Dropbox, Groupon, Instagram e Pinterest, aziende che pochi anni fa a mala pena esistevano, hanno accumulato miliardi di dollari. Eppure nessuna agenzia pubblicitaria è responsabile del loro successo, nessuna di loro si è avvalsa di risorse da sempre considerate indispensabili. Com’è stato possibile allora? Grazie al growth hacking, un tipo di marketing digitale e innovativo che ha permesso di creare qualcosa dal nulla e farlo diventare enorme. Fare tanto con poco è il paradosso che muove tutti i venditori e gli imprenditori. Con strategie innovative e a basso costo, i growth hacker hanno trasformato le loro aziende in marchi miliardari. Vediamo come.
Se prendiamo ad esempio lo Show Business con i suoi grossi budget per uffici stampa, manifesti, trailer, anteprime, red carpet e celebrità, ci rendiamo conto che non può funzionare. Tanto per cominciare perché la maggior parte dei film sono degli insuccessi anche se sono stati investiti milioni per pubblicizzarli: spesso più del budget dello stesso film. Se poi hanno successo, nessuno ha un’idea di come siano riusciti ad ottenerlo. Ogni volta è una grande scommessa. Però va bene lo stesso perché il sistema è pensato per assorbire queste perdite, visto che un solo successo ripaga abbondantemente i molti fiaschi.
Ma se dobbiamo pubblicare il nostro libro non possiamo permetterci che sia un flop. Ci abbiamo lavorato negli ultimi tre anni (almeno) e non ne abbiamo altri dieci pronti da tirar fuori dal cappello.
Ecco perché il modello dello show business non va bene per le startup che non hanno grandi budget, ma grazie a internet e ai social media questi enormi rischi non sono più necessari, anzi sono diventati addirittura controproducenti. Il growth hacking usa i numerosi strumenti che internet ha messo a disposizione, come email, siti web, pay per click, blog e social media, al posto di annunci, spot pubblicitari e tanti soldi.
Facciamo un esempio. In generale è difficile spingere gli utenti a cambiare le proprie abitudini e per riuscirci non basta nemmeno offrire un servizio migliore. Come ben sappiamo, cambiare indirizzo mail è una gran seccatura, ma quando nel 1996 è stato lanciato Hotmail, uno dei primi servizi mail gratuiti, è diventato uno dei primi prodotti virali.
I fondatori si erano chiesti come fare a pubblicizzare l’iniziativa e avevano pensato a dei manifesti pubblicitari, o anche a degli annunci radiofonici, ma erano molto cari per un servizio gratuito. Finché non ebbero l’idea di mettere un messaggio in fondo ad ogni mail. Così fu inserita la frase PS: I Love You. Get Your Free Email at Hotmail (crea la tua email gratuita su Hotmail) con il link per permettere alle persone che lo ricevevano di utilizzare la piattaforma. In questo modo, ogni mail inviata è diventata un messaggio pubblicitario del servizio. La crescita è stata esponenziale: un milione di user in sei mesi!
Nel dicembre 1997, con dieci milioni di user Hotmail fu venduta a Microsoft per 400 milioni di dollari e, a trenta mesi dal suo lancio, Hotmail aveva accumulato trenta milioni di utenti. La stessa strategia è stata poi utilizzata da Apple e BlackBerry per i loro cellulari aggiungendo: “Inviato da iPhone”, o “Inviato da BlackBerry” su ogni messaggio mail.
Anche Google, quando lanciò Gmail usò questa strategia creando, per il suo nuovo servizio mail, un sistema a invito. Gmail era un prodotto eccezionale rispetto agli altri servizi mail, però potevano averlo in pochi, anzi pochissimi. Perciò il servizio divenne esclusivo e tutti desideravano far parte della comunità che lo aveva. In realtà il motivo di tale esclusività fu che, al momento del lancio, Google non aveva una capacità di server sufficiente per garantire l’accesso a milioni di persone. Ma questo si rivelò uno straordinario strumento di marketing.
Il growth hacking è all’incrocio fra marketing e tecnologia, perciò, a differenza degli esperti di marketing tradizionali, i growth haker sono un misto fra venditori del web e ingegneri informatici che, in mancanza di grandi fondi, usano la creatività e tutte le competenze a loro disposizione.
Uno dei requisiti fondamentali è che il prodotto sia qualcosa che la gente vuole. In genere c’è un dato prodotto e bisogna fare in modo che la gente lo acquisti, ma il growth hacking rifiuta questo modello di business e dice che bisogna cambiare il nostro prodotto affinché generi nella gente reazioni entusiastiche fin dalla prima volta che lo vedono.
Prendiamo ad esempio Airbnb. Quando è nata, nel 2007, non era niente di che. Lo spirito era: “Lasciate che la gente crolli sul vostro pavimento e poi dategli la colazione”. Però hanno considerato il loro servizio come qualcosa di flessibile e l’hanno continuamente migliorato fino a trovare il miglior tipo di interazione col pubblico. Insomma il prodotto non è più qualcosa di fisso, rigido, ma è ottimizzabile e il marketing diventa parte integrante del processo di ottimizzazione. C’è un continuo processo di ideazione-verifica-modifica che, mentre mette a punto il prodotto, allo stesso tempo lo pubblicizza.
Quasi tutte le informazioni che avete letto finora provengono da Growth Hacker Marketing di Ryan Holiday, un buon testo introduttivo che purtroppo non è disponibile in italiano. Una prova di quanto appena detto circa la graduale messa a punto del prodotto, è il fatto che questo libro è stato un articolo di successo prima di diventare un libro.
Neanche una grande idea di per sé è sufficiente perché non è detto che la gente automaticamente la userà. Perciò invece di aspettare che la gente venga da te, bisogna spingercela dentro.
All’inizio i nostri sforzi di marketing devono raggiungere e catturare un piccolo gruppo di utenti fanatici e altamente interessati, sostiene Holiday. Poi si può crescere con loro e grazie a loro. Quindi uno dei primi compiti è raggiungere le persone giuste, ovvero un’armata di user fedeli e appassionati. Non serve quindi un bombardamento indiscriminato su tutti, ma un’offensiva mirata sulla gente giusta al posto giusto.
Uber offre un esempio divertente di questo marketing mirato. L’Austin SXSW è un festival musicale e cinematografico con conferenze e mostre interattive, che si svolge ogni anno, in primavera, ad Austin, in Texas. Per diversi anni, nella settimana del festival, Uber ha offerto le sue corse gratis ai partecipanti. Ha raggiunto così un target di youngadults, altamente tecnologizzati che non potevano permettersi il taxi e quindi erano potenziali clienti di Uber. Invece di spendere milioni di pubblicità per raggiungere questi potenziali user nelle loro rispettive città, Uber è andato a prenderli in un posto in cui erano radunati tutti insieme.
La diffusione virale non è qualcosa che può magicamente accadere a qualsiasi prodotto come forse alcuni pensano. Il fattore virale è determinato da un valore di condivisione che è inerente al prodotto.
Su Groupon ad esempio, ogni acquisto è stato accompagnato da un’offerta: se tu raccomandi questo servizio a tre amici che lo acquisteranno attraverso uno speciale link, avrai il tuo servizio gratis, qualunque sia il suo costo.
Col nuovo marketing, il brand si costruisce attraverso i pareri e la presenza dei consumatori, più che attraverso costose campagne pubblicitarie. E comunque neanche il miglior growth hacker può far crescere un prodotto che non funziona. Se un’azienda perde clienti non deve investire di più sul marketing ma deve ridefinire e migliorare il suo prodotto finché gli utenti saranno talmente contenti che non potranno smettere di usarlo.
Tra le strategie usate da Dropbox, che oggi ha più di 300 milioni di utenti, c’è quella di aver regalato un bonus di 250 megabyte di spazio di archiviazione extra a chiunque che avesse fatto un tour dei servizi basilari. Ha inoltre offerto un bonus di 125 megabyte a chi avesse mandato un feedback di 90 caratteri (meno di un Tweet). Tutte cose che hanno coinvolto e fatto partecipare gli utenti.
Ryan Holiday è stato direttore del marketing di American Apparel, un grosso marchio di abbigliamento americano, fino al giorno in cui ha letto un articolo sul growth hacking in cui si diceva che lui e i suoi colleghi si sarebbero presto ritrovati senza lavoro. Questo ha cambiato la sua vita. “Di certo non mi sento sempre cool e Mad-Man” scrive Holiday, “non è come quando sei ingaggiato da un’agenzia creativa e vedi i manifesti in giro per la città, o quando hai l’appoggio di qualche celebrità, ma il punto è che quelle cose non garantiscono più alcun successo. E costano cinquanta o cento volte di più”.
Libro molto interessante, che esplora come il mondo del marketing e del commercio sia radicalmente cambiato negli ultimi anni. La creazione del consenso (e dell’acquisto) passano da un sapiente uso della rete e delle sue INFINITE possibilità: questo è stato compreso bene da Google e da Apple e altre aziende, ma anche da Casaleggio, da Obama, da Assange e molti altri ancora da venire….
Infatti Vincenzo, io sto studiando… 😉
Ora sto leggendo “Hooked” e scriverò anche di questo.