Al workshop sulla commedia romantica organizzato dall’Ewwa (European Writing Women Association), gli uomini si contano sulla punta delle dita, mentre le donne abbondano. E’ un pubblico di scrittrici, quasi scrittrici, forse scrittrici, di romance, ovvero di rosa: alcune sono pubblicate dagli editori, altre autopubblicate e poi ci sono le blogger specializzate.
La commedia romantica, che per definizione è a lieto fine, è quella che ha i suoi modelli cinematografici in Henry ti presento Sally, Pretty Woman e Nothing Hill.
Agli editori che la pubblicano è stato chiesto che cosa vogliono in questo momento da un’autrice e che ne pensano del principe azzurro. Ecco cosa hanno risposto.
Isabella Fracon della Delos Books dice che questo è il genere che al momento vende di più insieme al giallo e puntualizza che “superficiale” e “leggero” non sono sinonimi. In questi tempi difficili la gente vuole il sogno. Lo dimostra anche il fatto che negli ultimi tempi, i più grossi incassi cinematografici si sono avuti con film tratti da fumetti, con protagonisti dei supereroi come Batman e Superman.
Per Alice Di Stefano, autrice e editor della Fazi, il film di riferimento è Sette spose per sette fratelli, dove non ci sono tutte quelle malattie dello spirito che sono venute dopo, ad esempio in Quattro matrimoni e un funerale. Lei è felice che si possa tornare a desiderare il principe azzurro e che si torni a una commedia più semplice e meno tormentata.
Maria Paola Romeo, editore di Emma Books, ma anche agente letterario per Grandi e Associati (una delle più importanti agenzie letterarie), da vent’anni si occupa di storie rosa e dice che lo si chiami chick lit (letteratura per pollastrelle) o women’s fiction, in queste letture si cerca qualcosa che ci faccia star bene, dove ci sia lieto fine e realizzazione.
“Se è per quello, noi alla Sperling&Kupfer abusiamo di Feel Good”: dichiara Valentina Rossi. “Cerchiamo un amore contrastato che poi si risolve. E’ vero che i libri di Nicholas Sparks per alcuni sono tutti una fotocopia, ma la sua è una formula collaudata e di successo”.
Valentina Rossi – Sperling & Kupfer
Più realista del re, Loredana Cornero (Rai, Relazioni Internazionali) ammonisce: “Va dove ti porta il cuore ma poi chiama il cervello e fatti venire a prendere” e quindi dichiara gravemente: “Il principe azzurro non esiste”, semmai nella realtà esiste un marito che a volte rompe le balle. E’ più facile vincere all’enalotto o essere colpiti da un fulmine che trovarlo, perciò prendiamoci gli uomini veri che la vita ci dà e non confondiamo i due piani. E poi nella commedia romantica ci si ferma all’happy end, non c’è il dopo: non si arriva a quando il principe ti lascia i calzini puzzolenti, dice qualcuna del pubblico.
“Ma neanche in Cinquanta sfumature c’è il principe”, ribatte Valentina Rossi, “C’è un uomo pieno di problemi e paranoie. Anche i protagonisti della letteratura romantica sono casi clinici, eppure c’è la speranza del lieto fine”.
“C’è che ‘io ti salverò’ ”: aggiunge Maria Paola Romeo, “ma questa salvezza è duplice perché anche Julia Roberts salva Richard Gere in Pretty Woman”.
Maria Paola Romeo – Emma Books
“Sì, ma i presunti psicopatici”, dice la Cornero, “in un batter d’occhio si trasformano in uomini innamorati che regalano diamanti. E’ importante che i personaggi siano credibili e bisogna emanciparsi dal modello del principe azzurro a cui le donne sono ancora legate”.
Alice Di Stefano invece difende il principe azzurro perché è un archetipo e c’è il momento del corteggiamento in cui ogni uomo lo diventa. Come Fazi, loro hanno pubblicato Twilight, una serie per cui, non solo le figlie si strappavano i capelli, ma anche le mamme e persino le nonne. Altro che coppia interraziale, qui parliamo della relazione tra un vampiro e un’umana, dove lei ha 17 anni e lui 104. In Twilight vengono ripercorse tutte le tappe de Il viaggio dell’eroe e c’è pure il finale catartico. Lui non la può toccare e questo lo rende molto sexy. Si pensi che la Meyer è una mormona, madre di quattro figli che ha scritto i libri tra una poppata e l’altra: questo dimostra che l’idea del principe non si può aggirare. Perciò lei spinge ad andare fino in fondo nel romanticismo.
“Emma Books vuole lo stereotipo”, dichiara la Romeo, “perché il genere ha delle regole che non si possono trasgredire. Possiamo aggiungere delle cose e declinare in rosa puro, oppure woman’s fiction, o romantic suspense, ma la reiterazione di certi stereotipi funziona”.
“Noi editori non possiamo sfogliar verze”, dichiara Valentina Rossi di Sperling, “dobbiamo vendere dei libri. D’accordo sperimentare, ma fino a un certo punto”.
Alla domanda come fanno le giovani autrici dell’Ewwa ad avvicinarsi a un agente letterario, Alice Di Stefano risponde: “Viviamo un pesante ritorno di maschilismo. Io ho pubblicato tanti esordienti, tra cui donne, e si fa una enorme fatica quando si tratta di una scrittrice donna. E comunque le agenzie buone sono poche”.
“State attente perché c’è un sottobosco di gentaglia che vi frega”, ammonisce Isabella Fracon, “ma se riuscite a trovare un bravo agente, buon per voi”.
Ed ecco la domanda fatidica, posta alle quattro editrici:
Ma perché ora che c’è il Self Publishing, dovrei rivolgermi a un editore?
Valentina Rossi, Sperling:
“E’ una domanda difficile. Diciamo che l’editore offre una struttura professionale che accompagna l’autore. Un conto è il confronto con le amiche lettrici, un conto è un editor. E poi l’editore ti aiuta in un momento in cui c’è un sovraccarico di titoli”.
Alice Di Stefano, Fazi:
“Per la carta l’autopubblicazione non funziona e vedo come il fumo negli occhi le case editrici a pagamento, mentre per il digitale ero scettica, ma ora mi sono convinta. I social networks sono essenziali, altrimenti non si può promuovere un ebook. Noi abbiamo tre persone che ogni giorno si occupano solo di quello. Io sono per le case editrici, ma noi monitoriamo le classifiche e vediamo se un libro ha buone recensioni. Però Young Adult a parte, noi non pubblichiamo commedie romantiche”.
Isabella Fracon, Delos Books:
“Sinceramente la casa editrice è meglio per tanti motivi e avere un ottimo editor fa la differenza. E poi ora con le case editrici digitali non ci sono più i nove mesi di attesa”.
Maria Paola Romeo, Emma Books e Grandi e Associati:
“La qualità è importante. Un autore che mette in vendita un libro senza editing, o con l’editing fatto dalla mamma, fa male a tutta la categoria. Già c’è un pregiudizio nei confronti dei romanzi rosa, se poi non sono curati si trascinano dietro tutto il genere. Siamo in un momento molto “liquido” e la tentazione del self-publishing, soprattutto nel rosa è forte, anche perché tutto è più veloce. Normalmente l’editore è una garanzia di visibilità, ma potrei avere più visibilità a 0,99 centesimi autopubblicato, piuttosto che a 17 euro con Mondadori. E poi autopubblicarsi è trendy. Come agente vi dico: tenetevi liberi il più possibile”.
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L’impressione che ho avuto io, partecipando all’evento, e che non conoscendo quale sarà il futuro best-seller, si stia in una sorta di stand by, tirando a indovinare le caratteristiche psichiche e fisiche, del principe prossimo venturo. Legittimo nell’editoria, sia chiaro, dove si punta sempre sul cavallo vincente. E siamo in un momento di attesa, di un nuovo Twilight o di un fenomeno come 50 sfumature di grigio.
Sono d’accordo quando dicono che il genere ha le sue regole che vanno rispettate. Questo vale anche per il giallo, bisogna lavorare all’interno di certe coordinate che sono quelle di genere, ma resta comunque molto spazio per l’innovazione. Il principe può essere tormentato o meno, ma avrà comunque un suo fatal flow, un difetto, un’imperfezione, una ferita che deve risanare.