“Mia sorella è bellissima”, mi disse Marcus un giorno. Lo disse in modo impersonale, come avrebbe potuto dire: “Due e due fanno quattro”.
Leo ha 12 anni, scrive un diario che alcuni compagni di scuola trovano, leggono, quindi lo deridono e lo picchiano. Lui allora fa una sorta di incantesimo e poco dopo i due bulli cadono dal tetto della scuola, facendosi molto male. Leo è considerato da tutti una specie di mago e lui stesso un po’ ci crede. Quando scoppia un’epidemia di morbillo, forse dovuta a un’altra sua magia, la scuola chiude e Leo viene invitato dal suo compagno Marcus, a passare la vacanza in campagna, nella lussuosa proprietà di famiglia. Anche se tutti cercano di farlo stare a suo agio, Leo si sente un pesce fuor d’acqua e si rende conto del suo livello sociale inferiore a quello del compagno. Tanto per cominciare, indossa dei pesanti vestiti invernali, malgrado faccia molto caldo.
Prima di incontrare Marian, la sorella di Marcus, Leo non ci aveva mai pensato alla bellezza, ma a quel punto comincia a studiarla e capisce cosa significa. Non solo Marian è bella, ma è gentile e premurosa e lo porta a comprare un fresco vestito estivo. Quindi la ragazza gli chiede di consegnare dei messaggi a Ted Burgess, il contadino della terra confinante. Essendo piuttosto ingenuo, Leo non capisce bene che tipo di relazione ci sia fra i due e diventa così l’inconsapevole messaggero fra i due amanti. Leo si innamora di Marian e si identifica con Ted. Cerca di compiacere Marian in tutti i modi, mentre Ted, con la sua vitalità e il suo gran fisico, rappresenta quello che lui vorrebbe essere. “Ted catalizzava la mia vita fantastica” scrive Leo: “Era il mio compagno di boschi, un rivale, un alleato, un nemico, un amico”.
A complicare la questione arriva il visconte Hugh Trimingham, con la faccia sfigurata in guerra, ma elegante e saggio (“Le donne non hanno mai colpe; lo imparerai”).
Quando Leo scopre che il visconte e Marian stanno per annunciare il loro fidanzamento, dà per scontato che il suo ruolo di messaggero sia finito. Vorrebbe smettere di fare il postino, ma è costretto a continuare.
Il romanzo parte con il ritrovamento, dopo cinquant’anni, del diario di Leo, un diario che il protagonista aveva completamente dimenticato, che aveva cancellato dalla memoria perché quello che accadde in quella caldissima estate in cui ha compiuto 13 anni, ha cambiato per sempre la sua vita.
“Se non fosse stato per il diario, o per ciò che il diario significava, tutto sarebbe stato diverso. Non sarei qui, seduto in questa stanza tetra e senza colori … a contemplare l’accumulo del passato e lo sforzo per farlo riemergere. Avrei dovuto trovarmi in un’altra stanza illuminata dall’arcobaleno: e non avrei dovuto essere solo”.
Nell’eccezionale calura estiva “i sensi, la mente, il cuore, il corpo” si risvegliano e tutto comincia a raccontare un’altra storia (“In the heat the senses, the mind, the heart, the body, all told a different tale”).
La relazione tra Ted e Marian divenne “il termine di paragone che faceva sembrare ridicolo tutto il resto. I suoi colori erano più brillanti, la sua voce era più potente, il suo potere di attrazione infinitamente più grande. Era un parassita delle emozioni”.
Una sensualità incontrollata si sprigiona dalla coppia, il potere della carne si palesa come una forza eversiva alla quale è impossibile resistere e che travalica tutte le regole. Siamo nel 1900: Freud docet.
Da solo, in questo mondo adulto che non vuole spiegargli le questioni amorose, il piccolo Mercurio corre con le ali ai piedi, da un amante all’altro, portando i loro messaggi.
Leo si trova in un contesto socialmente superiore e gli vengono spiegate tutte le regole per addentrarvisi. Le uniche regole che nessuno gli dice, lasciandolo disorientato, sono quelle amorose che più lo preoccupano. Ted gli promette che gliele spiegherà (il padre del ragazzo è morto l’anno prima), ma poi non lo fa. Queste regole gli vengono piuttosto mostrate e lui diventa parte in gioco. La sua è una parte essenziale in un gioco che però non capisce.
Trovandosi di nuovo in una situazione senza via d’uscita, Leo ricorre alla magia. Fa un incantesimo, servendosi dell’Atropa belladonna, ma stavolta le forze evocate sfuggono di mano all’apprendista stregone. Di quello che accadrà lui si sentirà per sempre responsabile.
“I poteri soprannaturali che avevo invocato avevano punito la mia presunzione”.
Sospendiamo il racconto per non svelare tutto e parliamo un po’ dell’autore. Leslie Poles Hartley, figlio del direttore di una fabbrica di mattoni, fu noto soprattutto come critico letterario. Riusciva a leggere cinque romanzi a settimana e aveva calcolato di aver letto più di 6000 libri.
The Go-Between (letteralmente “l’intermediario”), titolo italiano Messaggero d’amore, è stato pubblicato nel 1953 quando l’autore aveva 58 anni ed è il suo romanzo più famoso. Nel 1900, l’anno in cui è ambientato, Hartley aveva soltanto cinque anni.
Fu in quell’anno che la sua famiglia passò dalla middle class ai nuovi ricchi. Un passaggio che fu sancito dall’acquisto di un piccolo castello nel Cambridgeshire (da lui molto odiato). Per tutta la vita Hartley cercò di far parte dell’upper class inglese con tutte le sue regole e snobberie.
Nell’estate del 1923, Virginia Woolf che si trovava a Garsington in compagnia di amici, a casa di Lady Ottoline Morrell, registrò sul suo diario la presenza di “un uomo grasso e noioso chiamato Hartley”. Sembra che lui non fosse esattamente un tipo brillante. Era omosessuale, ma non aveva compagni o amanti.
Si sente che The Go-Between è un romanzo autobiografico e possiamo ritrovarvi qua e là tracce della vita dell’autore che, ad esempio, lavorò come postino nell’esercito durante la Grande Guerra.
Nel 1952, quando in pochi mesi scrisse Messaggero d’amore, si trovava a Venezia ed era un uomo che stava scomodo nel suo ambiente, di cui aveva imparato e rispettava le regole, ma che evitava accuratamente ogni tipo di intimità.
Il bellissimo incipit del romanzo: “Il passato è una terra straniera; fanno le cose in modo diverso laggiù”, calza a pennello al suo autore che appare straniero sia nel passato che nel presente, a Venezia (dove passava molto tempo) come in Inghilterra.
Due anni prima Salinger aveva pubblicato Il giovane Holden (anche lui tredicenne) dove sembra di essere in un altro secolo e su un altro pianeta rispetto a quello del “giovane Leo”. Ma qui siamo nell’Inghilterra vittoriana, L’amante di Lady Chatterley è stato pubblicato nel 1928, tacciato di oscenità e subito censurato (leggi il nostro articolo). Sarà pubblicato solo nel 1960, sette anni dopo Messaggero d’amore.
Hartley ambienta il suo romanzo cinquant’anni prima rispetto a quando lo scrive e sceglie proprio il 1900 “per quella fiducia nella vita, per il fatto di credere che al mondo stesse andando tutto bene, cosa di cui tutti erano convinti prima della I Guerra Mondiale”.
Leggere oggi questo romanzo pressoché dimenticato, come abbiamo fatto col neoanto Book Club di Cronache Letterarie, richiede uno sforzo da parte dei lettori che non tutti sono disposti a compiere; bisogna infatti calarsi fra le barriere e i tabù dell’epoca vittoriana, perché se giudicati con i nostri occhi, i comportamenti dei personaggi risultano arcaici e incomprensibili.
Quello che più ho apprezzato del libro è il modo in cui racconta il passaggio all’età adulta. E’ un romanzo di formazione che descrive un rito di passaggio. Leo si ritrova in un contesto sociale aristocratico e questo lo fa sentire a disagio, ma quello che prova mi pare il senso di inadeguatezza che colpisce tutti gli adolescenti, oggi come nell’Ottocento. Tutti si sentono goffi e inadeguati quando si affacciano al mondo dei grandi di cui non padroneggiano le regole. Allora il senso del ridicolo viene amplificato e può nascondersi in ogni dettaglio. L’inferiorità sociale, peraltro lieve, sembra solo una metafora per meglio mostrare questo passaggio essenziale e traumatico nella vita di ognuno. Potremmo anche dire che è una scusa che Leo usa per non crescere.
Messaggero d’amore, il film di Joseph Losey con Julie Christie e Alan Bates, è uscito nelle sale nel 1971 e ha avuto un grande successo di pubblico, oltre ad aver vinto il Festival di Cannes. Firma la sceneggiatura di Harold Pinter, uno dei maggiori esponenti del teatro dell’assurdo (Nobel per la letteratura nel 2005). Da notare che Hartely era un omosessuale e Pinter era stato cacciato dagli Stati Uniti perché comunista. Avevano perciò entrambi assaporato l’esclusione.
Nel 2015 la BBC ha adattato una fiction di 90 minuti, sempre intitolata The Go-Between.
Una curiosità riportata da Colm Tóinín, nell’introduzione all’edizione americana a Messaggero d’amore, è che L.P. Hartely condannava la passione di Marian e Ted, aspettandosi che anche il lettore lo facesse. Lui aveva scritto “una storia di innocenza tradita, e non solo tradita, ma anche corrotta”. Perciò quando scoprì che il pubblico simpatizzava per i due amanti piuttosto che per il messaggero, scrisse al suo editore scandalizzato.
Ciò rivela quanto la storia sia dolorosamente autobiografica e come forse lo stesso Hartley (e non solo Leo) si ritenesse vittima di quella circostanza. Se il romanzo era la sua autodifesa per giustificare una vita solitaria e senza relazioni intime, Hartley aveva fallito. Ormai i tempi erano cambiati, l’epoca vittoriana tramontata e il romanzo, suo malgrado “told a different tale”, “raccontava un’altra storia”. Bisogna però riconoscergli che gli adulti sono particolarmente crudeli con il giovane Leo e alla fine quello più buono con il bambino, forse è proprio Lord Trimingham, il visconte sfigurato.
Vorrei chiudere con una poesia che esprime “il senso di questa fine”.
Non vorrai dirmi che tu
sei tu o che io sono io.
Siamo passati come passano gli anni.
Altro di noi non c’è qui che lo specimen
anzi l’imago perpetuantesi
a vuoto –
e acque che ci contemplano e vetrate,
ci pensano al futuro: capofitti nel poi,
postille sempre più fioche
multipli vaghi di noi quali saremo stati.
Vittorio Sereni, «Altro posto di lavoro», 1975
***
Messaggero d’amore è stato letto dal Book Club di Cronache Letterarie e questo post è stato arricchito anche da alcune dalle riflessioni emerse dall’incontro. Il prossimo Book Club sarà sul romanzo di Pierre Lemaitre Lavoro a mano armata e si svolgerà il 6 luglio alle 19.00. Se volete partecipare scrivete a info@cronacheletterarie.com. In ogni caso potreste leggere il romanzo insieme a noi e commentarlo sul sito.
Magnifica recensione! Il vero tema del libro è proprio l’adolescenza: un’età magica ed essenziale per comprendere come nascano i veri artisti. Tutti i veri artisti sono, infatti, anche eterni adolescenti: non più bambini e mai a loro agio nella società degli adulti – oltre, naturalmente, ad esser maestri nella loro “téchne”. Il libro di Hartley mi ricorda in qualche modo un altro libro meraviglioso: “A Portrait of the Artist as a Young Man”, che narra anche questo di un passaggio fallito dall’adolescenza all’età adulta e della nascita di un artista sommo: James Joyce.
Grazie Vincenzo! Ho dovuto “studiare” per scriverla ????
ma il tema mi appassiona.
Un’altra che tratta dell’artista come perenne adolescente è Julia Kristeva nel suo bel libro “Le nuove malattie dell’anima”.
A questo punto devo leggere anche il libro di Joyce…
Poetica foto in biaco e nero.
L articolo mi ha conquistato.
Auguri!