Ho scoperto questo scrittore americano mentre preparavo la recensione al libro di Tom Wolfe L’acid test al rinfresko elettriko, che è interamente dedicato a Ken Kesey, l’autore di Qualcuno volò sul nido del cuculo, e ai suoi amici Merry Pranksters (allegri burloni). E’ così che sono venuta a sapere che l’autore culto di Ken Kesey era Theodore Sturgeon. Allora ho cominciato a leggere i suoi romanzi, tra cui More than human, del 1953, che alcune edizioni italiane traducono con Più che umano e altre con Nascita del superuomo. L’edizione che ho letto io, edita da Giano, traduce il titolo alla lettera e io lo preferisco perché il superuomo evoca idee del tutto fuori luogo.
Dopo aver fatto mille mestieri, Sturgeon esordisce a ventun anni, nel ’39, con il racconto Ether Breather, sulla rivista «Astounding Science Fiction». Poi continua a scrivere racconti su questa e altre riviste, fino al 1950, quando pubblica il suo primo romanzo The Dreaming Jewels, tradotto in Italia con il titolo Cristalli sognanti nel ’53, nell’appena nata collana Urania. Mentre collabora con l’industria cinematografica e televisiva – negli anni ’60 scrive le sceneggiature di alcuni episodi di Star Trek – continua a scrivere romanzi come Più che umano, I figli della medusa, Un po’ del tuo sangue. Il suo ultimo romanzo, Godbody, è stato da poco tradotto in italiano (leggi qui la nostra recensione).
Premetto che non sono né un’appassionata di fantascienza, né tanto meno un’esperta di questo genere. Diciamo che, come molti ormai, non divido la letteratura in generi ma in libri migliori o peggiori.
In questo romanzo si trovano richiami profetici sul futuro dell’umanità, pieni di spiritualità e speranza. Nella visione dell’autore, la salvezza dell’umanità sta nell’amore, nella cooperazione tra gli individui e in un comportamento etico. In Più che umano prefigura il superamento dell’homo sapiens a favore dell’homo gestalt. Questi non sarà un singolo essere umano, ma un insieme di facoltà appartenenti a individui diversi che si fonderanno, si uniranno per risolvere i loro problemi. Nella realtà romanzesca, ciò avviene attivando facoltà mentali come la telepatia, la telecinesi e la gestalt, appunto, ovvero la capacità di cooperare, la capacità per cui “l’intero è maggiore della somma delle parti”. Del resto come non pensare che l’unica salvezza dalle tragedie che incombono su di noi – vedi mutamenti climatici e guerre – non sia una ritrovata solidarietà allo scopo di sopravvivere su questa nostra Terra?
Il libro porta il lettore in una dimensione “altra”, ma sempre umana: i “poteri” dei personaggi derivano dalla loro mente e non da entità sovrannaturali. Ci si identifica con questi personaggi che vediamo come in un film psichedelico, cioè un film che avviene solo dentro la mente di qualcuno. Lo strumento di cui questi si servono è la telepatia, la capacità di comunicare con l’energia della mente in maniera immediata e intuitiva.
Il linguaggio di Sturgeon evoca quello beat–hippy degli anni ’60 e la comunicazione telepatica viene definita “fondersi” gli uni con gli altri: termine che rimanda al tune in, il “sintonizzati” di Timoty Leary, uno degli indiscussi guru degli hippies di San Francisco.
Del resto fondersi è quello che hanno sempre cercato di fare, con o senza le droghe, Jack Kerouac con Neal Cassady, Allen Ginsberg con Neal Cassady e Kerouac, Lenore Kandel con Sweet William, e gli Allegri burloni di Ken Kesey tra di loro. E’ stato questo il Grande Esperimento di quegli anni.
I personaggi principali di Più che umano vengono mostrati fin dall’inizio del romanzo, ognuno con la sua triste storia infantile che sarà la causa e il motore del resto della sua vita: Lone, Gerry, Janie, le due gemelline Bonnie e Beanie e Baby, il bambino mongoloide nella culla. Le loro vite si intrecceranno nel corso di tutto il romanzo perché tutti e sei hanno in comune l’essere stati rifiutati da qualcuno. Tra di loro c’è una comunicazione spontanea e telepatica che chiamano, appunto, fondersi. Janie la spiega così: “Se vuoi sapere qualcosa me lo dici e io lo dico a Baby. Lui trova la risposta e la dice alle gemelle, loro la dicono a me e io la dico a te”.
Baby, il bambino mongoloide è l’oracolo, o se preferite è il guru a cui si chiede, Janine e le gemelline – Bonnie e Beanie – sono le intermediarie, mentre Lone o Gerry fanno le domande, fungendo da adepti del guru Baby.
Ognuno di loro ha funzioni diverse ma forma, fondendosi con gli altri cinque, un unico sistema che rappresenta l’evoluzione dell’homo sapiens. Sono la nuova specie umana, l’homo gestalt.
Ma un giorno il gruppo incontra Mrs. Kew e qui cominciano i guai. A contatto con la bisbetica e razzista signora che li ospita nella sua bella casa e li costringe ad una rigida educazione vittoriana, i ragazzi cominciano a perdere il loro potere, la loro intima comunicazione telepatica. Dice Gerry ad uno psicanalista: “Ci svegliavamo tutti alla stessa ora. Facevamo quello che voleva qualcun altro. Trascorrevamo la giornata al modo di qualcun altro, pensando i pensieri di qualcun altro, dicendo le parole di qualcun altro. Janie dipingeva i quadri di qualcun altro, Baby non parlava con nessuno e noi eravamo contenti così. Non ci fondevamo più… alla fine dovetti uccidere Mrs. Kew”.
Nell’ultima parte del romanzo, il personaggio di Hip, che ha subito anche lui rifiuti e sofferenze fin da bambino, diventa il protagonista. Hip, che è stato perseguitato da Gerry perché ha scoperto il segreto dell’antigravità di cui si servono le gemelline Bonnie e Beanie per volare nello spazio, potrebbe compiere un’azione morale: “uccidere un mostro”. Invece compie un atto etico, farà in modo che l’altro provi vergogna e lo libererà.
Riuscendo a “vedere” gli errori che si erano dimenticati e le circostanze che li avevano prodotti, l’etica non prevede la punizione, prevede l’intuizione, l’auto-consapevolezza e la conseguente vergogna.
Vedendo gli errori si prova vergogna, si soffre. Da questa sofferenza che è consapevolezza del male compiuto verso gli altri, nasce il comportamento etico. Il comportamento morale riguarda la massa, l’intera società umana così com’è ora. L’uomo nuovo sarà l’uomo etico, colui che grazie “all’intuizione” si darà un codice etico per essere sempre pienamente consapevole e rispettoso.
La moralità è quella che porta ad “uccidere il mostro”, cioè i propri nemici, gli avversari, che riempie le carceri, le camere della morte, i campi di guerra. Che riempie le famiglie di sofferenza, come è capitato a tutti i bambini protagonisti di questo romanzo.
Non bastasse la ricchezza, la profondità, la bravura di Theodore Sturgeon nell’intrecciare tra loro le storie passate, presenti e future dei personaggi, c’è l’ultima pagina del romanzo. Non la riassumo e non tento di spiegarla. E’ una specie di vangelo dell’uomo nuovo, la parola di un essere illuminato.