Narcos è una serie americana creata da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro per Netflix. La serie racconta la storia della diffusione della cocaina tra USA ed Europa negli anni Ottanta. Incentrata nelle prime due stagioni sulla lotta contro il narcotrafficante Pablo Escobar e il cartello di Medellìn, si occupa, nella terza, del cartello di Cali e, nella quarta, del cartello di Guadalajara.
Resa inconfondibile dalla voce di Rodrigo Amarante, la sigla di Narcos è indubbiamente degna di approfondimento. Prodotta dalla Digital Kitchen Los Angeles, la stessa di True Blood e Dexter, sotto la direzione artistica di Tom O’Neill, la sigla si presenta come un vero e proprio passaporto senza tempo per un viaggio di sola andata verso l’universo del narcotraffico colombiano. Il video alterna materiale originale a materiale d’archivio e footage, per una creazione che lascia il segno.
Scheda tecnica:
Main Titles Design: Digital Kitchen Los Angeles/DK Studios
Creative Director: Tom O’Neill
Production Designer: Harshit Desai
Lead Animator/Compositor: David Badounts
CG/Design Lead: Joshua Smith
Editor: Nik Kleverov
Producer: Paul Makowski
Live Action Producer: Chad Stanley
Executive Producer: Cynthia Biamon e Erica Coates
Music: Pedro Bromfman
Song: “Tuyo” by Rodrigo Amarante
Los Angeles, 2015. Chris Brancato, uno dei creatori della serie, Eric Newman, executive producer e José Padilha, producer e direttore, bussano alla porta della DK per commissionare la realizzazione dei titoli di testa e fornire tutti i dettagli della serie, comprensivi della traccia audio che avrebbe dovuto essere usata per la sigla. Il mondo del narcotraffico, si sa, è pieno di cliché e luoghi comuni. Pablo Escobar è una figura ormai leggendaria che esprime una serie di contraddizioni: dal fascino del potere che culmina spesso nell’agiografia popolare, alla ripugnanza generata dalla violenza più estrema da lui esercitata. Per assicurarsi un prodotto originale, Tom O’Neill, il direttore creativo del progetto, avvia una serie di ricerche sul campo.
Una delle sue più importanti fonti di ispirazione è rappresentata da un libro fotografico: The Memory of Pablo Escobar, del fotografo James Mollison. Il testo contiene un archivio di oltre 350 foto che testimoniano l’evoluzione del “regno” di Escobar: oltre a momenti della sua vita da criminale, anche momenti di vita familiare e tracce del suo passato.
L’analisi dell’immagine dell’uomo, che paradossalmente viene vissuto dai colombiani, soprattutto i più poveri, quasi come un eroe popolare, convince Tom a spostare il focus del suo lavoro dall’uomo, alla storia del narcotraffico e del coinvolgimento americano in esso.
Di qui l’attacco della sigla, che ci introduce in un mondo di intercettazioni telefoniche, aerei che movimentano la merce e tanta, tanta cocaina, sotto forma di molti kg di bicarbonato di sodio.
La scelta di concentrarsi sull’evoluzione del mercato aperto da Escobar, impone la necessità di inserire nella sigla delle testimonianze originali dell’epoca. Per questo, Tom contatta El Chino, il fotografo personale di Pablo Escobar, le cui fotografie arricchiscono il testo di Mollison. La ricerca delle foto d’epoca comporta un problema duplice per la produzione, uno di tipo tecnico, poiché la sigla è girata in 4k mentre le immagini di repertorio sono di bassa qualità, ma, sopratutto di tipo legale, visto che la maggiorparte delle figure rappresentate nelle foto non gradisce di certo una pubblicità televisiva. Ad esempio, tutte le foto delle squadre sportive risultano inutilizzabili, così come uno scatto molto interessante di Escobar con il figlio davanti alla Casa Bianca.
Nonostante i problemi legali e tecnici, la produzione decide comunque di utilizzare gli scatti di El Chino, modificandoli spesso in post produzione, poiché essi, catturando gli uomini vicini a Pablo, i suoi “operai”, il popolo, i bambini che lo circondavano, sintetizzano molto bene l’intento di ricostruire, più che la vita dell’uomo, l’atmosfera che egli riuscì a creare con i suoi traffici. La commistione di vecchio e nuovo riesce perfettamente grazie ad un adattamento delle immagini con degli effetti in After Effects, ma indubbiamente, il processo viene agevolato dalla traccia musicale. Ricevuto sin dall’inizio dalla casa di produzione, il brano “Tuyo” di Rodrigo Amarante sigilla in modo omogeneo e coerente tutto l’universo visivo imbastito dall’Art director, permettendo la costruzione di un video fluido e molto impattante.
Lo stesso Jovanotti, fan della serie, ne è incantato al punto di offrirne una cover sul suo canale Instagram.
Relativamente al lato tipografico, Tom si affida al Neue Haas Grotesk per il lettering, progenitore dell’Helvetica, un font particolarmente in voga negli anni ’70. Questo a ribadire la collocazione temporale dell’ambientazione dell’universo di ispirazione visiva della sigla, che è rappresentato – come lo stesso Tom spiega in un’intervista per Arts of Title – dalla produzione di Maurice Blinder per James Bond, così come l’opera di Lardani e dal mondo degli Spaghetti Western. Da quegli anni insomma.
In definitiva, una sigla che non si dimentica, in cui le distese di bicarbonato utilizzate per mostrare l’esplosione di cocaina generata dai movimenti dei cartelli, cementifica in un immaginario che la canzone contribuisce a fissare.
Un sigla che, dopo averla rivista più volte per scrivere questo pezzo, non fa che rendere più insofferente l’attesa della nuova stagione.
Complimenti, un aricolo veramente ben scritto senza inutili svolazzi pindarici. Riesce a cogliere perfettamente lo spirito della serie e il notevole sforzo tecnico eseguito.
Grazie Giacomo!