Sottovoce.
Certi ricordi o decisioni importanti arrivano di soppiatto come i ladri.
Ci obbligano a voltarci verso il passato chiamandoci sottovoce.
Sono disordinata. A volte mi capita di ritrovare sotto una pila di vestiti ammucchiati nell’armadio, un capo d’abbigliamento che non vedevo da così tanto tempo da non ricordare neanche di averlo. Lo saluto come un vecchio amico e lo indosso immediatamente, se mi piace ancora, oppure lo guardo di traverso come si fa con un estraneo del quale diffidiamo, se non mi piace più mentre mi chiedo: ma cosa avevo in testa quando l’ho comprato? A voi succede mai?
Metaforicamente potremmo dire che alcuni momenti, o alcune persone, che appartengono al nostro passato sono come i vestiti che svaniscono sotto al mucchio: sono in noi, ma seppelliti da altre esperienze, da fatti, persone, evoluzioni e vicende, dagli anni che passano.
Attraversiamo “ere geologiche” della nostra esistenza senza più pensarci fino a che eccoli! Ritornano. Persone, stati d’animo, sensazioni di un passato più o meno recente fanno capolino nel presente, come uno scoiattolo da un albero cavo, riempiendoci di stupore.
Può accadere che li riconosciamo e li accogliamo a braccia aperte, che ce li raggomitoliamo addosso cercando un antico calore; ma possiamo anche sentirci a disagio perché rievocano difficoltà, domande rimaste senza risposte, scelte che non ripeteremmo, sentieri interrotti.
E’ con l’inatteso ricordo di Michele, sepolto sotto la montagna degli anni ormai trascorsi e rispuntato fuori come un coniglio dal cilindro di un mago per via dell’eredità lasciatale dalla madre appena morta, che si apre il romanzo Chiamami sottovoce, pubblicato da Harper Collins Italia, della milanese Nicoletta Bortolotti: redattrice e copy editor, nata in Svizzera, stimata autrice di libri per ragazzi.
Si apre una tenda nel presente di Nicole e Michele, scoprendo una finestra aperta su un periodo della loro infanzia, quando entrambi bambini, rispettivamente di otto e nove anni, si trovavano ad Airolo, il paesello su cui si staglia il San Gottardo. E’ il 1976 e la realizzazione dell’omonimo tunnel è un emblema dell’Italia e della Svizzera delle grandi opere di quegli anni di progresso:
L’ultimo diaframma caduto della galleria e i minatori che si stringono la mano da un tunnel all’altro. Una scena potente, filmata dalle televisioni di mezzo mondo.
Il padre di Nicole è l’ingegnere che dirige gli scavi della galleria, per questo si è trasferito fra quelle montagne con moglie e figlia, nella “Maison de roses“. Il padre di Michele lavora al San Gottardo come operaio. Ha trovato un lavoro anche la moglie, ma il bambino, per le leggi vigenti non dovrebbe stare lì: è un bambino “proibito”, un clandestino. Ha superato la frontiera nascosto nel bagagliaio di una 131 e viene nutrito e protetto da Delia, una affittacamere che, come altri, ha scelto di camminare fra le pieghe della storia stando dalla parte del prossimo bisognoso, anche quando ciò non è consentito dalle regole.
Michele vive tutto il giorno in silenzio nella soffitta della locanda. Ha come amiche le sue paure e le matite colorate che gli ha regalato Delia, con le quali disegna arcobaleni. Deve però rispettare norme dure e chiare: “Non ridere, non piangere, non fare rumore”. Altrimenti arriveranno i poliziotti e lo porteranno via.
Ma i bambini sono creature straordinarie e lucide che spesso non temono i divieti degli adulti, anzi li sfidano. E così la piccola, vivace e sfrontata Nicole scopre il segreto della pensione della signora Delia, che è proprio di fianco alla sua villetta: scopre Michele, il bambino di cui nessuno deve sapere.
I piccoli diventano grandi amici e costruiscono un rapporto stretto, fatto di lunghe chiacchierate mentre disegnano gomito a gomito chiusi in soffitta e di passeggiate rubate fra boschi e laghetti.
Un disegno dove Nicole scrive “amici inseparabili” che le scivola di mano. Una luce che si accende alla finestra di fronte e tutto cambia. Michele in collegio. Nicole a Lugano.
ooo
2009. Nicole a Lugano. Michele a Verona.
“La morte deve trovarci eleganti”: diceva la madre di Nicole. Il notaio le consegna le chiavi della “Maison de roses” di Airolo: sua madre, deceduta, gliel’ha lasciata in eredità.
Stare nella casa di Airolo è come traslocare in un’altra esistenza. Nicole credeva addirittura che i suoi l’avessero venduta.
Nel vuoto lasciato dalla morte della madre prova un’inquietudine indefinita. E, come un’orda di spettri, si affacciano alla sua memoria e alla sua coscienza: Michele, Delia, i suoi genitori, la fragranza della colonia 4711, i due poliziotti che vennero a portar via Michele. Eppure Nicole non aveva mai detto una parola a nessuno. Chi aveva scovato il bambino e avvisato le autorità svizzere?
Dopo tutti questi anni, Nicole cerca Michele.
Michele che non vuole ripercorrere le strade dolorose del passato: glielo aveva insegnato suo padre a non guardare indietro. Ma alla fine ogni destino deve compiersi e riannodare i fili spezzati lungo il cammino. L’ultimo segreto deve essere svelato.
Delia e il suo amore giovanile per Luigi. La menzogna di Michele perché Nicole non soffrisse. Nicole e sua madre.
Michele ha pagato e anche tu. Ti sei pentita, hai compreso. In questo diverso guardare hai partorito te stessa, dopo aver partorito me. Maldestri, disperati, insistenti tentativi di ottenere il perdono, di risarcire, ricucire, rimediare anche se era tardi per chiedere scusa.
Non ti perdono.
Ti amo.