Da sempre Michel Houellebecq fa paura. Fin dai tempi di Le particelle elementari (1999), seguito da Estensione del dominio della lotta (2000), il cui titolo esemplifica la visione della vita dello scrittore e poeta francese.
Qualche giorno fa ho incontrato un’amica, ottima lettrice.
“Ho letto l’ultimo Houellebecq”, le ho detto, “Devi leggerlo”.
“L’ho comprato, ma non so se lo leggerò”.
“Perché?”
“Houellebecq mi fa paura”, è stata la sua risposta.
Com’è possibile che uno scrittore – tra l’altro vincitore del Premio Goncourt 2010 con La carta e il territorio – possa incutere tanta paura?
In natura i sistemi sono resilienti. Quando uno dei suoi elementi s’indebolisce o viene meno, il sistema si auto equilibra in modo da non collassare nella sua interezza. Ad esempio, dopo un incendio le piante bruciate vengono sostituite da quelle così forti da vivere in un ambiente degradato, come il lentischio, l’asparagina, l’asfodelo.
Anche i sistemi sociali seguono questa legge naturale. Quando entrano in crisi i valori di una società, s’affacciano sulla scena nuovi soggetti portatori di valori apparentemente capaci di colmare il vuoto che si è venuto a creare. E laddove il sistema politico-economico non si dimostra più in grado di garantire il benessere dei cittadini, esso viene via via sostituito da un altro che si proclama capace di abbattere la disoccupazione e la povertà, di garantire più sicurezza, magari al prezzo della restrizione di libertà che si reputavano inviolabili.
Ma non sempre ciò che va a sostituire è ‘migliore’ del sistema precedente. Anzi.
Le società occidentali e, in particolare quelle europee, sono da tempo in crisi. Una crisi etica e economica che le rende vulnerabili di fronte alle forze che avanzano. Fra i vari indicatori ce n’è uno oggettivo: quello demografico. Che futuro può avere un paese in cui le morti superano le nascite? Tanto più se lo squilibrio demografico è legato a una visione individualista, consumistica e laica della vita? Fenomeni come globalizzazione ed emigrazione non possono che acuire e rendere drammatico questo decadimento.
Quale potrà mai essere la forza politica e sociale capace di risollevare le sorti del Vecchio Continente? Non si tratta di una domanda di fantapolitica. Né è fantapolitica la risposta che Michel Houellebecq dà nel suo ultimo romanzo Sottomissione.
Credo che Houellebecq faccia paura per la sua capacità di parlare senza ipocrisie della società in cui viviamo, mettendo a nudo le emozioni e le relazioni umane con un linguaggio che non concede nulla al politicamente corretto. La sua è una scrittura scabra, diretta, capace di far male come un pugno allo stomaco. Eh sì, Houellebecq ha questa forza di prendere il lettore per mano e, a un certo punto, lasciarlo da solo nel mezzo della realtà.
Questa è la realtà che in cui viviamo, osserva com’è ambigua, sfuggente, incerta. Come ti ci trovi?
Sottomissione non fa eccezione. La scrittura è più rotonda rispetto ai libri più ‘lontani’ di Houellebecq, ma non meno penetrante.
Ambientato per lo più a Parigi in un vicino 2022, ha come protagonista e voce narrante un quarantenne, François, professore universitario, tra i pochi studiosi di Huysmans.
François è un uomo di una normalità assoluta. La sua vita coincide con una carriera universitaria tanto diligente quanto anonima. In mancanza della vocazione all’insegnamento, quel minimo di entusiasmo iniziale è andato diluendosi in una routine impiegatizia, sorretta solo dalla certezza del posto fisso e dal privilegio di incontrare giovani studentesse.
Le relazioni di François sono stinte, timorose, segnate dall’assenza di una famiglia andata ben presto in frantumi. Da anni non ha rapporti col padre, né con la madre. Il primo si è rifatto una vita con una donna più giovane di lui, la seconda non ha superato il trauma della separazione e morirà in solitudine. François lo saprà solo perché la burocrazia lo cercherà per assolvere ai doveri di sepoltura. È l’esempio della crisi assoluta di un’altra istituzione sociale.
François evita i modelli dei genitori: non è capace di andare a fondo nelle relazioni con l’altro sesso, si accontenta delle periodiche attenzioni delle studentesse e anche quando ha l’opportunità di amare fa di tutto perché il rapporto non arrivi a una soluzione stabile. Salvo poi rimpiangerla. Quando anche le fugaci relazioni con le studentesse verranno meno, François si rifugerà nel sesso a pagamento, trovato su Internet.
La sua vita scorre superficialmente e lui si disinteressa di tutto ciò che gli accade intorno. Nessun interesse per la politica, né per i rivolgimenti sociali che vanno verificandosi in una Francia sempre più lontana dai valori illuministici, sempre più destroide, sempre meno liberale e socialdemocratica. Solo quando si profila una minaccia diretta alle sue sicurezze borghesi, François inizia a prendere atto del cambiamento in corso.
L’occasione è data dalle nuove elezioni presidenziali. Tra i favoriti c’è un uomo nuovo, il candidato della Fratellanza musulmana. Gran comunicatore e visionario, ha in mente un progetto di islamizzazione, non solo della Francia, ma dell’intera Europa con l’annessione di paesi come Marocco, Algeria, Libia, Turchia. L’unica candidata in grado di tenergli testa è Marine Le Pen, figlia del fondatore del Fronte Nazionale. Degli altri partiti della tradizione sopravvivono ridicoli rimasugli – come quello socialista – che in ogni caso da soli non in grado di raccogliere un significativo consenso. Tuttavia, proprio l’inedita alleanza tra il Fronte Musulmano e il partito socialista permetterà al candidato musulmano di vincere le elezioni. È la brutale implosione del sistema di opposizione binario centro-destra/centro-sinistra.
Questa vittoria sconvolgerà la vita di François, solo in apparenza. Houellebecq descrive il progressivo, inarrestabile processo di sottomissione della società francese alla legge islamica. Provate a immaginare cosa significherebbe, provate a immaginare se domani al lavoro non trovaste più nessuna collega. Provate a immaginare di andare in un negozio di abbigliamento e non trovare più i soliti, provocanti abiti femminili, o immaginate un’università pubblica in cui possano insegnare solo docenti convertiti all’Islam.
Nella visione di Houellebecq questo può accadere perché – ma è una mia considerazione – non solo abbiamo perso la capacità di sognare e essere visionari, dunque di vedere che un altro mondo è possibile, ma anche la forza e la voglia di protestare e lottare dal vivo (non solo virtualmente) per la nostra libertà e felicità. E’ venuto meno il senso critico che ci permetterebbe di accorgerci delle conseguenze negative del sistema in cui viviamo.
Di fronte al crollo di modelli considerati eterni, compreso quello cattolico, potrebbe avere gioco facile un sistema di regole ‘divine’ che definiscano con incrollabile certezza cosa si deve e non deve fare, chi può fare e chi no, cosa indossare e cosa mangiare, quante volte al giorno pregare e anche quante mogli spettino agli eletti, quale paradiso attenda i fedeli e quale morte tocchi a chi non si allinea. Poco importa se in cambio questo sistema – come tutti quelli totalitari – richieda assoluta sottomissione.
Sottomettersi è bello perché altri pensano e decidono per te. Sembra che il culmine della felicità umana consista proprio nella sottomissione più assoluta, dice uno dei personaggi chiave del romanzo. Basta guardarsi attorno per comprendere che questa sottomissione è già in atto da tempo e non occorre attendere l’avverarsi della profezia di Houellebecq per aprire gli occhi sulla realtà.
Lo sto leggendo ed effettivamente sono accompagnata da un senso di disagio che nasce dal suo modo di raccontare eventi straordinari come se fossero ovvii. Il suo modo di creare terrore e` paragonabile solo a cio` che riusciva a fare Hitchcock.
Da donna poi mi pongo diverse questioni ulteriori da un lato sembra che la parte femminile del suo mondo sia la migliore, ma sembra essere la migliore in quanto non in grado di comprendere la rivoluzione che sta travolgendo l`intera societa`.Mi farebbe piacere discutere con voi perché non organizzate un evento?
Ciao Marie Therese, sul romanzo può risponderti Roberto… per il poco che ho letto di Huellebecq a me è sembrato piuttosto misogeno. Per quanto riguarda l’evento sarebbe sicuramente molto interessante ma al momento è difficile organizzarlo… ma ci pensiamo…
Grazie Marie Therese del commento. Continuo a pensare che il disagio nasca sia dalla scrittura di H. che da ciò che racconta. E quel che racconta in questo romanzo non solo è un’ipotesi per la Francia – potrebbe accadere oppure no – ma è realtà in altri contesti.
Il rapporto di H. con l’universo femminile è complesso. Almeno questo è ciò che leggo nei suoi romanzi. Aggiungo che, in generale, di un autore considero il singolo romanzo non isolatamente ma nel contesto della sua creazione letteraria.
Ci sono diverse figure femminili in quest’ultimo romanzo. A differenza ad es. del precedente La carta e il territorio. Chiaramente ciò che salta all’occhio è l’atteggiamento sottomesso delle donne – e non solo delle donne – che sembrano accettare passivamente gli eventi. Ma ci sono anche figure femminili che cercano di smuovere François dalla sua apatia anche se non riescono.
H. porta tutto all’estremo, sempre. In questo romanzo le donne sembrano tutte facili, disponibili col protagonista oppure frigidamente chiuse nella loro carriera accademica. Non so se H. sia davvero un misogino. Personalmente non mi interessa. Credo invece che intenda evidenziare la decadenza anche dei sentimenti e delle relazioni sia con se stessi che con gli altri. E forse il problema della nostra società è proprio l’aver dimenticato, smarrito o messo da parte la ricerca di se stessi e non sapere più che cosa conta veramente.
Chiaramente questo in generale. Ma come cantava il buon De Andrè siamo tutti coinvolti…
Caro Roberto
ho finito di leggere sottomissione ed in effetti al primo momento ho pensato di aver davanti un misogeno, pero` poi in realta` l`unica immagine positiva e` quella di Miriam che con il suo nome salvifico, sembra voler dare all`umanita` la via di uscita attraverso l`amore. Percorso peraltro rivisitato anche dalla professoressa che una volta emarginata dall`universita` , sembra ritrovare un perche` alla sua vita attraverso la relazione con il proprio marito. Con questi percorsi l`autore forse ci vuole dire che le civilta` fondate sull`amore alla fine riusciranno sempre a prevalere su quelle fondate sull`odio, e che questo messaggio viene trasmesso dalla parte femminile della societa` che` l`unica in grado di salvare l`umanita`.
Cara Marie Therese,
anch’io vedo quel possibile messaggio al femminile. Nel romanzo s’incarna in Miriam e nella prof che ritorna in qualche modo alle origini come il marito.
H. suggerisce che la strada della salvezza e’ quella dell’amore, certo. Ma avverte che non esistono verita’ assolute. In fondo e’ proprio credere che esista la verita’ assoluta la radice dell’odio.
Aggiungo solo che la salvezza richiede l’impegno di tutti. Gli uomini dovrebbero riscoprire il loro aspetto femminile, interiore ovviamente. Forse cosi’ ci sarebbe piu’ comprensione e dialogo nel mondo….