Con Le più piccole del ’68 Elena Costa, produttore e story editor di serie fiction per la tv, ha vinto il concorso letterario IoScrittore. Ecco una sua breve intervista in cui ci racconta come si partecipa. Di seguito trovate il parere del Golfo Critico sul suo romanzo.
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Come funziona IoScrittore, come si partecipa, come si vince, in quanti si vince?
IoScrittore è un concorso con una formula molto particolare che è stato ideato dal gruppo editoriale Mauri Spagnol e ha ottenuto il patrocinio del Ministero dei Beni culturali. Quella del 2015 sarà la sesta edizione. Ogni scrittore, o aspirante, può inviare il suo romanzo al sito in cui ci si registra. Bisogna caricare un incipit del romanzo, circa una trentina di pagine e in seguito l’opera tutta intera. Questa deve avere un certo numero di pagine: se sono di meno, o di più non viene accettata e caricata dal sistema. C’è un numero minimo e massimo di batture.
Basta che siano in lingua italiana, o ci sono altri requisiti?
No, non ci sono, a parte il fatto che siano inediti. Tutti quelli che hanno inviato la loro opera diventano automaticamente giudici del concorso. Ognuno dovrà giudicare un numero di incipit che può andare dai 10 ai 15, forse anche 20. Bisogna dare un giudizio scritto e anche dei voti sulla scrittura, sulla forma, sulla storia. Insomma c’è una tabella che ogni scrittore deve compilare. Ti danno un paio di mesi per leggere tutti gli incipit e giudicare. Quindi si fa una prima scrematura. In genere ci sono sui 1000, 1200 partecipanti, dipende dagli anni. Di questi, 300 vanno in finale. Quindi si passa da 1000-1200 a 300 incipit.
I romanzi che hanno superato la prima fase vengono giudicati dai 300 scrittori superstiti che hanno l’onore di leggere 10 romanzi per intero e giudicarli. I 10 vincitori avranno i propri romanzi pubblicati in ebook. Tra questi, uno viene scelto come vincitore assoluto e ha diritto alla pubblicazione cartacea. Gli ebook vengono pubblicati uno dopo l’altro a partire da dicembre, un mese dopo che sono stati proclamati i vincitori. Ad esempio è stato appena pubblicato Se hai paura prendimi per mano di Carla Vistarini che ha vinto nel 2013. Lei è un’autrice, una paroliera, ha scritto canzoni per un sacco di cantanti.
Era tra quelli che hai letto?
No, non mi è capitato. Me n’è capitato uno bellissimo, sempre l’anno scorso, che si chiamava Cuore nero.
Quindi si può partecipare più volte?
Sì, ad esempio Carla Vistarini aveva già vinto la pubblicazione dell’ebook l’anno precedente, ma con un altro libro. Tra l’altro Marco Montemarano, che ha vinto IoScrittore con Acqua Passata, ha poi vinto il premio Neri Pozza con un libro bellissimo che è La ricchezza.
Che leggi tantissimo lo so già. Leggi un libro alla volta o tanti insieme?
Comincio più libri, poi se ce n’è uno che mi cattura, abbandono tutto e leggo di filato quello perché mi viene l’ansia e devo finirlo subito. Devo sapere come finisce. Per esempio l’ultimo volume della serie de L’amica geniale, non potevo leggere nient’altro. Poi mi sono piaciuti un sacco quelli un po’ erotici che mi ha consigliato la Silveri, tipo Lemonade di Nina Pennacchi. In genere leggo sempre delle graphic novel come pausa tra un libro e l’altro. Mi piace moltissimo Vanna Vinci e adesso ho letto Il richiamo di Alma che è il suo ultimo libro: molto bello. Le graphic novel le uso come intervallo.
Sei una che rilegge?
Prima di più. Rileggerei ma non ho il tempo perché voglio leggere cose nuove. Però ci sono libri che ho letto mille volte.
Tipo?
Opinioni di un clown e Grandi speranze. Quelli li conosco a memoria perché una volta ogni sei mesi li rileggo, o ne leggo delle parti.
Sono questi i tuoi autori preferiti?
Sì Dickens, Heinrich Böll, ultimamente mi piace Elena Ferrante, Michael Chabon e tanti altri. Mi piace Dostoevskij ma faccio sempre una lettura selettiva. Non leggo tutte le pagine perché abbandono quelle più descrittive e noiose e vado al succo.
Che stai leggendo ora?
Giorgio Fontana, Morte di un uomo felice. E’ un bellissimo romanzo, scritto da un giovane, ambientato agli inizi degli anni Ottanta, con una figura di magistrato cattolico veramente inedita.
Visto che di libri ne abbiamo parlato, una serie e un film che porteresti nella capsula del tempo?
Adesso porterei la serie di Soderbergh, The Knick, perché mi è piaciuta troppo. Mi sono “drogata” e mi sono vista dieci puntate in tre giorni.
Ma è pura macelleria! E’ più quello che non ho guardato che quello che ho visto.
A me è piaciuta tantissimo. Anche se mentre la guardavo facevo degli urli assurdi. Mi è piaciuta anche The Leftovers: bellissima. Be’ anche Games of Thrones, ce ne sono tante che mi piacciono ultimamente.
Un film?
C’era una volta in America.
Come mai hai deciso di raccontare una storia ambientata nel 1968, tu che quel periodo non lo hai vissuto, essendo nata nel ’73?
Mi piace molto la storia. Mi piace il passato e soprattutto gli anni Sessanta, anche a livello visivo. Avevo visto un cinegionale dell’Istituto Luce in cui si parlava di queste ragazze e da lì è partita la ricerca. Le notizie erano poche, specialmente quelle succulente per lo scrittore e allora me le sono inventate. Prima però ho raccolto tutto quello che c’era.
E hai anche girato un documentario?
Sì, di 55 minuti, in cui ho ricostruito tutta la vicenda. Ma è una cosa distinta dal romanzo perché lì c’è la storia vera. Ho conosciuto le vere ragazze. Il documentario è appena finito e sta cercando la sua strada.
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Le più piccole del ’68
dal Golfo Critico
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We’re not beautiful, We are not ugly, We are angry, Women are people too.
Questo recita la pagina iniziale di Le più piccole del ’68 di Elena Costa, vincitrice del premio letterario IoScrittore. Il romanzo, che si apre con la citazione di uno slogan femminista degli anni Sessanta, ci porta in un tempo ancora vicino a noi, ma incredibilmente diverso. La storia si sviluppa attorno a un evento realmente accaduto: l’occupazione di una piccola “ditta di confezioni” nei dintorni di Roma, nel giugno del 1968, da parte delle operaie.
Le storie delle protagoniste Sabina, Nerina, Stella e Fiorenza si intrecciano con la narrazione dei giorni e delle notti dell’occupazione. La consapevolezza delle operaie cresce a poco a poco, entrando in contatto con il mondo del sindacato e della politica. L’atmosfera che si crea è molto suggestiva e noi siamo trasportati in un mondo in bianco e nero dove ci assale una sottile nostalgia per i pensieri, i gesti e i sogni di queste giovani donne, alcune ancora bambine, che lavorano senza diritti, in un mondo dove il lavoro di una donna vale la metà di quello di un uomo, dove il padrone è vissuto e si comporta come un padre autoritario che non nasconde il disprezzo per le figlie femmine.
Non esistono orari, le operaie sono costrette a fermarsi a turno per pulire i locali della fabbrica, non hanno diritto di assentarsi dal lavoro, nemmeno per gravi motivi, pena il licenziamento immediato, non viene loro riconosciuta la giusta qualifica lavorativa.
L’opera di documentazione svolta dall’autrice aiuta a costruire una narrazione convincente, che richiama a tratti il mondo della fatica e della povertà della tradizione del verismo e del neo-realismo, non come coincidenza storica, ma proprio nell’essenza di uno stile animato da una precisa visione del mondo e dei fatti sociali. Entriamo all’interno di una realtà dove i padroni spostavano le fabbriche dai dintorni di Roma a Viterbo per risparmiare sulla mano d’opera, invece che in Cina o a Taiwan.
Andando avanti nella lettura ci viene in mente il film We Want Sex di Nigel Cole (Inghilterra 2010), dove le donne, addette alle cuciture dei sedili per auto della Ford, a Daghenam, nella provincia inglese, dopo esere state classificate come operaie “non qualificate”, iniziano nel 1968 uno sciopero ad oltranza che porterà alla paralisi dell’industria. “We want sex equality,” era la richiesta contro la discriminazione di genere delle lavoratrici che attraverso la lotta sindacale ottennero la legge sulla parità di retribuzione.
La nuda verità? Due pecche secondo il Golfo Critico: la frammentazione della linea temporale, incalzante soprattutto nell’ultima parte della narrazione, e l’accavallarsi di storie collaterali – una fra tutte la nonna operaia durante gli anni del fascismo a La Spezia – risultano più confuse che godibili perché intralciano il filo del racconto. Due: avremmo voluto più storia e meno Storia. Ma Le più piccole del ’68 è senza dubbio un’opera che riesce nell’intento di ricreare gli albori di una stagione politica che così profondamente ha segnato la storia del nostro paese.
Bene Stefano, facci sapere 🙂
Care ex colleghe Tiziana e Elena,bellissima intervista,la cultura multiforme di entrambe sprizza da tutti i pori……calzante il parallelo con il film :’we want sex’
la figura di queste giovani donne di quegli anni che lottano per la conquista dei diritti
per migliorare la condizione femminile ci devono essere d’esempio in un oggi dove ognuno ò rinchiuso nella proprio monade e non ha tempo per accorgersi degli altri.
Ho letto “Le piccole del ’68” e l’ho trovato molto gradevole. Adesso, se l’autrice è d’accordo, aspetto le storie delle singole protagoniste.
Buona Fortuna…Elena.
BRAVE!!! Bell’intervista, mi è venuta voglia di leggere il libro.
Grazie Giuseppe! 😉 E che stai aspettando… ??!!