È la serie televisiva statunitense più vista della storia della HBO
Il suo successo è ormai planetario e l’Italia insegue la trasmissione di ogni stagione quasi in diretta. Game of Thrones, Il trono di spade, ormai alla sesta stagione, nella sua corsa televisiva raggiunge quest’anno un momento decisivo: la tv scavalca nel racconto la scrittura del suo ispiratore.
Sì, perché la serie fantasy creata da D.Benioff e D.B.Weiss nasce come adattamento televisivo del ciclo di romanzi Cronache del ghiaccio e del fuoco (A song of Ice and Fire) di George R.R. Martin, saga che l’autore ha iniziato a scrivere nel 1991, ma che ha subito una accelerazione a partire dal 2011, quando esordisce la sertie tv dal successo immediatamente esplosivo. Ora la scrittura non riesce a tenere propriamente il passo, con delle conseguenze nella evoluzione del racconto, piuttosto interessanti.
A volerla descrivere in termini generali per chi non la conoscesse, la storia si svolge in un mondo immaginario dove magia, creature leggendarie e esseri dai poteri misteriosi convivono. A tenere uniti i protagonisti sono le lotte intestine tra casate nobiliari per la conquista del Trono di Spade. I personaggi sono tutti molto spietati, spesso rozzi e volgari, spinti nelle azioni dai più bassi istinti animaleschi. Il loro linguaggio, quasi senza eccezioni, è sfacciatamente scurrile. Cosa che dà alla saga una cornice di viva carnalità che rappresenta uno dei suoi maggiori fattori di attrazione.
Spinge inevitabilmente i fan a chiedere sempre più efferatezze
La messa in onda degli eventi in tv, che tende naturalmente ad esaltare gli aspetti più crudi della saga, spinge inevitabilmente i fan a chiedere sempre più efferatezze. Sin dall’inizio, quindi, gli sceneggiatori per soddisfarli, si muovono piuttosto liberamente in relazione alle scelte narrative da prendere.
Ad esempio, sono molti i personaggi che Martin tiene ancora in vita nella sua saga, ma che gli sceneggiatori hanno deciso di togliere di mezzo per il puro gusto di appagare il desiderio di vendetta degli spettatori, così come l’affezione verso alcuni personaggi della storia li spinge ad esasperarne alcuni tratti in modo spietato: un esempio tra tutti, Martin risparmia alla povera Sansa Stark, già piuttosto sfortunata, le sevizie di Ramsey Bolton (interpretato da Iwan Rheon, imperdibile già in Misfits, nella veste di Simon Bellamy).
La contrapposizione tra bene e male non è mai così netta
Col tempo, queste decisioni hanno enfatizzato sempre di più una visione della vita in cui la contrapposizione tra bene e male non è mai così netta, ed in cui, anzi, anche il bene prima o poi per trionfare, finisce di mascherarsi nella sua nemesi. Basta dare uno sguardo agli episodi che, in ogni stagione, sono stati scelti e presentati come il punto di maggiore impatto visivo e contenutistico. Per la prima stagione, la decapitazione di Ned Stark. Nella seconda la difesa da parte di Tyrion Lannister di Approdo del Re dall’attacco dell’esercito di Stannis Baratheon.
Per la terza, la macellazione di Robb Stark, la madre, la moglie, il suo bambino non ancora nato, i suoi soldati e anche il suo metalupo al matrimonio di Edmure Tully e Roslin Frey per mano di Lord Walder Frey e degli uomini di Roose Bolton (le famose Nozze Rosse). Nella la quarta stagione la difesa da parte di Jon Snow del Castello Nero e della barriera dall’attacco dei Wildings. Per la quinta stagione il salvataggio di Daenerys dai Figli dell’Arpia, da parte di Drogon. E per la sesta la Battaglia dei Bastardi, che rimarrà impressa negli occhi degli spettatori a lungo. Quella in cui gli Stark, i Bolton, i bruti (e qualcun altro) si affrontano sul campo di battaglia per decidere chi governerà Grande Inverno. Un episodio davvero monumentale.
Il compromesso si sposa bene con il nostro contemporaneo così confuso
Nell’immaginario che la televisione contribuisce fortemente a condizionare, quindi, Game of Thrones (guarda qui il trailer) aggiunge sempre un’ombra su ciò che accade, l’idea di un compromesso al quale bisogna cedere per poter prevalere. Ombre che cambiano connotazione all’accettazione di una morale condivisa in cui il bene ha un ruolo positivo. Mentre l’idea del compromesso si sposa bene con il nostro contemporaneo così confuso e privo di rigidi principi valoriali.
Forse anche grazie a questa consapevolezza, George R.R. Martin osserva e sta al gioco. Suggerisce agli sceneggiatori alcuni avvenimenti che vorrebbe succedessero in futuro nella serie, perché lui stesso li ha previsti nei suoi libri. Ma allo stesso tempo fa succedere nei suoi libri cose che gli sceneggiatori hanno inventato di sana pianta, solo perché al pubblico televisivo sono piaciuti molto.
Persino Martin si fa condizionare dall’adattamento tv
Insomma, pur essendo uno scrittore navigato, Martin si fa condizionare dall’adattamento tv e ormai da qualche tempo, ha deciso di parlare ai nuovi fan della serie, più che ai suoi vecchi lettori, si riconosce più in loro e questo fa sì che Game of Thrones incarni un cambiamento molto contemporaneo anche nello storytelling. La contaminazione mediatica a cui ci hanno abituato questi nuovi linguaggi dell’audiovisivo, infatti, sta dando origine ad una vera e propria fusione di contenuti. E questo a scapito della natura stessa di ciò che avevamo chiamato Narrazione fino ad oggi. La dinamica delle costruzione delle storie è decisa da pubblici nuovi, fino a qualche anno fa inesistenti. Che ci piacciano o no.
Su consiglio di mia figlia (20 anni), un anno fa ho provato a vedere insieme a lei e a mio figlio (17 anni) un episodio di questa “graziosa” serie televisiva. Mia figlia era entusiasta. Io sono riuscito a vedere solo 20 minuti. Anche mio figlio sembrava non gradire molto. E’ interessante che proprio le ragazze rimangano affascinate da questo polpettone di sesso e violenza. E’ un fenomeno parallelo al successo planetario, soprattutto femminile, delle “Cinquanta sfumature di grigio”. Giustamente dopo secoli o millenni di “segregazione” anche le donne reclamano il loro sacrosanto diritto a godersi delle storiacce di puro sesso e violenza. E’ anche il ritorno o il trionfo della “pulp fiction” (un po’ modificata), nata negli USA negli anni ’30 e ’40 dello scorso secolo……
Nella mia esperienza, Vincenzo, non ravviso una prevalenza femminile del target. Essendo una serie molto violenta, con scene di nudo e sesso esplicite (che in genere sono preferite da un pubblico maschile) non ci ho mai pensato, ma è un aspetto interessante su cui riflettere. Che ne dici Gianna?
Caro Vincenzo, in realtà non penso che si possa generalizzare l’esperienza che lei ha avuto con i suoi figli, più legata alla loro età, credo, che al fatto di essere maschi o femmine. In realtà, invece, la serie fino a questa stagione era famosa per aver messo in onda lo stereotipo di una figura femminile poco apprezzata dalle stesse donne, che avevano addirittura minacciato di smettere di guardarla. Donne che esponevano le loro nudità in modo poco elegante e trattate con violenza dagli uomini (caso esemplare quello della povera Sansa Stark), per lo più. Discorso che ha fatto cambiare rotta agli sceneggiatori che hanno deciso, proprio di conseguenza, di dedicare questa ultima stagione all’esaltazione della figura femminile. La sesta stagione rappresenta in tutto e per tutto la loro riscossa e il loro punto di svolta. Ora si. Il paragone con il successo di “Cinquanta sfumature di grigio” personalmente non lo condivido. Si tratta di due mondi narrativi completamente opposti e di pubblici molto differenti.
Cara Gianna, mi consola molto sapere che la sesta stagione di GOT sia dedicata all’esaltazione della figura femminile e che rappresenti la riscossa e il punto di svolta del “gentil” sesso…. Concordo con la sua osservazione che le 50 sfumature siano rivolte a un pubblico molto diverso; però la mia osservazione aveva un altro senso. Una volta, fino a qualche anno fa, le storie cariche di sesso e di violenza erano rivolte quasi esclusivamente ad un pubblico maschile. Oggi, invece, noto che questo tipo di narrazione si rivolge anche ad un pubblico femminile e, a volte, anche in maniera preponderante. Negli ultimi dieci anni in certi paesi si è addirittura sviluppata una cinematografia porno fatta e pensata dalle donne per le donne. Comunque, spero proprio che da questo ritorno e trionfo della “pulp fiction” possano nascere opere del livello di quelle create dalla fantasia di H.P. Lovecraft, Raymond Chandler, Dashiell Hammett, Ray Bradbury, Max Brand…., gli storici maestri del pulp; ma non so perché, nutro qualche dubbio…. 🙂
Non ci resterà altro che aspettare e vedere allora 🙂