Sergio Luzzatto ricostruisce la vicenda clamorosa di Massimo De Caro, predatore di libri antichi e prodigioso falsario, che venne arrestato nel 2012 per aver svaligiato l’antica biblioteca Girolamini di Napoli di cui era direttore. Una storia, verrebbe da dire, tipicamente italiana, in cui chi ruba è proprio chi deve controllare. Luzzatto la racconta in Max Fox (nick name di De Caro) e si basa soprattutto sulle interviste fatte a De Caro, in quella che anche nel titolo definisce una “relazione pericolosa”.
I libri sono strane creature bifronti: parte del loro fascino risiede nel contenuto e parte, è innegabile, nel contenitore. Non si dice forse di non giudicare un libro dalla copertina?
E quanto questo adagio popolare sia vero, lo si comprende guardando all’universo dei libri antichi. A meno che ovviamente non ci si interessi di legature, in tal caso l’orizzonte si ribalta. Perché in fondo anche l’appassionato di libri antichi è una creatura bifronte.
Ci sono i collezionisti di contenuti, quelli che mettono insieme l’intera biblioteca intorno a un singolo tema, e collezionisti dell’oggetto libro, per i quali condizioni e completezza sono requisiti fondamentali. Del resto i collezionisti seguono, nel loro accumulare, linee guida che possono sfuggire agli estranei ma che sono perfettamente chiare ai loro simili. L’importante, quando ci si avvicina a mondi sconosciuti, è sempre mantenere una giusta equidistanza e apertura mentale, tenendo ben salda la propria bussola morale.
E chi può farlo meglio di uno storico che per formazione deve mantenere una scientifica laicità nell’analisi di una nuova materia? Eppure, leggendo Max Fox o le relazioni pericolose si ha l’impressione che il suo autore, lo storico Sergio Luzzatto si sia fatto prendere un po’ la mano, forse perché era preoccupato di non finire nella trappola del “sbatti il mostro in prima pagina”.
Del resto più volte mette le mani avanti, come a volersi scusare con il lettore per essersi fatto coinvolgere nella “relazione pericolosa” con il soggetto del saggio, Marino Massimo De Caro: Max Fox.
Bibliofilo, mercante di libri, dirigente di una società per l’energia, proprietà di un oligarca russo, consulente del Ministero dei Beni Culturali, ladro e falsificatore di libri. Bisogna dire che il fascino della storia clamorosa di De Caro può far uscire dai binari della storiografia più stretta.
Il saccheggio della Biblioteca dei Girolamini
Salito al dubbio onore delle cronache nel 2012, grazie alla prima segnalazione pubblica dello storico dell’arte Tomaso Montanari. Allora venne svelato come la gestione De Caro della storica Biblioteca Nazionale dei Girolamini di Napoli, cara tra gli altri a Giovan Battista Vico, era diventata più che altro una sistematica spoliazione.
Da lì a poco verranno contestati a De Caro e ai suoi collaboratori i reati di peculato e associazione a delinquere. Fnché, a seguito delle sue stesse dichiarazioni, non emergerà una storia di sottrazioni di libri ben più antica dei più di duemila volumi trafugati dai Gerolamini. Una storia che inizia con un’amatoriale attività di compra vendita di libri antichi. Continua con la passione per Galileo Galilei e le sue pubblicazioni. E prosegue con la prima sottrazione di libri da una biblioteca pubblica, quella del veronese Istituto Don Provolo.
Le biblioteche dei fondi ecclesiastici sono infatti poco sorvegliate, con catalogazioni spesso incomplete e tanti volumi privi di timbri di appartenenza. Dunque costituiscono delle facili prede per personaggi spregiudicati.
“Perché il privato… ama il libro. Il pubblico no” è la tesi esposta da De Caro a Luzzatto. “Anzi, ti dirò di più: se i libri in quella biblioteca sono abbandonati, è un obbligo rubarli, per il grande bibliofilo!” continua De Caro, perché “’libro’ […] per me è una cosa quasi vivente… Quindi il libro abbandonato è un bambino abbandonato”.
La generazione Bim Bum Bam: gli adolescenti degli anni Ottanta
Se fosse stata solo la storia di un ladro di libri avrebbe riempito lo spazio ristretto di un reportage. Ma l’intuizione di Luzzatto è che c’è di più. C’è il fascino indiscreto della politica rampante di fine anni ’90 – primi anni 2000. Per De Caro è sospesa fra l’influenza dalemiana retaggio familiare e il fascino rutilante del berlusconismo e di Marcello Dell’Utri. Quest’ultimo è un grande collezionista di libri nonché animatore della Mostra del Libro Antico di Milano.
C’è quella che Alessandro Aresu ha definito nell’omonimo saggio la Generazione Bim Bum Bam, adolescenti degli anni ’80 cresciuti all’ombra del crollo delle ideologie e privi dunque di bussola, morale o meno.
Falsificazione dei volumi di Galileo
C’è, ed è la parte più avvincente, il racconto di una truffa clamorosa, la falsificazione di volumi di Galileo Galilei, vera ossessione di De Caro. In particolare di un Sidereus Nuncius che sarebbe stato illustrato con acquerello bruno dallo stesso Galileo. Un’invenzione bella e buona, un artefatto criminale costruito artigianalmente a partire da carte bianche e torchio d’epoca, attorno alla quale De Caro costruisce una storia incredibile ma sufficientemente verosimile da catturare l’attenzione degli studiosi specializzati.
C’è anche il profilo internazionale, perché il mercato del libro è tutto sommato ristretto nei numeri ma ampio geograficamente e perché la tipografia clandestina di De Caro si trovava in Argentina, dove per anni aveva fatto affari appoggiandosi a una libreria antiquaria di Buenos Aires.
In Max Fox Luzzatto ripercorre le varie tappe della carriera di De Caro, cercando contemporaneamente di suddividerle per tematiche, ma i piani spesso si sovrappongono e ancora più spesso scarseggiano le fonti se non quella, di parte, di De Caro stesso.
Luzzatto ammette che “La storia del presente non è nulla più che un ossimoro”. Perché, per l’appunto, mancano fonti diverse da poter incrociare nel tentativo di ottenere una certa equidistanza e scientificità.
Del resto la neutralità è impossibile persino al giornalismo, che sarebbe forse la disciplina più adatta per gestire una materia così magmatica. Resta però la sensazione che l’autore fosse pronto a lasciarsi irretire nella tela di De Caro, decidendo di ascoltare un’unica voce e non altre, ad esempio quelle degli operatori del settore.
Ne risulta una sorta di biografia avvincente e clamorosa, sicuramente utile a ripercorrere una vicenda con un personaggio esemplare, ma alla fine della quale bisogna stare attenti e prenderla cum grano salis.
Tra cronaca,storia,analisi di costume questo libro su De Caro sembra intrigante e avvincente !