“Leggo noir da quando sono bambino, ultimamente mi annoiano tutti. Ora basta, lo scrivo io un poliziesco!”
Questo fu, nel 2011, l’esordio alla scrittura di Roberto Costantini, ingegnere, manager dell’università LUISS di Roma, che pubblicò con Marsilio Tu sei il male, primo capitolo di una trilogia noir avente come protagonista il commissario Michele Balistreri.
Sette anni dopo è uno degli scrittori di noir più apprezzati in Italia e all’estero – tradotto in 12 lingue e presente in 15 Paesi – e il 22 novembre è uscito il suo sesto libro, Da molto lontano.
Incontrai Roberto, per motivi di lavoro, poco prima che esordisse nella scrittura; siamo rimasti in contatto e l’ho seguito letterariamente in tutti questi anni. Questa è la nostra chiacchierata di qualche giorno fa, davanti a una tazza di tè, in un piovoso pomeriggio romano.
Michele, il tuo protagonista, come te nasce a Tripoli e lì resta fino al 1970, quando Gheddafi sale al potere. Quanti dei suoi ricordi libici sono anche i tuoi?
A grandi linee tutti quelli che riguardano l’infanzia, fino a circa 10 anni. Già da adolescente le nostre esperienze di vita si dividono, lui corre sul filo della delinquenza per contrasto a suo padre, io no. ?
In tutti i tuoi libri, ed è uno degli aspetti che ho trovato più affascinanti, c’è un gap temporale: si seguono gli sviluppi di due fatti accaduti a 20 anni di differenza, scoprendo durante la lettura che i due avvenimenti sono collegati tra di loro. Perché questo espediente narrativo?
La Trilogia, e a seguire tutti gli altri libri, nascono da un mio ventennale desiderio di raccontare la storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Un arco temporale di 70 anni: dovevo trovare la maniera di renderlo interessante, visto che i saggi non li legge praticamente nessuno. In ogni libro Michele è protagonista di un evento che rimane sospeso. A distanza di tanti anni, il suo lavoro gli presenta un caso che si rivela collegato all’evento del passato e del quale riuscirà finalmente a trovare una risoluzione. Così, vedendo l’evoluzione di Michele e dei suoi rapporti, creo la connessione tra passato e presente, e racconto anche l’evoluzione dell’Italia. Michele è l’occhio di minoranza, l’osservatore che subisce, più che fare, la Storia.
I tuoi personaggi sono tutti estremamente complessi e nessuno, escluso Michele, è totalmente come sembra. Anche i più insospettabili hanno un doppia faccia e le loro interrelazioni, a distanza di decenni, ti lasciano davvero a bocca aperta.
Lo spunto narrativo iniziale mi viene da Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, nel quale si trova la dicotomia essenziale tra Stato e famiglia. L’Italia è un Paese nel quale la famiglia, intesa come interesse privato, prevale e prevarrà sempre sullo Stato, sull’interesse pubblico. E’ il punto di partenza del contrasto tra Michele e il padre, incarnazione assoluta del concetto di famiglia, e il motivo della sua vicinanza alla madre, per la quale invece è lo Stato a dover essere prevalente. Michele detesta l’Italia perché la reputa una Nazione di traditori opportunisti; in fondo viene da una famiglia di colonialisti, eppure fa il commissario di polizia, quindi è un servitore dello Stato.
Michele è leale, limpido, in tutti i suoi rapporti, personali e professionali. Non vuole avere relazioni sentimentali, la sua donna ideale è la donna di un altro, ma non lo nasconde mai, tutte sanno esattamente quello che avranno da lui, per questo non c’è mai una recriminazione. In tutti i libri si segue il filo di una storia di amicizia virile. L’amicizia è il sentimento più altruista che esista, ma necessita di assoluta lealtà per sopravvivere.
Questo è il punto di partenza essenziale. In ogni trama io definisco il punto di partenza e di arrivo di Michele e i personaggi direttamente collegati. Dallo sviluppo di questa linea narrativa principale derivano poi tutte le ramificazioni, ma a questo punto è “semplice” tecnica di scrittura.
Parliamo ora dei compagni di scaffale dei tuoi libri: quali gialli reputi imperdibili?
Ahimè di recenti di imperdibile non me ne viene in mente nessuno, mentre dei classici vanno bene tutti quelli di Raymond Chandler, di cui Il lungo addio e Il grande sonno sono solo due esempi, e poi Torno presto di James Barlow.
E le serie televisive?
Sono un appassionato, credo che in questo momento sia la forma narrativa più interessante perché è molto visiva, ma allo stesso tempo riesce ad essere esaustiva nella narrazione perché non è strettamente legata a un timing. Quelle che mi hanno più appassionato recentemente sono Mad Men, True Detective e Sotto copertura (Le Bureau in francese).
Michele Balistreri troverà pace?
Ne riparliamo dopo che avrai letto la sua ultima avventura!
La Capitale con le sue ville, i palazzi,
il Lungotevere, le piazze, il Vaticano
Anche l’ultimo libro, Da molto lontano, è quindi ambientato a Roma. La Capitale con le sue ville, i palazzi, il Lungotevere, le piazze, il Vaticano, fa da sfondo a tutte le avventure di Michele Balistreri. Anzi, si può senz’altro dire che Roma è a tutti gli effetti una coprotagonista dei romanzi di Costantini.
Michele Balistreri è golosissimo di carbonara, suo fratello Alberto la fa in maniera insuperabile e, accompagnata da un Frascati gelato, rappresenta la sua cena perfetta. Ma la carbonara la conoscete più o meno tutti, per cui io vi parlo di un altro piatto tipicissimissimo della cucina romana: la coda alla vaccinara.
Cucina romana
L’utilizzo del “quinto quarto”, cioè dei pezzi di scarto della macellazione destinati ai meno abbienti, è (era) molto diffuso a Roma, vedi la trippa alla romana, o i rigatoni con la pajata (che sarebbe l’intestino), o la coratella con i carciofi. Non me ne vogliano i puristi, io le frattaglie non riesco proprio a mangiarle, è più forte di me. In questo piatto, però, di frattaglie non se ne vedono.
Praticamente è uno stufato di manzo con un sugo denso di pomodoro e sedano che deve essere abbondante e che caratterizza il piatto, il cui segreto è la lentissima cottura, fino a che la carne diventa tenerissima e il sugo una magia con la quale condire i rigatori e fare la scarpetta.
Coda alla vaccinara
1,5 kg di coda di manzo o di vitellone, fatevela tagliare a pezzi dal macellaio
100 gr di guanciale o lardo
5 scatole di pelati, schiacciati con una forchetta.
1 bicchiere di vino bianco
750 gr di coste di sedano, pulite e private delle foglie esterne e tagliato a tocchetti
3 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 cipolla
Sale grosso
Tritate grossolanamente cipolla e guanciale, poi metteteli in un tegame col fondo spesso – se lo avete di coccio è il momento di usarlo – insieme all’olio, al sale e alla coda. Fate rosolare a fiamma vivace per una decina di minuti, poi sfumate con il vino bianco e fate evaporare. Aggiungete infine il sedano e i pelati, abbassate la fiamma e cuocete almeno due ore, anche tre se possibile.
C’è una versione con uvetta, pinoli e cioccolato fondente, ingredienti costosi e di pregio che dubito fossero usati in origine dai vaccinari, cioè i lavoratori del mattatoio da cui il nome. Perciò li ho omessi; ma se volete provarla aggiungete un cucchiaio di uvetta e uno di pinoli insieme al pomodoro.