Westworld. Quanti mondi in una sigla

Con una media di ascolti di circa 12 milioni di spettatori su tutte le piattaforme che l’hanno distribuita, la prima stagione di Westworld è in assoluto la stagione esordiente più vista nella storia della HBO (la prima stagione di Game of Thrones ottenne una media di 3.3 milioni di spettatori, contro la prima stagione di The Walking Dead che ne annovera poco più di 5 milioni).

Rinnovata per una seconda stagione che vedremo quest’anno, molti parlano già del degno erede di Game of Thrones, che, invece, nel 2018 non andrà in onda e ci lascerà definitivamente nel 2019.

Westworld è una serie ideata da Jonathan Nolan  e Lisa Joy. E’ basata sull’omonimo film Westworld (Il mondo dei robot in italiano) del 1973, scritto e diretto da Michael Crichton. Si tratta della storia di un parco divertimento popolato da androidi, ideato per consentire a facoltosi visitatori delle esperienze uniche a tema western. Ogni azione in Westworld è possibile, senza alcuna ripercussione morale e legale. Per rendere gli androidi sempre più simili agli umani, il dottor Ford (un accattivante Anthony Hopkins) aggiorna continuamente la loro memoria con esperienze simili ai sogni ad occhi aperti. Il cortocircuito tra input umani e comandi impostati, rende presto gli androidi instabili e pronti alla ribellione.

Sono tanti i motivi che fanno della serie un successo, qui vorrei parlarvi di come, ad esso abbia contribuito anche la quasi maniacale accuratezza della sigla.


Scheda tecnica
Director: Patrick Clair
Lead Animator/Compositor: Raoul Marks
Design & Visual Research: Paul Kim, Jeff Han, Felix Soletic, Maxx Burman, Henry DeLeon, Dan Alexandru
Storyboard Artist: Lance Slaton
Lighter: Shamus Johnson
Animator/Compositor: Yongsub Song
Head of CG: Kirk Shintani
3D Artists: Jose Limon, Jessica Hurst, Dustin Mellum, Rie Ito, Joe Paniagua
3D Rigging: Josh Dyer
Producer: Ben Foster
Supervising Producer: Carol Salek
Head of Production: Kim Christensen
Managing Partner: Jennifer Sofio Hall

Il direttore artistico del lavoro non è nuovo a questa rivista. Avevamo già parlato di Patrick Clair in questa rubrica, nello spazio dedicato alla sigla di True Detective. Sì, perché a produrre la sigla di Westworld è ancora Elastic, già nota al pubblico, oltre che per True Detective, anche per le sigle di Game of Thrones, Daredevil, The Leftovers, Deadwood, Carnivàle, The Night Manager, Halt and Catch Fire, The Americans, The Man in the High Castle, Flesh and Bone, Masters of Sex, Luke Cage e molte altre.

Una delle influenze più determinanti per il mood della sigla è sicuramente la sua componente sonora. A realizzarla, Ramin Djawadi, autore anche delle musiche di Game of Thrones e Person of Interest, con la supervisione di Thomas DeGorter, vincitore di un Emmy per la colonna sonora di Lost. Ramin studia la colonna sonora in modo attento e propone uno “stile saloon” per ogni accompagnamento. Oltre al pezzo per la sigla, molti sono i brani moderni che egli utilizza riarrangandoli, da Ain’t No Grave di Johnny Clash, a Paint it Black dei Rolling Stones, o A Forest dei Cure, e Exit Music (For a Film) dei Radiohead, in chiusura del decimo episodio. E’ possibile controllare la lista completa delle sue cover anche su Spotify.

Egli dichiara in una intervista a Billboard: “Mi piaceva l’idea di usare canzoni conosciute per potenziare una scena piuttosto che scrivere mie composizioni. Usare queste canzoni per creare un livello di ripetizioni e confort, fa parte dell’intrattenimento e ci ricorda che è un parco giochi che tuttavia non è da vedere come irreale, considerando quanto siano perfetti i robot anfitrioni. Non sappiamo chi è chi e questo ci aiuta a perderci in questo mondo”.

Il mondo che ci viene presentato nella sigla è molto suggestivo a livello visivo.

Tutto ha inizio all’alba di un paesaggio sconosciuto, in cui a sorgere non è un sole naturale. Piuttosto è qualcosa che si costruisce mentre lo vediamo, attraverso una macchina che appare molto ingegnosa. La prima costruzione ad apparire è la gabbia toracica di un cavallo, rappresentato come giocattolo che avrà nel parco divertimenti della serie un ruolo molto importante, come simbolo della sua ambientazione.

Vediamo poi strumenti robotici danzare con precisione, accordando corde di un pianoforte come tendini. Il cavallo inizia a galoppare, guadagna velocità mentre le macchine continuano il loro lavoro. Un cavaliere mezzo uomo e mezzo carne scoperta, sale in sella con una rivoltella a sei colpi nella presa. Il piano suona grazie a delle mani scheletriche – l’animatore Raoul Marks usa proprio le mani di Ramin per la sequenza – e i due amanti si abbracciano, esposti e non completi. Il piano continua a suonare, ora senza il suo suonatore, che è tornato a creare, scrivere, disegnare (vedi  parte dello storyboard sotto).

Westworld Storyboard
Westworld Storyboard 1
Westworld Storyboard
Westworld Storyboard 2
Westworld Storyboard
Westworld Storyboard 3

In un’intervista rilasciata per Art of the Title, il direttore artistico Patrick Clair afferma di aver lavorato sul concetto di ‘attrazione’ per farsi ispirare. Westworld offre una riflessione generale sul mondo della fantascienza e su come il mondo del vizio e del desiderio ci domini in moltissime decisioni che prendiamo. L’attrazione diventa così, per Patrick, emblema del nostro lato oscuro, che ci domina, poi però diventa ridondante ed infine ci abbandona, uccidendoci. Per fare questo adotta un giusto mix di design futuristico e iconografia del vecchio e selvaggio West.

Tutta la costruzione dello storyboard parte da una ispirazione visiva fondamentale: il video di Chris Cunningham per Björk,  All is Full of Love, del 1999. Il video è un’installazione permanente al Museum of Modern Art di New York ed è considerato un punto di riferimento dell’animazione computerizzata.

Con tale idea in testa, Patrick non poteva che avviare un progetto in cui l’animazione non fosse dominante. In questo senso, determinante è stato il contributo di Raoul Marks, con cui Patrick collabora dai tempi della sigla di True Detective, che riesce a curare in modo eccellente aspetto tecnico ed impatto emotivo del progetto. Relativamente ai software, per dare vita a ciò che vediamo, molti modelli 3D sono realizzati con ZBrush, ma anche con Maya. Tutto è composto in After Effects e Octane, il software su cui pare si punti di più al momento.

cowgirl
Alcuni modelli della Cowgirl

Il risultato è sicuramente degno dell’impegno del team.

Grazie ad un connubio riuscito tra movimenti visivi e sonori, colori che mescolano la freddezza della meccanizzazione con la passione implicita nei movimenti, la sigla suggerisce, ma non svela. Inquieta, ma non smette mai di attrarre, nascondendo una simbologia universale e, in quanto tale, eterna.

Gianna Angelini

Gianna Angelini

Direttrice scientifica e responsabile internazionalizzazione di AANT (Roma), docente di semiotica e teorie dei media, giornalista. Insegno per passione, scrivo per dedizione, progetto per desiderio.

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