Lealtà è parola che deriva dal latino legalitas. Richiama una componente del carattere di una persona che sceglie di obbedire a particolari valori di correttezza e sincerità anche in situazioni molto difficili. Così ci dice il dizionario. In altri termini, si può intendere per lealtà il grado di coerenza tra un comportamento nella pratica e i principi a cui si attiene idealmente una persona.
La filosofia conferma che la lealtà è una qualità morale tutta umana che presuppone il superamento di un conflitto interiore per via di una scelta. Ed è rara, perché comporta una grande capacità di sopportare le sofferenze conseguenti ai propri sbagli.
Ce la racconta in questo romanzo edito da Einaudi, Letizia Pezzali, nata a Pavia nel 1979, è stata per molti anni dipendente di una banca d’affari londinese, ma in cuor suo sapeva che un giorno avrebbe scritto.
Questo è il suo secondo libro. Il suo romanzo d’esordio, L’età lirica, è stato finalista al Premio Calvino.
Il fulcro della narrazione di Lealtà è l’ossessione amorosa di una giovane donna, Giulia, per un uomo di vent’anni più vecchio di lei, sposato, con una figlia. Ossessione che però è inserita in un contesto inusuale. Si svolge infatti nell’ambiente feroce dell’alta finanza.
Sia quella personale che quella lavorativa, sono situazioni in cui la lealtà è veramente questione assai complessa che viaggia sul fil di lama e spesso ci sono momenti di immobilità che nascono dal dubbio, dalla paura e perfino dalla rassegnazione.
“Nei rapporti con gli altri siamo sia imprigionati che imprigionanti. Di conseguenza c’è confusione, è difficile fare chiarezza. È difficile cambiare ruolo ricordandosi, nel frattempo, che l’idea iniziale era quella di entrare in contatto, di avvicinarsi a un essere umano, per capire chi è. Un’idea troppo nobile e dunque impraticabile, infatti presto la dimentichiamo: siamo impegnati a districarci fra il personaggio di guardia e quello di prigioniero, siamo presi dal capire cosa stiamo facendo e dicendo in un certo momento, poi bisogna scegliere cosa fare e dire nel momento successivo, e come, e così via. C’e molto lavoro di pianificazione insomma”.
Il risultato finale delle relazioni umane è un affaticamento
Questo passaggio mi ha aperto una prospettiva di riflessione su quanto vero sia, anche se il più delle volte non ci facciamo caso, che subiamo i condizionamenti che gli altri ci impongono, ma a nostra volta siamo limitanti per il prossimo: la difesa dei confini si fa sempre in assetto di guerra.
Giulia, la protagonista, sembra vivere a strappi fra le complicazioni di un lavoro nell’alta finanza e un amore impicciato. E’ una donna intelligente, colta e professionale che paragona le leggi economiche ai rapporti umani nel tentativo di trovare un ordine in questi ultimi. Non teme la passione Giulia, ma le assenze. L’assenza di lealtà.
E’ convinta che l’amore non richieda per forza fedeltà, ma lealtà sì, quella sempre.
La sua passione si chiama Michele: diviene tanto ossessionata da quest’uomo che, in un solo giorno gli invia 67 messaggi, mentre lui le aveva chiesto di non scrivergli.
Lui ha vent’anni più di lei. Una vita già formata, con scomparti prestabiliti come in un armadio. Distinto e dall’abbigliamento classico, per non dire «vecchio». Bancario più che banchiere. Sposato neanche infelicemente. Moglie e figlia restano sullo sfondo, come il gattino bianco di casa la cui foto troneggia su facebook.
Si incontrano in università. Cosa la fa innamorare? Il padre che non ha mai conosciuto? L’uomo in carriera?
E vallo a capire cosa ci capita quando veniamo “folgorati” da un altro che inciampa nel nostro cammino. Magari è solo amore.
Giulia vive tra Londra e Milano, possiede il sano pragmatismo di chi sa che la vita non è fatta solo di spiagge assolate, di domeniche libere e aperitivi. Sono anche i tempi della Brexit e della crisi europea che aleggia come uno spettro sulle teste di tutti noi.
Lealtà, amore e ossessione
Lei è stata cresciuta da una madre sola che l’ha allevata senza troppi fronzoli; l’amore, o almeno l’affetto, c’erano ma senza troppi orpelli e vizi.
Anche questa è una forma di lealtà, di dirittura morale che l’ha tirata su con la schiena dritta, abbastanza per non farsi graffiare nella banca d’affari dove lavora. Con un capo irlandese, Seamus Heaney (non a caso omonimo del poeta irlandese delle “radici” per eccellenza) veramente particolare. Un uomo granitico eppure pieno di sentimenti, mai ipocriti, mai melliflui, che ci regalerà un colpo di scena.
Michele va e viene
Michele però ha il corpo caldo come un termosifone. A lei piace e vuole viverlo quell’amore intermittente.
Sono leali, ma lui è sposato e non vuole che la sua quotidianità vada distrutta. Ed è l’impossibilità di trovare una via d’uscita che rende Giulia ossessiva. Come in ogni autentica passione che si rispetti, l’ossessione arriva come risposta per compensare l’ansia della perdita.
Michele la porta in viaggio a Treviri, la città di Karl Marx, la città di suo padre che lei non ha mai visto.
C’è nel romanzo una «coerenza interna», un bisogno di fare la cosa più onesta persino quando è una trasgressione.
Giulia vive un tempo che, almeno una volta nella vita, credo sia stato il tempo di tutti. Perfino dell’eccentrico musicista Satie, evocato in alcune intense pagine del libro, che scrisse quando perse la sua Susanne la composizione Vessazioni.
E’ il tempo che comincia quando incontri per caso qualcuno che, con la sua sensualità, in un attimo attraversa le stanze della tua mente e sconvolge i sentimenti.
”Ricordi quando abbiamo parlato della metafora della mezza mela? Tu sostenevi che la mezza mela non esiste, cioè non esiste la nostra metà, unica e sola, ma esistono molte mezze mele, varie possibilità per ciascuno di noi”.
Ecco, questo lei non lo sa, pensa solo che un’altra mela tagliata a metà, se non ci sbrighiamo a mangiarla, annerisce. Michele per Giulia poteva arrivare prima o non giungere mai.
La vita è volatile come un’azione in Borsa. L’amore pure. La lealtà forse no.