Siamo a Gerusalemme. Sarah è una donna israeliana che gestisce un caffè ed è sposata con un colonnello dell’esercito. Saleem è un palestinese che fa consegne ed è sposato con una donna innamorata e incinta. Sarah e Saleem hanno una relazione e fanno sesso nel furgoncino di lui.
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Ma mai scegliersi per amante un palestinese o un israeliano perché da un affaire extraconiugale ne nascerà un intrigo internazionale.
Il film è un finto giallo. In realtà è la storia di un semplice tradimento, fatto con la persona sbagliata. Perché israeliani e palestinesi sono peggio che Montecchi e Capuleti.
C’è un carico di tensione crescente che incombe su ognuno dei personaggi. Un pericolo che si sente nelle diverse zone della città di cui ci sfuggono le regole, ma che sono ben chiare ai protagonisti. Gerusalemme è una polveriera e l’adulterio diventa la miccia che fa esplodere tutto. Perciò gli incontri di Sarah e Saleem si trasformano in intrighi politici e spionaggio militare e il film acquista il respiro di un thriller.
In un terribile imbroglio kafkiano, i semplici fatti si ricoprono di spiegazioni e motivazioni a loro del tutto estranee. Il colonello israeliano preferisce pensare che il palestinese abbia sedotto sua moglie per carpirle informazioni militari che lo riguardano, piuttosto che ammettere che lei lo abbia semplicemente tradito. Meglio un complotto, meglio far marcire l’altro come spia per il resto dei suoi giorni, che ammettere le corna.
I traditi
L’investigatore israeliano che indaga sul caso di Saleem, chiede alla donna palestinese tradita se lei il marito abbiano regolari rapporti sessuali, quasi fosse uno psicoterapeuta. La donna però non può capirlo e ovviamente è offesa da una domanda così intima. La stessa domanda la farà più avanti al suo collega, il colonnello israeliano, chiedendogli se lui e la moglie hanno regolari rapporti sessuali. L’investigatore ha capito come stanno realmente le cose.
![Sarah e Saleem](https://www.cronacheletterarie.com/wp-content/uploads/2019/05/sarah-saleem-muayad-alayan-roma-copertina.jpg)
No, non ce l’hanno una vita sessuale normale, proprio a causa dei due traditi. La moglie palestinese è incinta e se il marito prova a fare l’amore, lei si rifiuta dicendo che non farebbe bene al bambino. Il colonnello israeliano – militare in carriera – sembra sempre troppo stanco e preso dal suo lavoro per accorgersi della moglie.
Così da questo semplice tradimento si scatena un incendio che divampa e trascina persone, eventi e due popoli che vivono in perenne conflitto e sono perciò incapaci di interpretare le cose per quello che sono, ma le vedono filtrate dal rancore, dall’odio, dall’ostilità.
Sarah e Saleem – Là dove nulla è possibile (titolo originale: The Reports on Sarah and Saleem) è il secondo film del regista palestinese Muayad Alayan che è nato in Kuwait, ha studiato a San Francisco e ora vive a Betlemme. La sceneggiatura è stata scritta da suo fratello Rami Musa Alayan ed è ispirata a un fatto di cronaca. Il film ha vinto diversi premi internazionali (vedi il trailer).
Della verità sui rapporti tra Sarah (Silvane Kretchner) e Saleem (Adeeb Safadi) non importa niente a nessuno. Ogni atto, documento, telefonata che avrebbe una spiegazione semplice, viene reinterpretato con motivazioni complottistiche, sia dalle forze israeliane che da quelle palestinesi, per una volta simili nell’ostinata mistificazione del reale (vedi Stefano Fedele).
Chi paga il prezzo più alto
Tutti vengono messi di fronte a scelte difficili, ma è Saleem, il palestinese a pagare il prezzo più alto. L’uomo rischia dieci anni di prigione e, anche se verrà scagionato dall’accusa di spionaggio, dovrà farne almeno tre (non si capisce per quale motivo). Da notare che quando Saleem viene arrestato, preferisce farsi torturare piuttosto che rivelare il nome di Sarah.
Le più coraggiose
Saranno le due donne a restituire il vero senso alle azioni compiute e a dare una gerarchia di valori ai fatti. Dalla collaborazione delle due donne, Sarah e Bisan (l’attrice Maisa Abd Elhadi) nascerà un nuovo ordine.
Bisan, la moglie palestinese incinta – bella e di grande presenza scenica – ha un suo arco di trasformazione molto interessante. All’inizio sembra del tutto sottomessa al marito e al fratello ma poi si muoverà con grande determinazione e autonomia rispetto a tutti.
Quello che mi colpisce in questo film, così come nella deliziosa commedia Tutti pazzi a Tel Aviv che ho visto di recente, è il modo in cui gli israeliani trattano i palestinesi. Vengono picchiati, anzi pestati, alla prima occasione. Si ricorre all’uso della violenza fisica per un nonnulla, anche nei confronti delle donne: vedi come trattano la donna evidentemente incinta quanto fanno irruzione in casa sua.
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Come in Tutti pazzi a Tel Aviv (vedi il trailer), l’impossibilità dei rapporti tra palestinesi e israeliani è l’assunto da cui si parte e quello dove si finisce. Neanche in una soap opera è plausibile un matrimonio tra loro. L’orrore che un simile incrocio può suscitare lo esprime l’amica di Sarah quando lei le confida piangendo di aver tradito il marito.
“Tesoro, stai tranquilla. Queste cose succedono… e quando succedono ci ricordiamo di quanto siano importanti le nostre vere relazioni”. Le dice, cercando di tranquillizzarla.
Ma non appena Sarah le confessa che si tratta di un palestinese, la reazione dell’altra cambia nettamente e diventa aggressiva e sprezzante: “Cazzo! Sei così disperata?!”
Aggiungo alla tua recensione: se i ragazzini israeliani che delinquono vanno in prigione solo una volta maggiorenni, quelli palestinesi anche a 13 anni. E non e’ certo la povera Palestina a decidere.