La vita è imperfetta. E non ci sarebbe perfezione se così non fosse.
“La letteratura non mi ha mai, nemmeno una volta, aiutato a capire la vita. Anzi, è successo l’opposto: capire un verso dopo aver vissuto… Ho capito qualcosa di Dante baciandoti… Invece la scienza mi insegna, mi chiarisce”.
Forse succede perché la scienza spiega leggi perfette e non tratta di vite imperfette.
Così Pietro racconta a Selene, in una delle lettere che le scrive dopo che lei lo ha lasciato, le differenze percettive fra il suo approccio con la letteratura e quello con la scienza.
I due protagonisti di Storia perfetta dell’errore nascono dalla penna di Roberto Mercadini, cinquantenne di Cesena, al suo esordio di scrittore con la casa editrice Rizzoli. Per anni Mercadini ha portato in giro per l’Italia i suoi spettacoli ed i suoi monologhi poetici, infine si è deciso a tentar l’avventura di pubblicare questo scorrevole e vivace racconto.
Il teorema del libro è che tutti siamo nati da cose imperfette
I corollari al teorema sono: “Siamo tutti incerti, in equilibrio precario” e anche “Qualsiasi bellezza di cui possiamo risplendere è scavata dentro questa fragilità”.
Pietro è un paleoantropologo che non ama lasciar niente al caso. Organizza la sua vita al millimetro. Esperto dell’arte marziale del kendo, ama le imprese difficili e sogna di riuscire a superare, un giorno, l’esame per l’ottavo dan. Uno degli esami più difficili al mondo, dicono.
E’ innamorato di Selene, una traduttrice, con la speciale passione per l’aramaico.
Lui progetta e lei scombina, come nella primordiale opposizione di cosmo e caos.
Quando Selene scopre che la sua imprevedibilità non è solo un’inclinazione caratteriale, ma il sintomo di un disturbo psichiatrico di cui soffre, fugge e lascia Pietro, convinta che un perfezionista come lui non possa vivere accanto ad una come lei.
Quel che Selene non sa, è che Pietro la ama così tanto da riconquistarla facendole comprendere, in un modo tutto suo, che è proprio l’imperfezione a costituire la matrice del sorgere delle cose più belle. Gli errori genetici sono il motore dell’evoluzione, Galileo vide la Luna puntando il cannocchiale nella direzione sbagliata e Michelangelo scolpì il David dando forma ad un blocco di marmo scadente.
Shigetaki, un grande samurai, sosteneva che: “c’è dell’errore nella ragione e c’è della ragione nell’errore”.
Imperfetta perfezione
Selene ha consultato svariati dottori e questi le hanno detto che dentro di lei c’è qualcosa che non va: questo qualcosa si chiamava IED, Intermittent Explosive Disorder, Disturbo Esplosivo Intermittente. Quando tale disturbo la attraversa, lei diventa un uragano, scoppia in eccessi di rabbia non motivati, non prevedibili, non controllabili. Lo IED è qualcosa senza volto ed informe che ricorda quel film di fantascienza degli anni ’80, La cosa, in cui l’alieno senza forma assume quella delle sue vittime, nascondendosi dentro di loro.
Ecco perché Selene si convince che non è proprio possibile stare insieme ad una come lei che ha scatti improvvisi, insulta e rompe tutto.
Pietro però non vuole arrendersi e continua a fare un gioco che avevano inventato nei primi mesi in cui erano stati fidanzati: scriversi una email ogni venerdì. Anche se Selene ha smesso di giocare e non gli risponde più.
Pietro insiste, lui la ama, l’amore vero non può finire a comando. Lui la ama con tutte le sue imperfezioni, con i suoi voli alti ed i suoi abissi, con il suo lato oscuro.
Selene ha una parola ebraica sempre in testa: Kavanah. Il trasporto, la veemenza, la partecipazione interiore con cui si accompagnano le proprie azioni, tutto deve esser fatto con Kavanah. Bisogna metterci l’anima. Mettere l’anima in tutte le cose però può anche voler dire renderle più complesse, caotiche a volte. Questa è Selene.
Pietro invece ama allenarsi nel dojo: ogni cosa ha un nome e un suo ordine nel dojo, fino al più piccolo dettaglio del respiro.
Storia perfetta dell’errore
Pietro pensa all’errore che Selene ha dentro, riflette su tutti gli errori del mondo e sul fatto che, senza l’errore, non esisterebbero cose meravigliose. Pensa allo sbaglio che ci migliora, alla perdita che si rivela un arricchimento, alla caduta che ci concede la gioia di rialzarci.
“L’errore è il battito di coda dell’esistenza, il modo in cui essa procede e si traccia una strada nelle tenebre”.
In fondo perfino la stessa nascita della vita sul nostro pianeta non è scaturita da altro se non da un incredibile errore: l’ameboide mangiò per sbaglio il cianobatterio e poi non riuscì a digerirlo, ma nemmeno ad espellerlo. Rimasero incastrati. Potevano morire, invece accadde l’impensabile: impararono assurdamente a convivere dando vita ad un nuovo tipo di strampalata cellula dalla quale poi si originarono innumerevoli individui, per miliardi di anni, sbaragliando qualunque concorrenza!
“La storia vuol dire che…” scriverebbe Esopo se questo fosse il finale di una delle sue favole, per ogni amore, se è amore vero, c’è una speranza di sopravvivenza.