di scontato, neanche per i parenti. Non è la fine ma l’inizio che svela un intreccio di vite e vicende impensabili. Mistero della vita. Mistero dello scrittura. La casa di riposo Yadlitza Norbert – costruita con l’obolo di un misterioso quanto generoso donatore – diventa il simbolo della vita che si rinnova continuamente.
Luogo di rinascita, spazio teatrale in cui i protagonisti indossano nuovi costumi e ruoli, non soltanto per dare un senso ai giorni che rimangono ancora da vivere, ma anche per trovare il coraggio di fare i conti acrobatici – seppur dolorosi – col passato. Con la Storia. Per vie diverse i quattro protagonisti si ritrovano a vivere nella stessa casa di riposo ma a ciascuno di loro sarà concesso di capire e accettare che non si tratta di una scelta casuale.
Futerko, Leon, Pesca, Emanuel sono i quattro protagonisti. Leon è il deus ex machina: geniale musicista e regista teatrale austriaco, convincerà gli altri tre a dar vita a un coro polifonico perché l’estro, la fantasia e l’ingegno possono dare sale alla vita e rendere meno mostruosi i fantasmi del passato.
Come la deportazione nei campi di sterminio, le scelte anche violente, fatte per sopravvivere, la guerra che spazza via amore e identità, le assenze che gettano in labirinti depressivi. Concerto dopo concerto, il coro riscuoterà un discreto successo anche fuori dalla casa di riposo.
Futerko è la sola donna del coro. Ex pianista di grande talento, nessuno meglio di lei sa cosa significa indossare un costume piuttosto che un altro. Gliel’ha insegnato il campo. Un tragico teatro. Da bambina si salva dalla camera a gas grazie a uno stormo di corvi. La sua vita è intrecciata a doppio filo a quella di un’altra bambina, Inge, quest’ultima tedesca. L’elefante e la ballerina.
Pesca è un prete cattolico italiano. Sogna e disegna elefanti. Per anni è stato sacerdote nella Gerusalemme martoriata dall’odio razziale e religioso. Forse per questo ha l’ardire di credere che il paradiso sia possibile crearlo qui, senza dover attendere la morte. Preso dalla morsa dolorosa della crisi vocazionale, trova nella casa di riposo un rifugio confortevole. Ma è solo un’illusione.
Emanuel è arrivato alla casa di riposo nella maniera più rocambolesca, passando dall’Argentina dove è stato cresciuto da una dolcissima madre adottiva. La sua famiglia d’origine è ucraina. La nonna Rebecca fu uccisa durante il pogrom di Kishinev nel 1903; la cugina Pola, a tre anni, è stata massacrata, durante i pogrom di Petljura, nel 1919, sempre in Ucraina. Tra mille difficoltà Emanuel diventa agronomo, “ha le piante e gli alberi nel cuore” ed è un inventore geniale.
Ma anche nel genio c’è una buona dose d’illusione se il suo sforzo è teso a redimere l’intera umanità. Come? Attraverso una finzione biologica: un ciliegio che cresce a forma di trono. Troppo alchemico? Forse, eppure la sua ricerca troverà sempre l’aiuto di un anonimo e generoso sostenitore.
Ogni persona, si sa, porta dentro di sé qualcosa di segreto. O forse no. Fatto è che ciascuno dei personaggi di questo romanzo ha un segreto, uno di quelli che hanno condizionato la loro storia e anche la loro morte. Così profondo e inconfessabile che hanno creduto di poterlo nascondere per sempre. Ma Futerko, Pesca e Emanuel non hanno fatto i conti con l’invisibile e geniale regista che li ha riuniti nel coro. Vero e proprio istrione, Leon li dirigerà anche da morto.
Nel mondo di Miki Bencnaan realtà e invenzione, Storia e magia s’intrecciano. E non è detto che la sua fantasia non sia capace di arrivare dritta, dritta, al cuore del lettore e così liberarlo dai suoi segreti. Magari danzando di groppa in groppa, lungo la fila di elefanti bianchi dagli occhi dolci che incedono liberi per le vie della città, lanciando barriti che sovrastano gli spari e l’oscenità di questo mondo.