Correva l’anno 1992 quando Daniel Pennac venne a Roma per presentare Come un romanzo, un breve saggio in cui enunciava i famosi dieci diritti del lettore: quello di non leggere, di saltare le pagine, di non finire il libro, di rileggere, di spizzicare e così via. Allora stavo facendo la pratica per diventare pubblicista ed essendo un’appassionata lettrice dei suoi romanzi, sono corsa a via Ripetta, dove lo presentava insieme a Domenico Starnone e Stefano Benni. In quell’occasione ci comunicò che avrebbe pubblicato un quarto e ultimo romanzo della saga di Malaussène e poi basta, fine.
E invece no. 22 anni dopo la pubblicazione de Signor Malaussène, apparso nel 1995, Daniel Pennac sforna Il caso Malaussène (titolo originale Le cas Malaussène: Ils m’ont menti), quinto romanzo della serie. Perciò ieri mi sono precipitata alla presentazione alla Feltrinelli di via Appia, a Roma.
Il problema è che mentre cercavo un parcheggio mi hanno tamponata (con una Smart!) e, primo, mi sono presa uno spavento, quindi ho passato mezz’ora a scrivere la constatazione amichevole. Infine sono arrivata alla presentazione quando era quasi finita. Ho comunque avuto il tempo di apprezzare Pennac che con i suoi racconti riesce sempre a divertire e conquistare il pubblico. La sala della Feltrinelli era piena di gente.
Affiancato da Marino Sinibaldi e dall’interprete, Pennac stava raccontando di una volta che era in macchina con la moglie e mentre lui guidava, lei gli leggeva ad alta voce un libro molto noioso. A un certo punto la moglie gli ha chiesto: “Come ti sembra?” E lui: “Da buttare”. Allora lei ha preso e lo ha lanciato dal finestrino.
Daniel Pennac non mi pare molto invecchiato.
La sua saga, che è nata a metà degli anni Ottanta e ha conosciuto uno straordinario successo, ha come protagonista Benjamin Malaussène, di professione “capro espiatorio”. Ora troviamo una nuova generazione di Malaussène, i piccoli che nel frattempo sono cresciuti.
Il romanzo inizia con il rapimento di uno spietato affarista e Benjamin, assediato dall’overdose di notizie che ci circonda, non può scampare a questa informazione. Poi c’è anche Alceste, lo scrittore che ha scritto un’auto-fiction – il genere più in voga – perciò la sua famiglia lo odia. E’ lui che urla a Benjamin: “Resistere alla realtà non fa di te un resistente”. Parole sante. Nel frattempo Malaussène si è spostato. Dalla brulicante Belleville, il quartiere multietnico dove ha ambientato i suoi romanzi, oggi meta di visitatori e posto alla moda, sull’altopiano del Vercors, dove non c’è anima viva.
Marino Sinibaldi ci svela che Il caso Malaussène finisce con un “continua…”, preannunciando che ci sarà anche un sesto romanzo della serie.
La presentazione è già finita e a la gente si mette in fila per la dedica. Sono così numerosi che Daniel Pennac dichiara che firmerà solo per un’ora e un solo libro a testa.
Mentre sto in un angoletto per scattare le foto, vicino a me c’è una signora la cui figlia sta facendo la fila per l’autografo. Mi racconta che Daniel Pennac è una passione condivisa. Dice che sua figlia Sofia legge molto e questo lo si deve in parte alla scuola, dove li fanno leggere, e in parte a lei che a casa ha istituito una “serata lettura” e una “serata noia” a settimana. Si potrebbe dire che ogni scrittore ha i lettori che si merita. Passi la “serata lettura”, ma nella serata noia che succede?
Fantastico pezzo, bravissima. La notazione sul tamponamento sembra inutile, ma non lo è: testimonia la fatica di vivere, il coraggio di affrontarla, e la passione per la letteratura. E ancora : in quanti avrebbero fatto la stessa cosa per – chesso’- un Albinati?
Se butti Albinati dal finestrino finisci in galera per omicidio colposo 🙂 Grazie Silvia!