La rivoluzione dei Gialli Mondadori negli anni ’70

La rivoluzione dei Gialli Mondadori

In Italiano esiste un termine, “giallo”, che non ha un riscontro nelle altre lingue: per esempio, in inglese può essere tradotto indifferentemente con detective story, mystery, crime novel, whodunit, police procedural, thriller e altre espressioni ancora. Questo avviene perché nel lontano 1929, dei generi narrativi diversi sono stati presentati tutti insieme al pubblico italiano in una collana dell’editore Mondadori, caratterizzata dalla copertina gialla.

Tra un thriller e un mystery esistono differenze abissali e per di più, un mystery o un thriller possono presentarsi nella forma di detective story, oppure di police procedural, o in altre ancora. Ma nell’immaginario popolare, tutti i generi cui si è accennato sono identificati con questa collana. Al punto che altri editori, al momento di lanciare collane simili, si sono serviti dello stesso termine.

Si può dire dunque che, in Italia, il Giallo Mondadori abbia sempre occupato una posizione dominante nel settore. E, comunque, tutti i suoi numeri hanno sempre venduto decine di migliaia di copie. Il che, in un paese di analfabeti di ritorno come il nostro, è un vero miracolo. Oltretutto, i Gialli Mondadori hanno sempre avuto una diffusione trasversale: tra i loro lettori abituali si trovano casalinghe, insegnanti, impiegati, operai, commessi, commercianti, professionisti e – per loro esplicita confessione – intellettuali del calibro di Leonardo Sciascia e Giuseppe Petronio. Non è azzardato affermare che, attraverso l’analisi dei cambiamenti intervenuti in questa collana, si possa comprendere anche l’evoluzione dell’intero genere.

Nel periodo che va dal gennaio 1970 al dicembre 1979
escono i numeri dal 1092 al 1613

Questo è un tempo di importanti cambiamenti, innanzitutto per ragioni anagrafiche. Infatti vengono a mancare alcuni dei più autorevoli rappresentanti della “vecchia guardia”, come Erle Stanley Gardner (1970), Rex Stout (1973), John Creasey (1973), Agatha Christie (1976) John Dickson Carr (1977) e Brett Halliday (1977). Mentre altri come George Harmon Coxe, Ellery Queen, Ross Macdonald, cessano di scrivere per ragioni di vecchiaia o di salute.

Considerando l’enorme apporto dato da questi nomi al successo della collana – se si pensa che del solo Gardner sono usciti ben 103 titoli, 75 firmati con il suo nome e 28 con lo pseudonimo di A.A.Fair – si comprende subito la necessità di rimpiazzarli. Inoltre, quasi tutti gli autori appena menzionati appartengono, per così dire, all’ala “destra” del giallo, essendo attestati su posizioni conservatrici e ostili a ogni cambiamento, sia nell’arte, sia in politica. Fanno eccezione Gardner e Macdonald, due maestri sempre un passo avanti rispetto agli altri, cui le successive generazioni di scrittori devono molto: chi abbia dei dubbi al riguardo può fugarli leggendo gli ultimi due titoli di Macdonald, La bella addormentata del 1974 e Lew Archer e il brivido blu del 1977. Il rinnovamento del “parco autori” avrà, tra le sue conseguenze, un deciso spostamento “a sinistra” della collana.

Spariscono gradualmente i gangsters assetati di sangue e potere

Si può constatarlo, quasi subito, dalla maggiore attenzione verso una narrativa più attenta alla realtà quotidiana. I palazzi gentilizi e gli antichi castelli che avevano fatto da sfondo a molti romanzi del passato, cedono il passo a città congestionate e a paesi di campagna abitati da piccoli e medi borghesi. Spariscono gradualmente anche i gangsters assetati di sangue e potere che dominavano intere regioni. Per essere sostituiti da affaristi senza scrupoli che, dietro le maschere di imprenditori dediti al lavoro e alla rispettabilità sociale, nascondono la capacità di commettere le peggiori nefandezze. Migliora anche la qualità letteraria delle opere pubblicate. Non c’è più il massiccio ricorso agli stereotipi di un tempo e si cerca di dare un minimo di spessore ai personaggi.

Agatha Christie. La rivoluzione dei gialli Mondadori.
Agatha Christie

La svolta più decisiva riguarda le scrittrici

Il panorama del Giallo al femminile era stato per lungo tempo dominato da figure come Agatha Christie, convinte propugnatrici di un’ideologia familiare rigorosamente maschilista. Le donne potevano avere ruoli “positivi” solo in vesti di anziane matriarche, di angeli del focolare, di eccentriche zitelle dedite a gatti e nipoti, o di figure comunque quasi asessuate. Mentre il favore di un pubblico tradizionalista aveva relegato in una nicchia per lettori più esigenti le narratrici di maggior spessore, come Elisabeth Sanxay Holding. (leggi qui il nostro articolo).

Le scrittrici che emergono grazie al “Giallo Mondadori” negli anni ’70 (o che consolidano la loro fama se erano già attive, come l’americana Ursula Curtiss), mostrano una ben diversa sensibilità. Non sono vere femministe. Ed è la loro fortuna, visto che restano lontane dalle tentazioni ideologiche e dalle opere “a tesi”. Ma sanno offrire una lucida e precisa testimonianza della condizione femminile.

Ruth Rendell

Nel 1970 viene tradotto per la prima volta in italiano un romanzo di Ruth Rendell, Il mio peggiore amico. L’autrice presto si affermerà – sia con la serie del sovrintendente Wexford, sia con i numerosi romanzi senza personaggi fissi – come la maestra del Giallo ambientato nella vita di tutti i giorni. Poi, durante il resto del decennio, saranno scoperte numerose autrici dello stesso genere, forse meno brave della Rendell, come Hilda Van Siller, notevoli Nell’occhio del ciclone, del 1970 e Lenora, del ’74, Willo Davis Roberts, In chiave di paura, 1979, Mildred Davis, Appuntamento col destino, 1976, Jan Roffman, Un attimo per sopravvivere, 1976, Rosemary Gatemby, Relazioni micidiali, 1973 e Margaret Yorke, Morire all’alba, 1978.

Per motivi incomprensibili, è trascurata una delle migliori. Si tratta di Margaret Millar, nella vita, moglie di Ross Macdonald, in questo periodo attivissima. In tutto il decennio viene presentato un suo solo titolo, Cercatemi domani, sarò morto, nel 1977, ma per fortuna, sarà recuperata nei due decenni successivi.

Non più “pistole intarsiate, curaro e pesci tropicali”

Nei romanzi di queste scrittrici, gli intrecci si dipanano, non di rado, secondo gli schemi convenzionali del mystery, ma si evitano quelle amenità inverosimili del genere, come “pistole intarsiate, curaro e pesci tropicali” che mandavano in bestia Raymond Chandler o critici come Edmund Wilson. Le donne hanno sempre i ruoli che avevano prima, imposti loro dalle convenzioni della società, ma non li accettano più passivamente. E non considerano la propria identità solo in rapporto ad essi. In modo garbato, ma inequivocabile, si sottolinea spesso che anche le donne possono essere soggette alle stesse inclinazioni e alle stesse pulsioni degli uomini. E con altrettanta intensità. In molte occasioni, la suspense che dà il ritmo alla storia è creata, o amplificata, dalla fragilità interiore di queste figure femminili. Sono verosimili esempi di donne in crisi che non hanno, o credono di non avere, la forza di uscire dalla situazione critica.

Un altro contributo, non meno importante, delle scrittrici come Ruth Rendell, sta nell’aver tratteggiato anche una serie di personaggi maschili “positivi” che costituiscono il rovescio della medaglia di quelli femminili appena descritti. Né machos, né debosciati e neppure figure caricaturali, ma uomini modesti, dalla quotidianità grigia, eppure ricchi di interiorità. Uomini la cui solida virilità non si esprime attraverso l’esibizione dei muscoli o con l’incosciente sprezzo del pericolo, ma con l’assunzione, fino in fondo, delle proprie responsabilità.

La maschera dell'assassino. Gialli MondadoriIl grigio piccolo borghese

L’uomo grigio, il piccolo-borghese dalla vita senza sussulti, è al centro anche dei romanzi di buona levatura, scritti da diversi autori di scuola inglese. Jeffrey Ashford, John Wainwright, Hamilton Jobson, Douglas Enefer, Harry Carmichael (pseudonimo del poliedrico canadese L.H.Ognall che contemporaneamente scrive una serie thriller americana firmandosi Hartley Howard, pure pubblicata nel “Giallo”). Piccolo-borghesi non sono solo i personaggi che muovono l’intreccio, ma spesso anche gli investigatori che dipanano le matasse, come il perito assicurativo John Piper creato da Carmichael, protagonista di una eccellente serie con almeno tre romanzi indimenticabili: Delitto al rallentatore del 1971, La maschera dell’assassino del 1972 e Il movente del 1975. In questi romanzi, quasi sempre, i personaggi maschili sono all’altezza di quelli delle scrittrici, mentre quelli femminili faticano a scrollarsi di dosso alcuni stereotipi consolidati. Questo almeno nei primi tempi in cui resistono la Fatalona Cattiva, la Fanciulla Virtuosa, la Buona Moglie.

La belva deve morire. Gialli MondadoriLa vera perla che riguarda la scuola inglese è però la riscoperta di La belva deve morire, nel 1977: un vecchio eccellente romanzo del 1938, firmato Nicholas Blake, pseudonimo con cui il poeta Cecil Day Lewis, padre del noto attore Daniel, scrisse alcuni dei più originali gialli degli anni ’30. Romanzo destinato a diventare anche un celebre film, diretto da Claude Chabrol e intitolato Ucciderò un uomo. Altro capolavoro ritrovato che costituisce un esempio davvero geniale di Giallo storico, è La figlia del tempo di Josephine Tey del 1976, nel quale si illustra la teoria, attendibile e suffragata da parecchi indizi, che i “principini nella Torre di Londra”, scomparsi misteriosamente nel 1483, siano stati assassinati da Enrico VII Tudor e non da Riccardo III di York, come invece sostenuto dalla tradizione.

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Fine della prima parte
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Roberto Cocchis

Roberto Cocchis

Classe 1964, insegnante di liceo, autore di un piccolo successo editoriale (Il giardino sommerso, Lettere Animate, 2017) e di altre opere di narrativa, collaboratore di Cronache Letterarie e di Vanilla Magazine; amo i misteri e i gialli, sia quelli veri sia quelli inventati, con preferenza per quelli dimenticati e soprattutto quelli introvabili: vedi la mia rubrica su Cronache Letterarie.

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