Tornare a teatro dopo parecchio tempo, e solo perché calamitati da un titolo: Amati enigmi. Scoprirne l’Autrice: Clotilde Marghieri. Ritrovare una grande interprete: Licia Maglietta, che in questo caso è anche regista e drammaturga.
E sempre dopo parecchio tempo, rimanere così affascinati dalla forza del testo, da sentire l’impulso di scriverne. Ma non prima di aver ordinato in libreria varie copie del libro: perché di tutto questo rimanga traccia, in noi e nelle persone cui più teniamo. Perché la memoria è labile, spesso fallace. Ma soprattutto perché…
“La vita sta dentro il pensiero che brilla”.
E allora, andiamo a scoprirlo questo pensiero: Amati enigmi (Avagliano Editore, 2001) è una sorta di “diario dei diari” con cui Clotilde Marghieri – giornalista, scrittrice, amica di intellettuali come Sibilla Aleramo, Salvemini, Corrado Alvaro, Rocco Scotellaro, Bernard Berenson – vinse nel 1974 il Premio Viareggio, quando aveva gia’ 77 anni. Ed è proprio nella “grande età”, che si addensano i ricordi, le riflessioni, gli interrogativi. Gli enigmi, appunto, di una vita. Che ancora freme, pulsa, non si arrende: “Mi domando se una sola vita basta ad esaurire le energie di un’anima” scrive la Marghieri, “Io, per esempio, dovrei rinascere più d’una volta, per non andarmene inadempiuta”.
E qui basterebbe solo una citazione tra le tante, per cogliere la verità di queste pagine: “Il nous reste l’avidite’” diceva Colette, da vecchia. Quella stessa che si prova nell’infanzia: la nostra fine, dunque, coincide col nostro principio.
Raffinatezza intellettuale e ironia si rincorrono e permeano interamente questo libro, scritto in forma epistolare, destinato ad un amico immaginario (lo shakespeariano Jacques) perché serva da specchio della coscienza.
Un “giornale di bordo” per rivivere e dunque capire.
Perché “oltre la soglia dove il corpo avvizzisce e il volto gioca tiri crudeli c’è la possibilità di interpretare il disegno e scoprire il significato del proprio destino. Che è il modo, il solo grande modo, di sublimare le proprie avventure, disavventure, dolori e sconfitte, in conoscenza”.
Queste sono le note di regia di Licia Maglietta, che di questa scrittrice troppo a lungo dimenticata, ha il merito di far rivivere sia la profondità del pensiero, che la leggerezza della scrittura, in una piece dove trovano collocazione perfetta tutte le gamme della sua qualità d’interprete.
In questo monologo di 70 minuti, accompagnato dall’arpa di Diane Peters e scandito dai botti di Capodanno (quale momento migliore per “tirare le somme”?), l’attrice dà corpo, voce, eleganza, alla pacata malinconia e all’ammiccante ironia dell’autrice. Restituendone, con l’intensità che le è propria, le intermittenze del cuore. E in questa sorta di dialogo per voce sola affiorano i ricordi, le presenze e le assenze dell’anima arrivata all’ultima stagione della vita, ma che ancora, appassionata, guarda al futuro:
“È la prima volta che sono vecchia, e non sento per nulla l’avvicinarsi della morte.”
Nessun abbandono alla nostalgia in questi Amati enigmi che, dice la Maglietta “sono quasi tutti gli esseri che abbiamo incontrati, conosciuti, disconosciuti, e tali restano finché, forse nel ripensarli e interrogarli, a passioni spente (ammesso che queste davvero si spengano mai del tutto) qualche cosa ci rivelano di loro, rivelando meglio anche noi a noi stessi.”
La vita sta dentro il pensiero che brilla.
Per quella “fiamma antica” la vecchiaia non esiste, non è mai esistita.
Amati enigmi al PICCOLO ELISEO di Roma fino al 30 dicembre 2018