Il potere del cane di Thomas Savage. Ovvero della gentilezza calpestata

Il potere del cane. Cronache Letterarie

Ripubblicato nel 2016 da Neri Pozza, con la traduzione di Luisa Corbetta, Il potere del cane di Thomas Savage è un romanzo caratterizzato da un’introspezione psicologica molto accurata e da un’ambientazione attenta ai dettagli. Ricco di sfumature ma serrato nella trama che rimane impressa nell’immaginazione del lettore, incollato alla descrizione dei luoghi e agli sviluppi del plot.

Il libro nel primo anno di pubblicazione, il 1924, vendette solo 1000 copie. Non fu apprezzato dai lettori americani, forse per la problematica estrema di omofobia e violenza, o forse perché l’idea del Far West risultava all’epoca ancora idealizzata e i cow boy venivano rappresentati come eroi solitari ma leali.

Il potere del cane di Thomas SavageIl romanzo racconta le vicende di una famiglia americana di bostoniani trasferiti nel Montana negli anni Venti. I genitori, chiamati dai figli “i vecchi signori”, continuano a comportarsi da snob e raffinati in un ambiente estremo, lontanissimo dalla loro cultura ed educazione. Non si capisce perché abbiano deciso di trasferirsi in una zona così impervia e remota!

La seconda generazione, i due figli maschi Phil e George, si adeguano apparentemente bene al territorio e si trasformano in bravi e ricchi allevatori. I due fratelli hanno personalità opposte, l’uno brillante, simpatico e amato da tutti, abile anche nelle attività manuali, intelligente e comunque solitario. Viceversa George è inetto, imbranato, scarsamente dotato in ogni senso, ma mite e affidabile. Phil è fiero della sua capacità di entrare in relazione con i cowboy del ranch, ma si accorge che qualcosa li mette a disagio con il fratello.

La situazione prenderà un risvolto inatteso quando George deciderà di sposare la vedova di un medico anche lui “gentile”, che si è suicidato perché oppresso dalle dicerie sul figlio e incapace di reagire da “uomo”, come la realtà del luogo esige. Ed è stato proprio Phil a maltrattare e insultare il dottore ubriaco.

Il romanzo è disseminato di ritratti. Savage ha una grande capacità di mettere a nudo le vite interiori, di scavarne l’anima, fino a renderla trasparente e ci conduce a condividere il punto di vista dei vari personaggi. Compresi quelli più malvagi, inopportuni o inetti. Il paesaggio non fa da semplice sfondo narrativo, ma diventa a momenti protagonista e determina i caratteri e i comportamenti degli abitanti. Chi sopravvive a un ambiente così duro deve adattarsi o soccombere. Come avviene per il medico gentile o la famigliola di indiani che scappano dalla riserva per rivedere i pascoli da cui sono stati estromessi, solo per ritrovare un pezzetto della propria identità e di un passato in cui erano liberi e fieri.

Thomas Savage

Thomas Savage attinge a piene mani alla sua esperienza autobiografica: figlio di ricchi allevatori e a sua volta mandriano, domatore di cavalli, profondo conoscitore del paesaggio estremo del Montana, è capace di coglierne le sfumature sottili fra praterie e cieli, vento e sole accecante dell’estate. La gente del luogo ne ama l’azzurra foschia autunnale e i pascoli che si estendono all’infinito. Il personaggio di Phil, affascinante e crudele, è stato costruito pendendo spunto da un suo zio acquisito, Ed, che tormentava la madre, odiava la sorellastra e faceva di tutto per distruggerle psicologicamente.

Il figlio di Philipp Meyer

Leggendo questo romanzo non si può non ripensare a un altro grande titolo, più recente: Il figlio di Philip Meyer (leggi qui la nostra recensione). La saga di una grande e potente dinastia di texani di origine scozzese che l’autore propone sotto forma di diari, scritti in periodi e momenti diversi. Gli autori sono il patriarca, il “Colonnello” Eli McCullough. Peter, il solo dei suoi tre figli ad avere un carattere totalmente dissimile dal suo. E la pronipote Jeanne Anne, unica donna in mezzo a tanti maschi. Dagli avvenimenti si capisce benissimo come la famiglia abbia potuto costruire un patrimonio enorme non guardando in faccia a nessuno, calpestando tutti e non arretrando di fronte ad ingiustizie, prevaricazioni e violenza, dapprima come allevatori di bestiame e poi con il petrolio.

Il potere del caneTre generazioni messe a confronto che si muovono sotto la spinta di valori differenti in un romanzo che presenta spesso scene – come all’inizio – tanto agghiaccianti da scioccare il lettore. L’autore de Il figlio, che ha fatto una lunga ricerca storica, imparando persino la lingua dei Comanche, non può non aver avuto presente Il potere del cane, anticipatore di tematiche che verranno messe a fuoco e accettate in tempi più vicini a noi, tempi in cui l’America mostra senza infingimenti tutta la ferocia con cui è stata costruita la sua potenza, “di che lacrime gronda e di che sangue”.

Texas e Montana, zone di confine e selvaggia durezza, entrambe regioni da cui scaturisce la ricchezza del paese, si trasformano progressivamente ma senza mai abbandonare la crudeltà e le lacrime. Se ne Il Figlio la storia si snoda in un arco temporale molto lungo per spiegare meglio le ragioni dei forti e si capisce anche perché l’America sia un paese così legato all’uso delle armi, nel romanzo di Savage c’è un progressivo avvitarsi dei personaggi verso un centro che ne spiega il comportamento. C’è più scavo psicologico e allusività, ma sempre violenza cieca.

“Era sempre Phil a occuparsi della castrazione; prima tagliava via la sacca dello scroto e la buttava da parte; poi strizzava uno dopo l’altro i testicoli, incideva la guaina che li racchiudeva, li strappava e li gettava nel fuoco… dopo qualche istante i testicoli scoppiavano come enormi popcorn”.

Questo l’incipit, una magistrale epifania che alla luce della narrazione chiarirà perfettamente la tragedia che si sta preparando.

Il potere del cane: il titolo

Thomas Savage

Il potere del cane, il titolo del romanzo, assume più livelli di significato. A cominciare dai numerosi cani presenti come essenze della solitudine dei luoghi, ma anche come elementi del paesaggio. Tanto che si può scorgere nelle colline un contorno che mostra la figura di un cane: Phil riesce a vederlo mentre suo fratello George no. E così Phil divide coloro che lo vedono dalla maggioranza che non lo distingue, che lui considera priva di intelligenza e perspicacia.

Il cane pronto all’inseguimento raggiungerà la preda, così va il mondo. E nonostante quel cane fosse sotto lo sguardo di tutti, solo pochi riuscivano a vederlo. Questo Phil apprezzava in chi gli somigliava e che voleva essere come lui.
Il titolo deriva dal Book of Common Prayer e la frase è collocata come un ammonimento prima dell’inizio:

“Libera l’anima mia dalla spada e il mio amore dal potere del cane”.

Un romanzo che non si dimentica facilmente, una scrittura serrata che ci cattura nel vortice delle passioni. Gelosia, invidia, odio, anche contro se stessi, e verso tutti coloro che trasgrediscono le regole, dove la “gentilezza” viene calpestata continuamente, ad ammonimento per tutti di restarne alla larga.

Marialuisa Bianchi

Marialuisa Bianchi

Molisana d’origine, sono laureata in storia medievale a Firenze, dove vivo e insegno in una scuola superiore. Ho pubblicato raccolte di racconti e testi per il teatro. Conduco seminari di scrittura creativa e organizzo incontri letterari per l’associazione culturale Il giardino dei Ciliegi. Ho scritto saggi sulla storia di Firenze per riviste specializzate e nel 2017 ho pubblicato il romanzo storico Ekaterina. Una schiava russa nella Firenze dei Medici.

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