“Signori imperadori, re e duci e tutte altre genti che volete sapere le diverse generazioni delle genti e le diversità delle regioni del mondo, leggete questo libro dove le troverrete tutte le grandissime maraviglie e gran diversitadi delle genti d’Erminia, di Persia e di Tarteria, d’India e di molte altre province. E questo vi conterà il libro ordinatamente siccome messere Marco Polo, savio e nobile cittadino di Vinegia, le conta in questo libro e egli medesimo le vide. Ma ancora v’à di quelle cose le quali elli non vide, ma udille da persone degne di fede, e però le cose vedute dirà di veduta e l’altre per udita, acciò che ‘l nostro libro sia veritieri e sanza niuna menzogna”.
Questo è l’incipit in lingua trecentesca de Il Milione, il capolavoro che il mercante veneziano Marco Polo dettò al suo compagno di cella Rustichello da Pisa, all’epoca prigionieri dei genovesi, che è diventata fin dall’antichità uno dei testi più celebri della storia della letteratura mondiale.
Viaggiatore e instancabile esploratore dell’Oriente
Marco Polo fu il primo europeo a descrivere nel dettaglio le meraviglie dell’Asia e del Catai in particolare, l’attuale Cina. Tanto da incarnare perfettamente l’ambizione occidentale per il viaggio e per la conoscenza dell’ignoto.
Il Milione è il frutto letterario di quei viaggi, ed ebbe così tanto successo da essere tradotto in quasi tutte le lingue già prima della fine del XV secolo, segnando un capitolo fondamentale per l’incontro tra due civiltà profondamente diverse. Un successo che si è rinnovato attraverso i secoli e che perdura ancora oggi.
Però, malgrado il riscontro che ebbe, i suoi racconti erano così straordinari e così strabilianti che fin dall’inizio furono in molti a non credergli (del resto, all’epoca non era facile immaginare che per esempio potessero essere reali la pietra che arde, cioè il carbone, o la nera acqua che brucia, cioè il petrolio), tant’è che in punto di morte amici e parenti si riunirono al suo capezzale e cercarono di convincerlo a dichiarare che quello che aveva scritto nel suo libro erano solo menzogne, per poter andare incontro alla morte senza questo peccato. Al che lui li maledisse tutti e disse: “Non ho raccontato neanche la metà di quello che ho fatto e veduto nei miei viaggi!”.
Il viaggiatore è una sfarzosa e avvincente epopea
in compagnia di Marco Polo
Proprio quest’ultima confidenza solleticò la fantasia di un romanziere del livello di Gary Jennings, al punto da ricamarci sopra quella sfarzosa e avvincente epopea di oltre 900 pagine intitolata Il Viaggiatore (Rizzoli Editore), guidandoci in un lunghissimo e bellissimo viaggio in compagnia di Marco Polo. È un volume imponente, che a prima vista può anche intimorire. Ma fin dalle prime pagine si capisce che la storia vale la pena di essere letta e amata.
Il libro pretende di raccontare le vicende omesse da Marco Polo ne Il Milione, che prima di morire avrebbe invece rivelato a Rustichello da Pisa, un letterato che di solito si guadagnava da vivere compilando avventure cavalleresche. Decidono così, secondo Jennings, di riscrivere l’opera senza tralasciare quei particolari scabrosi o incomodi che non avevano potuto menzionare nel libro ufficiale. Il risultato è un lungo e piacevole intreccio narrativo di culture, di religioni e di razze. Con risvolti ironici e a tratti crudeli. Arricchito da un magico sfondo orientaleggiante ambientato lungo l’antica Via della Seta.
È vero che le vicende, o almeno parte di esse, sono frutto del lavoro di Jennings. Ma a rendere il tutto meravigliosamente reale e verosimile è il fatto che l’autore americano prima di scrivere il libro, come riportato in una nota di una vecchia edizione del volume:
“Nei primi anni ’80 del XX secolo ha seguito lo stesso itinerario di Marco Polo utilizzando i mezzi di trasporto disponibili nel 1300: da Venezia, attraverso il Medio Oriente, fino alla Cina, all’Asia sud-orientale e all’Indonesia, viaggiando a piedi e a cavallo, su cammelli ed elefanti, su giunche e su zattere costruite, per attraversare torrenti impetuosi, con pelli di capra gonfiate. Ed è andato incontro, nel corso di questo viaggio, ad avventure degne del suo personaggio: è stato arrestato in Turchia, fatto segno di colpi d’arma da fuoco nel Triangolo d’Oro, travolto da una valanga nel Karakorum e si è unito a una banda di contrabbandieri nell’Afghanistan”.
Quello che Il Milione non poteva raccontare
E questa direi che è un’impresa più che sufficiente per avvalorare quest’opera così vasta e ricca di dettagli e di particolari. Quello che Il Milione non poteva raccontare, quelle peripezie e quegli episodi a lungo taciuti hanno finalmente trovato voce nelle pagine de Il Viaggiatore dove, come nel libro originale, un Marco Polo adolescente intraprende un viaggio in Oriente con il padre Nicolò e lo zio Matteo, un viaggio che durerà ben 24 anni, attraverso mari, montagne, deserti e città leggendarie.
Nel corso dei secoli dell’Alto Medioevo la via del commercio tra Occidente e Oriente si era spesso interrotta a causa dei disordini che ogni tanto travolgevano l’Asia, ma la potenza conquistatrice delle orde al comando di Gengis Khan e la conseguente costituzione di un Impero Mongolo i cui domini, nel XIII secolo, si estendevano dall’Oceano Pacifico al Golfo Persico, aveva portato nel continente quella pace denominata “Pax Mongolica” che aveva permesso alle vie dei traffici di tornare a essere interamente percorribili. Tra queste la più importante era la mitica Via della Seta, una rotta che è diventata di attualità con quell’imponente progetto globale della Cina denominato, appunto, “La Nuova Via della Seta” (qui trovi il nostro articolo).
“Non mi sono lasciato sfuggire alcuna occasione. Non ho mai esitato ad andare là ove mi chiamava la curiosità ed essa, è vero, a volte mi ha fatto deviare dal sentiero della virtù. Mi sono recato volentieri ove v’era pericolo nella bellezza e bellezza nel pericolo. Ho fatto un gran numero di esperienze. Molte sono state piacevoli, alcune istruttive, alcune avrei preferito evitarle. Ma le ho avute e le conservo ancora nel ricordo. Se, sin da domani, dovessi scendere a mia volta nella tomba, essa non sarà una fossa tenebrosa e silenziosa”.
Il ritorno a Venezia
Questo scriveva Marco alla fine delle sue avventure, al suo rientro nella città lagunare. Si sposerà con una nobildonna della Repubblica di Venezia, dalla quale avrà tre figlie. Ma perderà buona parte della sua gioia e della sua vitalità, rimpiangendo profondamente un periodo della sua vita che non potrà più tornare. E passerà le giornate immerso in ricordi ritenuti da molti solo i vaneggiamenti di un vecchio folle.
“Non partirò più. Nutro il malinconico sospetto di aver già veduto, e trascritto, tutto ciò che di meglio e di peggio e di più interessante esisteva da vedere. In quelle pagine non ero vecchio, e in esso continuerò a vivere finché qualcuno le leggerà. Ora il sole sta tramontando, la luce dorata svanisce, i fiori cominciano a chiudere i loro petali, la nebbiolina azzurra sale dal canale, azzurra come le reminiscenze, ed io mi accingo a dormire il sonno di un vecchio, a sognare i sogni di un giovane”.
Veneziano in Cina e cinese a Venezia
Marco Polo, il Veneziano in Cina e il cinese a Venezia, morì settantenne nella sua città natale nel 1324, cioè sette secoli fa. Ma la sua fama a livello mondiale è tutt’ora all’apice.
“Ripenso a tutto ciò che ho narrato qui, e a tutto ciò che venne scritto nel libro precedente, e mi domando se non avrei potuto dire ogni cosa semplicemente con tre brevi parole: partii e tornai. Ma no, questo non sarebbe del tutto vero. Non è mai lo stesso uomo colui che torna a casa, sia egli di ritorno da una tediosa giornata di lavoro contabile, o giunga dopo molti anni trascorsi in luoghi remoti, al di là dei lontani orizzonti, delle azzurre distanze, in paesi ove la magia non è un mistero ma un evento quotidiano, in città fatte perché su di esse si scrivano poesie”.