Non è un paese per vecchi e la teoria delle finestre rotte

Mark Powell Envelopes

Mentre Llewelyn Moss va a caccia di antilopi nei territori selvaggi al confine tra Texas e Messico, si ritrova in un posto pieno di cadaveri, dove c’è stato un regolamento di conti tra narcotrafficanti. Moss, un reduce dal Vietnam che vive con la sua giovane compagna in una roulotte, non resiste alla tentazione di prendere la valigetta con un bottino di oltre due milioni di dollari. Non sa in che guaio si sta ficcando perché tutti cominciano a corrergli dietro, a partire da una schiera di ferocissimi narcotrafficanti, seguiti dal killer psicopatico Anton Chigurh e infine dallo sceriffo Ed Tom Bell, che vorrebbe trovarlo prima degli altri per salvarlo. Non  un paese per vecchi è un thriller, pieno di inseguimenti. 

Lo sceriffo Bell, che conosce il valore della giustizia e la pietà, mentre dà la caccia a Moss s’interroga sul mondo violentissimo in cui tutti sembrano impazziti. Le sue riflessioni profonde costituiscono un bel contrappunto; sono oasi di ricerca del senso, perché per il resto ne succedono di tutti i colori. Ci sono molte armi, sangue, morti e l’incredibile killer, Anton Chigurh, talmente crudele e spietato che sembra un’emanazione diretta del diavolo. Tanto per cominciare nessuno sa che aspetto abbia perché nessuno sopravvive abbastanza per raccontarlo. Chigurh compie i suoi omicidi con un’impassibilità che fa paura e pare del tutto privo di sensi di colpa. A volte, per decidere se uccidere o meno qualcuno, fa testa o croce con la vittima inconsapevole. Il killer senza anima si lascia dietro una scia di sangue, morti e follia.

Non è un paese per vecchiIl mondo è sbagliato, sta andando a rotoli e lo sceriffo Bell non finisce mai di stupirsene: “Al giorno d’oggi se ti metti a fare discorsi su cos’è giusto e cos’è sbagliato la gente spesso e volentieri si mette a ridere”.
“Qui l’altro giorno c’è stata una donna che ha messo il figlio appena nato nel tritarifiuti. Chi andrebbe a pensare una cosa simile?”

Lo sceriffo difende il valore dell’esperienza, in un mondo in cui non conta più niente. Abbiamo smesso di tramandarci i saperi. Il paese abbandona i vecchi valori così come abbandona i vecchi. Li lascia lì con una domanda negli occhi che non sono neanche confusi, sembrano proprio impazziti. I tempi stanno cambiando, ma cambiano troppo in fretta e facilmente si diventa “vecchi”, ovvero incapaci di adattarsi al nuovo contesto.

“Qualche tempo fa ho letto sul giornale che certi insegnanti avevano ritrovato un sondaggio inviato negli anni Trenta a un certo numero di scuole di tutto il paese. Era stato fatto un questionario sui problemi dell’insegnamento nelle scuole. E loro hanno ritrovato i moduli compilati e spediti da ogni parte del paese, con le risposte alle domande. E i problemi più gravi che venivano fuori erano tipo che gli alunni parlavano in classe e correvano nei corridoi. O masticavano la gomma. O copiavano i compiti. Roba così. E allora avevano preso uno di quei moduli rimasto in bianco, ne avevano stampate un po’ di copie e le avevano mandate alle stesse scuole. Dopo quarant’anni. Be’, ecco le risposte. Stupri, incendi, assassini. Droga. Suicidi. E io ci penso a queste cose. Perché il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando. E che quello è uno dei sintomi. Ma per come la vedo io uno che non sa capire la differenza fra stuprare e ammazzare la gente e masticare la gomma in classe è messo molto peggio di me”.

Non è un paese per vecchi. Film

Va bene, sono due cose diverse, ma vogliamo parlare del Texas? Dov’era quel mondo pacifico in cui gli sceriffi giravano senza pistola? Quando c’è stato? Sarà che ho da poco finito di leggere Il figlio di Philipp Meyer (romanzo straordinario!), ambientato proprio in Texas, e non mi pare che la storia americana fosse questa culla di buone maniere. Basti pensare al cinema western.
E’ vero però che ora il cambiamento è troppo rapido. Un tempo potevi passare un’intera vita con minimi cambiamenti nella tecnica e nei costumi. Potevi invecchiare essendo sempre lo stesso. Ora la velocità tecnologica è talmente fulminea da far sentire inadeguato un quindicenne.

Il romanzo per me ha una sola pecca: mancano le virgolette nei dialoghi. A volte è difficile capire chi sta parlando, devi tornare indietro e interpretare: è fastidioso. Tra l’altro ho letto due romanzi di seguito, entrambi senza virgolette. L’altro è Canto della pianura di Kent Haruf. Perché lo fanno? La difficoltà interpretativa a livello grammaticale non è interessante.

Secondo il critico letterario Harold Bloom, Cormac McCarthy (leggi anche qui) è il miglior romanziere statunitense vivente, degno discepolo di Melville e Faulkner.
Edito da Einaudi, Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men) è stato scritto nel 2005, mentre la vicenda si svolge nel 1980, anche se potrebbe essere tranquillamente oggi.

Altrettanto bello e spietato è l’adattamento cinematografico realizzato dai fratelli Coen nel 2007. Il film Non è un paese per vecchi ha vinto quattro premi Oscar, come miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista: Javier Bardem è davvero impressionante nelle vesti del killer psicopatico, a partire dall’assurda pettinatura (vedi il trailer) Avevo la sensazione che i Cohen fossero perfetti per raccontare questa storia, quando un articolo mi ha ricordato che «l’ossatura di uno dei loro capolavori, Fargo, è sostanzialmente uguale a quella di Non è un paese per vecchi: là una donna poliziotto, qui uno sceriffo devono affrontare le “forze del male” che hanno sconvolto una piccola comunità rurale».
Una follia ironica un po’ Tarantino, un po’ Breaking Bad, scorre lungo il romanzo (e il film) e ne rende più digeribile la violenza e più godibile l’impasto.

Non è un paese per vecchi. Film

“I guai cominciano quando si inizia a passare sopra alla maleducazione. Quando non si sente più dire Grazie e Per favore”.
Questa affermazione, apparentemente banale, è un’estrema sintesi della teoria delle finestre rotte ed è più sensata di quanto forse appaia a prima vista. Si tratta della teoria criminologica messa in pratica a New York da Rudolph Giuliani nel 1994 che ha portato a un crollo delle attività criminali nella città, prima molto fiorenti. Il suo espediente è stato semplicemente quello di far pagare il biglietto sui mezzi pubblici. Si è così sconfitta l’idea che la metropolitana fosse un posto abbandonato e senza regole, cosa che a macchia d’olio ha bonificato tutto il resto. La civiltà inizia dal biglietto dell’autobus pagato e dalla buona educazione. E ora non pensiamo a Roma perché non ci resta che piangere.

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Tiziana Zita

Tiziana Zita

Se prendessi tutte le parole che ho scritto e le mettessi in fila l'una dopo l'altra, avrei fatto il giro del mondo.

5 commenti

  1. Libro stupendo. Ottima la recensione. Solo un appunto. Bisogna capire la differenza abissale che esiste tra l’uso della violenza ai tempi del Far West e l’uso della violenza in una scuola americana dei nostri giorni. Nel primo caso era quasi imposta dalle circostanze di vita (miseria, assenza di forze dell’ordine e dello stato….). Nel secondo caso è generata dal vuoto pneumatico di regole e valori della famiglia americana (e non solo americana….) dei nostri giorni.

    • E’ più facile digerire la violenza se è lontana nel tempo, ma credo che contenga sempre un certo grado di ferocia e gratuità, oggi come ieri. Quella contemporanea ci fa più paura perché dobbiamo farci i conti. La teoria delle finestre rotte dovrebbe partire dalla famiglia.
      Sì, è un bellissimo libro, Vincenzo!

  2. Make no mistake. La violenza e la ferocia del Far West erano orribili, proprio come è orribile ogni forma di violenza! Ma bisogna saper distinguere tra una violenza dettata da precarie condizioni di vita ed una che nasce dalla decadenza morale e soprattutto spirituale del nostro tempo. Torturare e ammazzare un giovane, come è successo poco tempo fa a Roma, perché ci si annoia e si vuole provare qualche emozione forte, è una cosa molto diversa dallo sparare nel corso di una rapina o di un assalto ad una diligenza. E se non si capisce la differenza…., pazienza! Vuol dire che questo non è un paese per vecchi sceriffi, come me!

  3. Hei vecchio sceriffo! 😉
    voglio solo dire che bisogna stare attenti a idealizzare un passato mitico che mitico, nel momento in cui lo si viveva, non lo era affatto.
    Pensi che non esistessero persone come Anton Chigurh nel Far West? Secondo me sì ed erano anche (proporzionalmente) più numerose di oggi. Se guardiamo alla storia dell’umanità, credo che il livello di barbarie umana sia diminuito piuttosto che aumentato…

  4. Hai ragione. Un tempo eravamo molto più violenti e barbari. Io non idealizzo affatto il passato, anzi. Dico una cosa molto diversa: la violenza di un tempo aveva motivazioni molto più legate alla lotta per la sopravvivenza. Oggi nelle nostre belle e linde società occidentali abbiamo certo meno violenza, ma quella che vedo e sento in giro è quasi sempre causata da perversioni, futili motivi, mancanza di sentimenti, di educazione, di regole, di rispetto…. Allora devo concludere che abbiamo fatto grandi passi in avanti? Devo continuare a credere nell’ideologia del progresso?
    Anch’io, come qualcun altro prima di me, nutro profondi dubbi sulle “magnifiche sorti e progressive”. Ma forse il problema è che sono solo un vecchio e stupido sceriffo!

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