L’ho letto tutto d’un fiato. 296 pagine e se fossero mille sarebbe lo stesso. E’ uno di quei romanzi che ti tengono per la gola. Ciò che ti tiene avvinto è la storia. E i personaggi. Anzi il personaggio. Perché Stella Raphael non è soltanto il personaggio principale, ma anche quello che si prende tutta la luce che lo scrittore è capace di creare. Gli altri le stanno intorno, le fanno da spalla, affinché il suo dramma si compia fino in fondo. Follia è un drammone che sviscera il modo tutto femminile di vivere le passioni: senza compromessi, vie di fuga, o tentennamenti. Perché, come Stella afferma più volte nel romanzo, ci sono storie a cui è impossibile resistere.
Lei, moglie di uno psichiatra, che vive con il marito in una villa accanto al manicomio in cui lui lavora, s’innamora di un suo paziente: uno che è lì perché ha ammazzato la moglie di cui immaginava tradimenti mai avvenuti.
Il romanzo, ambientato nell’Inghilterra del 1959, è giocato sul contrasto insanabile tra equilibrio-normalità e squilibrio-imprevisto. O c’è l’uno o c’è l’altro e una volta saltato il fosso non si torna indietro. In questo senso Follia è un romanzo filosofico perché si interroga su cosa fare delle nostre pulsioni, che posto hanno nella nostra vita e in che modo ne determinano il senso.
E’ infatti un’ossessiva, sconvolgente attrazione sessuale che spinge la protagonista – una donna bella e raffinata – alla rottura del suo equilibrio, fatto da un marito molto preso dal lavoro, un figlio da accudire, una grande casa da tenere in ordine. Lo squilibrio, il fuori posto, è lì a portata di mano, nel manicomio che confina con la casa.
I due mondi convivono pacificamente, i pazienti considerati affidabili lavorano nel grande giardino e partecipano al ballo che si tiene ogni anno nel salone dell’ospedale. E’ qui che avviene il primo incontro tra Stella e Edgar Stark, ex artista e scultore. E’ qui che la loro reciproca attrazione sessuale si manifesta in tutta la sua violenza per la prima volta.
Lo scrittore inglese Patrick McGrath conosce molto bene il mondo della psichiatria ospedaliera. Suo padre lavorava come psichiatra nel manicomio criminale di Broadmoor, dove lui ha passato la sua infanzia. Da giovane studiò anch’egli psichiatria ma poi l’abbandonò per la scrittura.
Sicuramente questa esperienza deve averlo segnato; i suoi romanzi narrano storie cupe, piene pazzia, passioni, delitti, terribili traumi famigliari e manicomi. Follia, titolo originale Asylum, ovvero “manicomio” è uscito nel 1996 ed è stato un caso editoriale: ha venduto oltre 500 mila copie. Nel 2005 ne è stato tratto il film omonimo – Follia – diretto dal regista scozzese David Mackenzie.
La storia viene narrata dopo che il dramma causato dal rapporto tra Stella e Edgar si è definitamente consumato. Chi la narra è un altro psichiatra, Peter Cleave, collega del marito di Stella e un tempo amico della donna, poi per via dei tragici avvenimenti legati alla sua relazione con Edgar, il suo psichiatra.
Non si può non identificarsi in Stella, nei suoi comportamenti irrazionali ed impulsivi, nel suo bisogno di evadere dalla monotonia di un matrimonio senza vero amore, nella sua decisione di abbandonare improvvisamente la casa, il marito e il figlio per seguire un uxoricida di cui si è perdutamente innamorata. E questo non perché le sue scelte siano comuni, ma al contrario, proprio perché uscire dal binario di una vita prefissata è per la maggior parte di noi difficile, se non impossibile. Quello di Stella è un modello da non ripetere, ma racchiude in sé il bisogno della grande trasgressione che ci riporti a noi stessi, al nostro lato selvatico originario che le strutture sociali ci impediscono di vivere. Questo di Stella e Edgar è l’amore selvaggio fra una donna ed un uomo indipendentemente da chi sono socialmente. E’ una foresta primitiva ed immaginaria che solo loro conoscono.
La loro storia d’amore porterà a conseguenze disastrose per se stessi e per gli altri. Nel caso di Stella chi pagherà il prezzo più alto sarà il figlio; abbandonato e poi, quando la donna ritornerà all’ovile, trascurato fino alle estreme conseguenze.
Cosa succede se si conosce e si vive una grande ossessione sessuale e poi la si perde? Sembrano chiederci le pagine di questo romanzo. La risposta parrebbe del tutto negativa: distruzione, dolore e morte.
Ma è la sola risposta possibile? Perché la donna fa una scelta così cieca e insensata? Proviamo a porre la domanda in altri termini: cosa faresti se ti trovassi su un’isola deserta con un uomo uscito da un manicomio criminale, dov’era rinchiuso per aver ucciso la moglie, averla decapitata e fatta a pezzi, perché convinto che lei lo tradisse?
Insomma, perché “scegliere” un simile individuo?
Non sono forse le condizioni “ristrette”, isolate, il fatto essere messa alle corde della recinzione del suo giardino, che è anche quella del manicomio, ad esporla a un amore tanto malsano?

Come tante eroine romantiche prima di lei, Stella muore giorno per giorno dentro al suo matrimonio. Nella sua gabbia di solitudine, i suoi bisogni crescono e lei continua ad ignorarli, fino a che esplodono.
Per poter vivere la sua passione, la donna deve attuare un forte travisamento della realtà, grazie al quale lei: “non intravede un pericoloso assassino pronto a colpire ancora, ma un uomo dannatamente interessante, un ribelle incompreso da compatire, che in preda alla passione ha commesso un errore clamoroso, non per questo, però, un malato di mente” (vedi l’analisi fatta da State of Mind).
Stella deve plasmare e difendere a tutti i costi l’immagine idealizzata dell’amante perché è quella che dà senso alla sua vita. In fondo anche lei, come lui, è una scultrice pazza.
Per tornare alla domanda del romanzo, se è possibile vivere fino in fondo la propria ossessione sessuale, temo che il più delle volte nei romanzi finisca male. Ma vorrei portare l’esempio di Lady Chatterley, l’eroina ribelle – la cui storia è ambientata in Inghilterra ai primi del Novecento – che lasciò il marito e scappò con il guardacaccia. Lo scandalo fu enorme, dentro e fuori dal romanzo: L’amante di Lady Chatterley uscì nel 1928, fu subito censurato e riuscì soltanto nel 1960. Come va a finire? Finisce che lei e il guardiacaccia fanno una vita governata da tenerezza, sensualità e appagamento sessuale.
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Questo post è stato scritto a quattro mani da Dianella Bardelli e Tiziana Zita