1953, lo stabilimento Olivetti a Pozzuoli cancella le barriere tra esterno e interno e diventa il posto di lavoro più bello del mondo.
“Così, di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata, nell’idea dell’architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. Abbiamo voluto anche che la natura accompagnasse la vita della fabbrica. La natura rischiava di essere ripudiata da un edificio troppo grande, nel quale le chiuse muraglie, l’aria condizionata, la luce artificiale, avrebbero tentato di trasformare giorno per giorno l’uomo in un essere diverso da quello che vi era entrato, pur pieno di speranza. La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza. Per questo abbiamo voluto le finestre basse e i cortili aperti e gli alberi nel giardino ad escludere definitivamente l’idea di una costrizione e di una chiusura ostile…”
La natura lavora in fabbrica
E’ il 23 aprile 1953, Adriano Olivetti inaugura così lo stabilimento di Pozzuoli. A progettarlo è Luigi Cosenza, architetto napoletano, a cui si unisce Pietro Porcinai, paesaggista fiorentino. Tutti e due si intendono perfettamente con la filosofia “comunitaria e umanista” di Olivetti.
Cosenza, l’architetto “comunista” che si batte contro la speculazione edilizia, crede che pianificare significhi superare l’individualismo e risolvere l’antitesi fra individuo e collettività. Porcinai è convito che una società governata esclusivamente dal dogma dell’economia porterà alla distruzione della natura, inclusa quella umana.
Invece la collaborazione con l’architetto, designer e pittore Marcello Nizzoli era iniziata nel ’40. Nizzoli divenne un disegnatore industriale di grande successo, progettando calcolatrici e macchine da scrivere, tra cui la Lexikon 80, la Diaspron 82 e la Lettera 22, entrate nella storia del design.
La fabbrica “ideale” di Ivrea, trasferita nel golfo di Pozzuoli si trasforma. Colpito dalla bellezza del luogo, Olivetti percepisce la forza rigeneratrice della natura e immagina un operaio che quando stacca gli occhi dal lavoro ripetitivo (anche se la postazione è accogliente si tratta sempre di montare macchine per scrivere e calcolatrici) getti uno sguardo sul golfo e riprenda rinfrancato ad assemblare.
Michele Soavi, regista del film tv su Olivetti (Adriano Olivetti – La forza del sogno), nonché suo nipote, in una intervista al Corriere della Sera descrive così il nonno:
“Se è possibile definire una persona multiforme come Adriano Olivetti con una parola, direi che era un paesaggista. Mia madre mi raccontava che lui si incantava a guardare una valle, una montagna, un bosco. Il rapporto con l’ambiente per lui era decisivo. Avvertiva fortissima la magia dei luoghi. A volte passando in macchina da un posto, si fermava di colpo e scendeva a fare una passeggiata”.
L’unicità della fabbrica di Pozzuoli sta nel rapporto tra uomo e natura
La realizzazione di una fabbrica a dimensione umana c’era già stata: Robert Owen nel 1800 acquistò il villaggio ed i cotonifici di New Lanark, in Scozia, e ne fece un laboratorio per la sperimentazione e la messa in pratica delle idee socialiste ed umanitarie. New Lanarck divenne un esempio per mettere in pratica una produzione efficiente con alti salari, ore di lavoro ridotte, protezione delle donne e dei minori, buone case, fabbriche areate e circondate dal verde. Tuttavia l’idea della forza rigeneratrice dell’ambiente che circonda il lavoratore è un’intuizione originale di Adriano Olivetti. Anche se Goethe ebbe un’ispirazione analoga quando costruì un parco sul fiume Llm, come luogo dove l’uomo poteva ritrovare la propria natura originaria.
La fusione dei due elementi – benessere del lavoratore e forza della natura – si percepisce in tutto lo stabilimento di Pozzuoli: una struttura a croce consente di avere luce e verde su quattro lati, postazioni di lavoro comode tutte con vista golfo, una mensa che segue le inclinazioni del terreno e affaccia sul Vesuvio, mentre le immense vetrate di cristallo “aprono” la fabbrica, eliminando la barriera tra interno ed esterno. “Voglio che lei capisca il nero di un lunedì nella vita di un operaio“: diceva Olivetti ai suoi dirigenti. E a Pozzuoli il nero lunedì sembra sconfitto.
Esattamente come per Owen, il modello industriale di Olivetti fu osteggiato dagli altri imprenditori. Confindustria confondeva il comunitarismo ispirato a Jacques Maritain di Olivetti, con il comunismo. Angelo Costa, presidente di Confindustria, lo definiva “imprenditore rosso”, mentre dalla parte opposta i sindacati lo chiamavano “paternalsocialista”.
Dopo la morte di Adriano, la Olivetti ha continuato sul terreno dell’innovazione fino alla fine degli anni ’80, quando innumerevoli passaggi di proprietà interessate al marchio più che alla produzione industriale, la condannarono a una lenta agonia. Attualmente nell’ex fabbrica Olivetti, rinominata “comprensorio Olivetti”, troviamo alcune aziende tecnologiche, una sede del CNR dedicata alle scienze applicate, uffici Vodafone e alcune piccole imprese locali. Questi insediamenti hanno impedito che l’ex fabbrica dei sogni cadesse in rovina.
Oggi il modello Olivetti impazza tra i giganti del web
Amazon ha inaugurato a Seattle una foresta pluviale all’interno de Le Sfere, il suo quartier generale, l’Apple Park di Cupertino è un disco di un chilometro e mezzo di circonferenza con novemila alberi piantati all’interno. Il nuovo campus Google, che dovrebbe realizzarsi a partire dal 2019, avrà tetti verdi e terrazze che degradano dolcemente verso il terreno.
I tre edifici sono spettacolari e il verde è protagonista, tuttavia non danno l’impressione di abbattere la barriera tra uomo e natura, o di modificare radicalmente i rapporti di lavoro, forse perché siamo influenzati dall’eleganza dello stabilimento di Pozzuoli e dallo spirito comunitario che lo pervade.