Che cosa sarebbe successo se Kennedy non fosse morto?
Comprimere 768 pagine di narrazione, tanto è lungo 22.11.63 di Stephen King, in otto puntate di una miniserie, pare una sfida ardua, ma è riuscita comunque egregiamente.
La fiction televisiva statunitense del 2016 ha debuttato il 15 febbraio su Hulu, il canale streaming rivale di Netflix, con J.J. Abrams (creatore di Lost), Stephen King, Bryan Burk e Bridget Carpenter nelle vesti di produttori esecutivi. Al momento in Italia è in onda su Sky.
La domanda a cui romanzo e serie vogliono rispondere è: che cosa sarebbe successo all’America e al mondo intero se Kennedy non fosse morto?
Jake Epping, interpretato da James Franco, è un insegnante cui viene mostrato un portale spazio-temporale nella tavola calda gestita dall’amico Al Tempelton il quale, in cinque minuti, si trasformerà da sano ultracinquantenne in un vecchio moribondo di cancro. Al Templeton in realtà sta via anni, durante i quali si ammala di cancro, ma quando rientra per Jake sono passati solo due minuti.
A questo punto Al (Chris Cooper) non ha più molto tempo davanti a sé e ha fretta di assegnare a Jake una missione: passare attraverso il portale che è collocato nella dispensa del locale e che conduce direttamente al 1960, per restarvi il tempo necessario a sventare l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy da parte di Lee Harvey Oswald, avvenuto per l’appunto il 22.11.63. Lo scopo è ottenere una modifica delle attuali condizioni politiche, evitando la guerra del Vietnam e altri disastri della storia americana, oltre alle morti di Robert Kennedy, di Martin Luther King e le successive rivolte razziali.
Ogni viaggio nel tempo, per quanto lungo, equivale a due soli minuti del tempo attuale e ad ogni ritorno corrisponde una modifica della storia passata che annulla le quelle precedenti. Ogni volta si torna nello stesso preciso giorno del 1960, alla stessa ora, e accadono le stesse precise cose (come in Ricomincio da capo, Groundhog Day).
Da notare che mentre nel romanzo Jake va avanti e indietro dal futuro, nella serie ritorna una sola volta, giusto per salvare una famiglia dal massacro.
Tornare nel 1963 per impedire l’assassinio del Presidente
20.11.63 è stato pubblicato nel 2011, ma l’idea di un romanzo incentrato su un viaggio nel tempo per impedire l’assassinio del presidente Kennedy, Stephen King l’aveva avuta quarant’anni prima. Il romanzo, tradotto in italiano da Wu Ming 1, è stato subito un best seller, anche perché a detta di alcuni, King sembra aver ritrovato la sua forma dei tempi migliori. Secondo Wu Ming 1, questo è il romanzo più filosofico di King (leggi anche qui) e tradurlo lo ha fatto uscire dalla propria “zona di comfort” perché il libro “stimola continuamente riflessioni sul tempo, sul corso della storia, su linearità e cicli, sul ricominciare da capo, sul nostro agire ed essere agiti, sul nostro essere soggetti costituiti che si pensano costituenti… e viceversa, in una scorribanda schizofrenogena, tra teoria delle stringhe e allegorie profonde”.
Nella serie (vedi il trailer), che è ambientata solo dieci anni prima di Life on Mars, ogni viaggio nel tempo ci riporta sempre al 21 ottobre del 1960: accompagnati dai migliori brani dell’epoca, ci ritroviamo in un mondo dove le toilette per i bianchi e quelle per neri sono nettamente separate, un mondo denso di esperienze sensoriali diverse. “Quanto a odori,” scrive King “quel mondo scomparso da cinquant’anni era peggio di quel che mi sarei aspettato, ma quanto a sapori era molto, molto meglio.” In quegli anni la gente fumava praticamente ovunque e l’olezzo di scarichi e inquinanti produceva fetori oggi dimenticati. Ma quel che disturbava l’olfatto, era generosamente restituito al palato, con sapori lontanissimi dal junk food dell’America di oggi.
Differenza tra romanzo e serie tv
Veniamo alle differenze tra libro e miniserie, quelle che talvolta infastidiscono chi ha fruito prima dell’opera scritta.
Una prima pignola considerazione è che nel testo Jake fa ritorno ogni volta al 9 settembre 1958 anziché al 21 ottobre 1960. La ragione di questa modifica, fornita dalla Carpenter in un’intervista, è che così ha ridotto il tempo da narrare. Inoltre voleva mettere Jake già nel vivo della corsa alla presidenza di Kennedy.
Un altro dettaglio non presente nel libro, è che Jake si porta nel passato l’Iphone che usa come oggetto magico per sbalordire e quindi liberarsi da un inseguitore: sarà un product placement?
Sempre per mantenere desta l’attenzione sulla missione di Jake, ovvero impedire l’assassinio di Kennedy, il testo in cui lui diventa un insegnante anche negli anni ’60 è ridotto all’osso.
In sostanza, ci sono diversi piccoli cambiamenti apportati alla storia, ma tutti trovano una loro ragione d’essere, senza stravolgere il senso più profondo del romanzo. D’altronde la trasposizione cinematografica rispetta l’opera quando, piuttosto che essere fedele ai dettagli dell’originale, riesce a trasmettere l’atmosfera e il senso che permeano la storia. Qui entra in gioco un’osservazione importante sulla tecnica narrativa. Nel libro King narra in prima persona e ci comunica i pensieri di Jake, fatto difficile da riprodurre sulla scena. Il ricorso alla voce fuori campo, che avrebbe potuto restituirci lo stream of consciousness del protagonista, è stato escluso dai produttori. A Jake, la Carpenter ha preferito affiancare Bill – un personaggio minore nel libro – in modo che dai loro dialoghi si potesse evincere quanto non era possibile estrapolare dalla mente di Jake.
La serie è piena di rimandi e citazioni
La serie è piena di citazioni e rimandi, sia a precedenti opere di King, come It, che ad altre serie e film cult, come Ritorno al futuro – Parte II.
Nella quarta puntata, mentre Sadie – la donna di cui Jake si innamora negli anni Sessanta – suona il piano, lui intona alcuni versi di I Saw Her Standing There e cita i nomi dei Beatles, definendoli semplici amici immaginari. La scena avviene nel marzo del 1963, proprio in coincidenza dell’uscita di Please Please Me, il primo LP del gruppo inglese che contiene anche il brano in questione.
Nell’ottava puntata, Jake e Sadie trovano su un muro la scritta “Redrum”, che letto al contrario è “Murder”, ovvero omicidio, citazione dal film Shining, tratto dal romanzo omonimo di Stephen King.
Quando si tratta del tempo, si sa, spuntano sempre fuori problemi e paradossi (Sant’Agostino docet). Conoscendo già quello che avverrà, impedire l’assassinio di Kennedy dovrebbe essere semplice come vincere una scommessa di cui si conosce già il risultato. Ma bisogna fare anche i conti col fatto che “il passato non vuole essere cambiato”.
Intanto, in attesa del finale di stagione, ognuno di noi si chiede se salvare Kennedy serva davvero a cambiare in meglio il destino del mondo. Anche perché, come in ogni viaggio nel tempo, l’alterazione del passato comporta conseguenze imprevedibili.
Ho capito molte cose da quest’articolo piuttosto esaustivo;non ho letto il libro di King ma la serie e’ raffinata,scritta e girata benissimo ,hanno ricostruito quegli anni con molto gusto;adoro James Franco e JJ Abrahms e’ 1 gran produttore oltreche’ autore.
Come tutte le persone di una certa sensibilità, che sono state giovani negli anni ’60, King è perfettamente consapevole che il mondo dei Kennedy, di Martin Luther King, di Cassius Clay, dei Beatles e dei Rolling Stones non ha NIENTE a che fare con il mondo in cui viviamo oggi. A molti che condividono i dati anagrafici e la sensibilità di King è venuta la domanda: cos’è andato storto, per cui la promessa di quegli straordinari anni non si è avverata affatto? Avremmo potuto fare qualcosa, per evitare che la società si trasformasse in un ammasso incoerente di individualità, affette da consumismo bulimico, da attacchi di depressione ed ansia e da mille svariate forme di dipendenza: alcool, droghe, psicofarmaci, etc. etc.? E’ stato l’assassinio di Kennedy l’inizio della fine di quegli straordinari anni? Avremmo potuto creare un altro corso degli eventi?
E’ strano Vincenzo, ma a volte per migliorare si può peggiorare. Pensa ad esempio all’educazione rigida che tutti abbiamo avuto negli anni Sessanta. Per contrappeso i figli di quegli anni hanno adottato modelli permissivi e paritari con i loro figli che stanno facendo disastri perché nessuno si prende più la responsabilità del proprio ruolo. I genitori non sono alla pari con i figli, sembra banale eppure… Quanto all’idea che cambiando un solo dettaglio del passato, cambierà tutta la storia dell’umanità è affascinante e borgesiana
Sono perfettamente d’accordo! L’idea di “educazione”, che si è sviluppata nel ricco occidente negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, ha fatto più danni della bomba atomica! Uomini e donne che sembrano bimbetti viziati, pieni di capriccetti e cretinate nella testa… Purtroppo, però, credo che questo modo di “dis-educare” i figli non sia nato come risposta ai rigori dell’educazione ricevuta negli anni ’50 e ’60. Si tratta, piuttosto, del risultato inevitabile del grande benessere economico che si è diffuso (per fortuna) in tutti gli strati della società, anche tra quelle persone che non erano minimamente preparate a vivere ed educare i propri figli nell’agiatezza….
non posso rilasciare commenti ai livelli di mio cugino De Mars,
ma sposo quello che dice incondizionatamente, anche le risposte di Tiziana,uno splendido duet
Patty 🙂