Quali sono i migliori libri dell’anno 2016? In mezzo ai tanti pubblicati trovare quelli giusti è sempre più difficile. Ecco perché l’ho chiesto a scrittori, librai, giornalisti, lettori – deboli, forti o divoratori – tutti comunque appassionati. Stavolta troverete più gialli del solito, ma ce n’è comunque per tutti i gusti… ecco dunque i nostri preferiti.
Riccardo Bruni
Ne ho letti una cinquantina. Numero Zero di Umberto Eco mi è piaciuto tantissimo. E’ un libro ambientato nella redazione di un giornale che secondo me dovrebbero leggere tutti i giornalisti. I libri di Eco sono tutti bellissimi e andrebbero letti tutti. Io sono un ultrà di Umberto Eco. Quello poi è stato l’ultimo e, anche se è più breve degli altri, è Umberto Eco allo stato puro.
Mi è piaciuto molto Cosa resta di noi di Giampaolo Simi che ho letto prima che vincesse il Premio Scerbanenco e che è un noir all’italiana.
E poi I diabolici di Boileau e Narcejac. Un noir molto bello, abbastanza classico nelle atmosfere, che secondo me detta un po’ il canone del noir dei giorni nostri in cui il protagonista non è un poliziotto di mestiere, ma è una persona normale che si trova infilata in una situazione di tensione un po’ alla Hitchcock. Un poliziesco senza poliziotti. Se ne posso dire quattro ci metto anche Sottomissione di Houellebecq che è un libro bellissimo (leggi qui la nostra recensione).
Erica Barbiani
Nell’ultimo anno ne ho letti una sessantina. Ne leggo quattro, cinque al mese. Il mio preferito però non è tradotto in italiano. E’ di uno scrittore bengalese che ho letto in inglese: Selected Stories di Manik Bandopadhyay.
E’ un autore degli anni Trenta che racconta una Calcutta coloniale tutta dalla prospettiva dei ladri e dei farabutti. Sono storie un po’ alla Dickens. Sei sempre dalla parte dell’oppresso ma che è anche cattivo. Il protagonista è povero, sfigato ma ha un senso di rivalsa, un desiderio di ribellione. Me l’ha consigliato un vecchio comunista di Calcutta e mi è piaciuto molto.
Francesca Marciano, Isola grande, Isola piccola che avevo letto quando era uscito in inglese (The Other Language). Lei lo ha scritto in inglese e poi è stato tradotto in italiano. Premetto che io odio le storie corte, proprio non è il mio genere, invece questo mi è piaciuto moltissimo. Scrivendo cose ironiche, io vado sempre alla ricerca di cose un po’ ironiche e faccio molta fatica a trovarle. Rifuggo quelle seriose ma di questo mi è piaciuta molto la voce. Gli eventi per me sono irrilevanti rispetto al tono e al ritmo della narrazione e questo libro, pur trattandosi di narrativa femminile, l’ho trovato emotivo ma privo di sentimentalismo.
Homo dieteticus, un saggio di antropologia del quotidiano di Marino Niola. Io ho fatto un dottorato in antropologia medica e mi piace vedere come il corpo sia un oggetto culturale su cui vengono costruite delle narrazioni: a seconda di come racconti certe cose ti senti in modo molto diverso. Dalla celiachia, al veganesimo, a altre diete opposte, tipo le diete paleolitiche di quelli che mangiano solo carne, è come se queste descrizioni alimentari, attraverso il corpo, ricercassero una spiritualità. Come se fossero delle forme di ascesi.
Viola e Virginia, libraie della Feltrinelli in piazza Argentina a Roma
La figlia di Clara Usón è uno dei più bei libri degli ultimi anni. Una storia vera, scritta molto bene, da un altro punto di vista, con incredibili cambi stilistici.
Ana è la figlia di Mladić.
Estroversa e brillante, è la migliore alunna del suo corso. La guerra viene vista dalla parte della borghesia serba. Solo all’estero lei si rende conto di cosa succede. Veramente coinvolgente!
Carlo Animato
Sarà l’età, il clima, o l’overdose di Chi l’ha visto? e altre trasmissioni tv dedicate al genere, ovvero la deriva di una società che all’omicidio ha dato nuovo impulso in termini di qualità e quantità… fatto sta che di recente mi è venuto l’uzzolo di leggere storie gialle. Noi in Italia abbiamo “poliziotti di carta” operanti praticamente in ogni grande città o provincia, ma io ho dribblato i figli troppo noti di Camilleri e De Giovanni, e mi sono andato a cercare i miei eroi al nord.
Così segnalo il commissario Serra di Giuliano Pasini che nello struggente Venti corpi nella neve indaga a Case Rosse, impercettibile borgo sull’Appennino tosco-emiliano. Una storiaccia che ha radici dolorose nel passato e tipi nostalgici e violenti nel presente. Eccellente romanzo, il cui protagonista possiede un inquietante dono, che non risulta dal suo curriculum di valentissimo funzionario di polizia, “doloroso” per lui e fascinoso per noi.
Michele Catozzi, invece, è l’autore del mozzafiato Acqua morta, ambientato a Venezia, i cui protagonisti del malaffare sembrano usciti pari pari dai quotidiani degli ultimi anni, da Tangentopoli in poi.
Un giallo che ha molto ritmo nell’azione, personaggi e storie personali interessanti, abilità nei dialoghi e anche il carattere originale di un piccolo baedeker descrittivo dei luoghi in cui sono ambientati i fatti.
Ma poiché resto un figlio della sirena Partenope, il terzo testo è un appassionante romanzo di Antonio Menna dal titolo wertmulleriano: Il mistero dell’orso marsicano ucciso come un boss ai Quartieri Spagnoli.
Protagonista un giovane giornalista precario che ha fiuto, passione e spirito di osservazione: qualità mai umiliate dalle delusioni quotidiane di un mestiere che, specie a Napoli, pare basarsi su carriere familiste e generalizzata pochezza culturale.
Un’avventura tra i vicoli, a ridosso di quel centro storico proclamato dall’Unesco patrimonio mondiale, tra i mille segreti di fondachi e bassi, dentro le viscere capienti della città sotterranea, madre e matrigna, e dunque imprevedibile e folle come i suoi figli veraci.
Enrico Pandiani
Quest’anno ne ho letti tanti. Li ho accumulati sul comodino e alla fine c’erano quattro, cinque pile. Saranno stati un centinaio.
Consiglierei sicuramente Anatomia di un istante di Cercas. Lui li chiama romanzi perché sono scritti come dei romanzi, anche se sono cronache molto approfondite e molto studiate.
Cinque anni dopo che è tornata la democrazia in Spagna c’è stato un tentativo di colpo di stato. La Guardia Civil è entrata in parlamento sparando con dei mitra e si sono tutti buttati sotto i banchi tranne tre persone. Uno era Suarez, il capo del governo, l’altro era un generale a cui aveva dato il ministero della difesa e il terzo era il capo dei comunisti spagnoli. Sono tre persone che sono rimaste ferme.
Tre nemici della democrazia per antonomasia che in quel momento hanno difeso, rischiando la propria vita, la democrazia. Lui analizza questo momento e racconta tutta la storia del colpo di stato.
Poi c’è il libro di Martin Amis che si chiama La zona d’interesse. Bellissimo, durissimo.
Si svolge in un campo di concentramento in Germania ed è raccontato in prima persona dal nipote di Martin Bormann che è lì per far funzionare la fabbrica annessa al campo di concentramento, dal capo del campo di concentramento che una persona orripilante e poi, ogni tanto, da un internato che è stato messo a contare le ossa dei cadaveri per sapere quanti ne hanno fatti fuori ogni giorno e che sa che, prima o poi, toccherà a lui.
E’ un racconto agghiacciante e bellissimo.
Il terzo è Le particelle elementari di Houellebecq. Ma anche Sottomissione è un romanzo meraviglioso che però ho letto l’anno scorso: l’hanno tutti male interpretato. Secondo me è una metafora meravigliosa della pochezza dei maschi rispetto alle donne.
Marzia Flamini
Un anno di letture appassionanti e di “recuperi” eccellenti, a cominciare da L’arpa d’erba di Truman Capote, un romanzo breve e d’atmosfera, ambientato nel suddegli Stati Uniti, raccontato in prima persona dal protagonista. E’ il racconto di una fuga surreale su un albero, che più lontana da Calvino però non potrebbe essere. Personaggi eccentrici ma umanissimi, una scrittura poetica, capace di trasmettere la magia delle piccole cose: Capote è uno scrittore meraviglioso che non tradisce mai nel suo raffinato acume e nella sua sensibilità (leggi anche qui).
Un’altra (ri)scoperta è stato Via dalla pazza folla, il classico di Thomas Hardy: la protagonista Bathsheba Everdene è tenace, dotata di nerbo fino al punto di diventare testarda e capricciosa.
Decide di fare un lavoro da uomini, sfidando le convenzioni, e lo fa bene, finché non cede a un impulso prima e alla passione poi, mettendo in moto una successione di eventi sempre più drammatici.
Lettura estremamente interessante Duveen: The Story of the Most Spectacular Art Dealer of All Time di S.N. Behrman: la biografia di un personaggio che ha attivamente fatto la storia dell’arte pur senza essere un artista, uno storico dell’arte, né tantomeno un critico. Mercante dall’intuito sopraffino e dall’occhio infallibile (o quasi), muovendosi tra Londra e New York nei primi decenni del ‘900, ha contribuito allo sviluppo delle collezioni alla base dei più importanti musei americani, annoverando tra i suoi clienti Rockfeller, Mellon, Frick… La scrittura è puntuale e meravigliosamente scorrevole, ricca di aneddoti illuminanti e divertenti.
Roberto Concu
Ne ho letti 116 🙂 Uno, Danilo Kiš, Il liuto e le cicatrici. Dall’autore serbo, vera e propria scoperta di quest’ultimo anno di letture, una raccolta postuma di racconti che ne sintetizzano la poetica. Uomo errante e appartato, la sua storia personale s’intreccia con quella tragica del XX secolo. In questi racconti ritornano le tematiche care a Kiš: l’oppressione dei regimi totalitari, l’oblio in cui cadono le vittime, l’amarezza e la tristezza di chi sopravvive alle tragedie piccole e grandi, l’amore per le vite anonime. La scrittura, ironica e poetica, come via di salvezza, di sopravvivenza di fronte al nulla e all’egoismo umano. P.S. Naturalmente ho acquistato tutti i libri di Kiš. Altro testo consigliato: Enciclopedia dei morti.
Due, Eric Chevillard, Sul soffitto: una ventata di freschezza da un autore che ci ricorda che è sempre possibile rompere gli schemi e vivere… con una sedia sulla testa! Insomma, un autore antagonista (per dirla con Franzen) per lettori altrettanto antagonisti, per non dimenticare che un mondo diverso è sempre possibile (leggi la recensione di Cronache Letterarie).
Tre, Atticus Lish, Preparativi per la prossima vita. Ero indeciso tra questo romanzo, Purity di J. Franzen e Benedizione di K. Haruf. Ho optato per Lish perché penso che Preparativi per la prossima vita segni un nuovo tempo per la letteratura nord americana. Sia per la storia che per la scrittura.
Una storia d’amore tra una clandestina cinese, metà han e metà uigura, e un reduce irrimediabilmente segnato dalla guerra irachena.
Una scrittura e una trama rude, a tratti vitale, ma spietatamente autentica e necessaria che mostra la lotta elementare della sopravvivenza senza dimenticare la forza dell’amore (leggi anche qui la sua intervista).
Tiziana Zita
Sotto il cielo crudele di Napoli brulica un’umanità oscena di vincitori e vinti. Nel lezzo orrendo che esalano centinaia e centinaia di cadaveri sepolti sotto le macerie, ballano donne bianche nude e soldati neri ubriachi. Tutto è possibile nella città affamata.
Avevo paura di leggere La pelle perché sapevo che ne sarebbero usciti orrori e miserie umane difficili da digerire. E così è stato. Il protagonista è come impazzito dal dolore di vedere la sua gente ridotta ai minimi termini esistenziali.
Non è facile imbattersi in una scrittura italiana così potente e bella e Malaparte è uomo coltissimo e brillante, dotato di una straordinaria indipendenza di pensiero (pagata a caro prezzo), che conosce il mondo e la gente, che entra nelle porte di tutte le classi sociali e che usa splendidamente la retorica, ovvero l’arte della parola.
Poi, tanto per alleggerire con un po’ di sano degrado texano, passiamo Sotto un cielo cremisi di Lansdale: botte da orbi, sparatorie come manco in Kill Bill, schizzi di sangue e denti, inseguimenti (Hitchcock diceva che le storie più belle sono storie di inseguimenti), morti e feriti conditi con un linguaggio molto triviale. Tutto ‘sto casino lo combinano Hap e Leonard, una delle coppie di detective – l’uno bianco, l’altro nero e gay – più strambi e divertenti che ci siano.
Io ho un debole per i romanzi di formazione in cui il protagonista è un bambino, specialmente quelli in cui si parlano moltissime lingue, come La lingua salvata di Elias Canetti, che poi è la prima parte della sua autobiografia. Sentite cosa scrive: “Da quando avevo dieci anni è per me una sorta di articolo di fede credere che sono fatto di molte persone, della cui presenza in me non mi rendo assolutamente conto. Credo che siano loro a decidere ciò che mi attira o mi respinge negli uomini e nelle donne che mi capita di incontrare. Sono stati il pane e il sale della mia prima età. Sono la vera vita segreta del mio spirito”.
Come promesso ce n’è per tutti i gusti. Buone vacanze!
Ottimi consigli di lettura. Peccato la caduta di stile di Erika Barbiani con il suo “pur trattandosi di narrativa femminile”, e passi che non le piaccia la narrativa breve (non sa cosa si perde, p. e. tanta letteratura latinoamericana eccellente). Onore a Tiziana Zita che consiglia quel capolavoro purtroppo superficialmente bistrattato che è “La pelle” di Malaparte.
Io invece vorrei spezzare una lancia a favore della Barbiani perché questo Dickens indiano mi attrae molto e poi, pur non amando la letteratura sentimentale (che anche a me non fa impazzire) e le storie brevi, è l’unica che le consiglia. Leggerò anche Sottomissione.