Figli dell'estate di Monika Held

Figli dell'estateLeggo da tutta la vita. Il primo libro, Il barone di Münchhausen, lo lessi che non avevo sette anni. Da allora non ho più smesso, leggo sia per studio che per diletto. Il libro è, da sempre, l’oggetto che più incarna la mia quotidianità. E di libri che mi hanno coinvolta ed emozionata ce ne son stati tanti, ma che mi abbiano letteralmente rapita e catapultata nella loro dimensione, quasi in una sospensione del tempo e dello spazio, sono pochi: questo romanzo è uno di quelli.

L’autrice è la tedesca Monika Held, oggi gagliarda settantacinquenne residente a Francoforte sul Meno, nata e cresciuta ad Amburgo. Prima giornalista di chiara fama per il magazine Brigitte, vincitrice di prestigiosi premi giornalistici quali il German Social Pride e la Polish Medal. In ogni caso scrittrice di profonda sensibilità ed eleganza.

E’ possibile superare il senso di colpa?

Figli dell’estate, pubblicato a luglio da Neri Pozza, è la narrazione commovente della ricerca del superamento del senso di colpa, mentre ci dà una prospettiva inedita sull’arbitrarietà della memoria umana, quasi che nostalgia e malinconia concorressero a modificare i nostri ricordi, talvolta per renderli più belli e struggenti, talvolta per renderli più sopportabili.
Il risultato è un romanzo magistrale sulla devozione, sull’amicizia e sull’amore.

Si apre su Kolja – quindicenne all’epoca dell’accaduto – che prende coscienza di aver combinato un “guaio terribile”.

La sofferenza della madre era la sua punizione, il dolore, il viso con gli occhi arrossati di pianto, le lacrime che lei gli nascondeva e che lui vedeva lo stesso. Le lunghe notti. Si tappava le orecchie, ma i singhiozzi della madre erano dentro la sua testa come il nome che sussurrava: Malu”.

L’altra figlia, la sorella di Kolja, è ricoverata in una clinica dopo essere stata salvata all’ultimo secondo dall’annegamento e aver avuto una crisi apallica: li chiamano “figli dell’estate” questi bambini in coma, senza che nessuno sappia se e quando si sveglieranno.
Kolja amava fare il bagno al mare, Malu invece preferiva la piscina. Quel giorno Kolja non l’aveva seguita. L’aveva lasciata sola, per andare al mare con Rania, la ragazzina di cui si era innamorato.
Il ragazzo rivede gli occhi aperti, trasparenti e immobili della sorellina. E non se lo perdona. Soprattutto sa che sua madre non glielo perdona.

Tutta la famiglia si trasferì vicino alla clinica dove venne ricoverata Malu, in attesa che si risvegliasse, in attesa che morisse, in attesa di non si sa cosa. Di quel giorno lui ricordava solo una ragazzina ferma in mezzo alla strada a braccia spalancate, come se volesse bloccare il camion del trasloco sul quale lui viaggiava.

La dottoressa Linn, la direttrice, lo prese per mano e lo accompagnò in camera della sorella. Fu deciso che Kolja dovesse andare a farle visita due volte alla settimana. Ma lui non aveva niente da dire a Malu, né un libro da leggerle o una carezza con cui sfiorarla. Niente di niente.

Però diventò amico di Max, un caro ragazzo che spesso era lì con un sacchetto di mosche ronzanti, catturate nella sua stalla per cercare di svegliare suo cugino Klaus. Kolja si affezionò anche alla signora Brenner che vegliava sulla figlia e divenne il “custode” del piccolissimo Kai, detto Kai nella cassa, un bambino solo, in coma come gli altri figli dell’estate, coi riccioli e gli occhi azzurri.

Kolja adorava l’acquario all’ingresso della clinica, guardandolo ci si poteva perdere un po’ al cospetto delle fluttuanti code dei pesci tropicali e trovare qualche istante di sollievo.

In tutto il mondo c’era solo un’altra persona che rammentava il giorno del trasloco di Kolja: la ragazzina dalle braccia spalancate che voleva fermare il camion. La stessa ragazzina per cui Kolja aveva lasciato sola la sorellina Malu in piscina. La stessa ragazzina che, all’ultimo secondo, riuscì a salvarla tirandola fuori dall’acqua. E poi le urla di richiesta d’aiuto, le sirene spiegate, l’ambulanza. La vita di Kolja e dell’intera famiglia Tonning stravolta.

Rania ormai è una psicologa quarantenne

Figli dell'estateLei indaga il rapporto fra la nostalgia dell’infanzia e i ricordi. Perché a lei molti ricordi mancano. Le sono riaffiorati alla mente alcuni fotogrammi: una piscina col pavimento azzurro, una bambina con occhi aperti e vitrei e lunghi capelli, lei in mezzo ad una strada a braccia spalancate. Un ragazzino biondo. Sono come pagine sparse che non poteva riunire in un unico libro.

Ma non sa niente di quei volti. Le manca nella memoria un pezzo della propria storia che deve assolutamente ritrovare.
Da qui il suo viaggio a ritroso nel passato, doloroso e faticoso. L’incontro con Max, omosessuale, ora veterinario, un tempo innamorato di Kolja come lo era stata lei, che convive con un compagno da dieci anni.

Attraverso la mediazione di Max, Rania riuscirà a ritrovare la signora Tonning, devastata da quella figlia che non si è mai risvegliata, da un marito che l’ha abbandonata, da un figlio che non ha mai perdonato, come non ha mai perdonato Rania per non aver ne’ salvato, ne’ non salvato sua figlia Malu.

Poi incontra la dottoressa Linn, che accolse Kolja dopo che lui tentò il suicidio. E trascorre una giornata accanto a Malu ormai donna, cresciuta, formata, ma sempre in coma.

L’aveva veramente salvata? O solo spinta in una dimensione infernale nella quale sentiva, ma non poteva dire, non poteva muoversi, non poteva raccontare agli altri di se’?
Pezzo dopo pezzo, ricordo dopo ricordo, sofferenza dopo sofferenza, Rania rimette insieme il suo puzzle, ripercorre quel tratto di strada che aveva vissuto per poi perderlo nell’oblio.
L’acqua viene e va, in un incessante alternarsi di alta e bassa marea, dove tutto si allontana e tutto ritorna. In un flusso che a volte ci consola e che a volte ci atterrisce.

La scena finale: una donna a passo sicuro attraversa il Parco Nazionale del Wattenmeer fino a giungere sulla riva della Hallig, isola al nord della Germania lontana da tutto e da tutti, con pochissimi abitanti, che con l’alta marea viene quasi sommersa. E’ lì che Kolja abita da tre anni, facendo l’insegnante di soli sei alunni.

Kolja non potrebbe più fare a meno della Hallig che si allaga almeno dieci volte all’anno.

Kolja che Rania un tempo aveva amato e forse amerà ancora. Kolja distinto, elegante, con gli occhi azzurri di sempre e che non ha mai superato il suo rimorso e che, mentre la vede arrivare, spalanca  le braccia come a voler […] fermare l’alta marea, il tempo, il camion dei traslochi […] oppure tutta la vita.

Milena Corradini

Milena Corradini

Classe 1975, vivo a Porto Sant'Elpidio, nelle Marche. Laureata in Filosofia. Atea, liberale, appassionata di letteratura e arte, sono docente educatrice presso il Convitto dell'ITT Montani di Fermo. Ho insegnato Filosofia, Storia e Psicologia in vari licei. Studio bioetica del fine vita e organizzo eventi di approfondimento su questo tema.

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