Due cose sull’amore nel ‘900 e oggi. “Figli e amanti” di D.H. Lawrence

Figli e amanti di D.H. Lawrence

So già che molti non saranno d’accordo. Prima di leggerlo ho chiesto un po’ in giro e tutti mi hanno risposto: “È un romanzo bellissimo!”. Sono cento anni che Figli e amanti è stato pubblicato e in questi cento anni la sua reputazione è cresciuta e si è consolidata, tanto che è universalmente considerato un grande romanzo.
Io però l’ho mandato giù come una medicina amarissima. Per darvi un’idea, dirò solo che il più simpatico per me è il padre, il minatore ubriaco e violento che quando torna a casa picchia la moglie. Perché gli altri sono veramente insopportabili.

Figli e amanti di D.H. Lawrence

Il protagonista, Paul Morel, e Miriam, la sua ragazza, se ne vanno in giro per campi e boschi discettando di fiori ed eventi atmosferici come neanche i reali inglesi. E questo malgrado lei sia una ragazza di campagna ingenua e ignorante, mentre lui è il figlio di un minatore rozzo e analfabeta. Miriam poi ha una vocazione mistica e spirituale che la colloca al di sopra di tutto. Pare in contatto diretto col divino. Paul del resto dipinge e quindi anche lui dimostra una squisita sensibilità.

Prima di iniziarlo pensavo che il titolo Figli e amanti si riferisse a qualcuno, o meglio qualcuna, con dei figli e degli amanti. Tanto che dopo un po’ che lo leggevo ho pensato: d’accordo c’è lei, c’è l’orribile marito alcolizzato e ci sono i figli, ma quando arrivano gli amanti?
E invece no. Figli e amanti vuol dire che sono i figli ad essere gli amanti. Insomma si tratta del classico complesso di Edipo di cui parla Freud, quello che è tanto diffuso nella nostra civiltà occidentale, soprattutto in quella italiana dove si resta attaccati alla mamma pressoché per sempre. Quello che impedisce di crescere e di avere una vita emotiva e sentimentale adulta.

Il complesso di Edipo

È quella fase dello sviluppo emotivo che va dai due ai sette anni in cui si verifica una proiezione amorosa sul genitore di sesso opposto. Ma un complesso di Edipo non risolto può andare ben oltre. Così avremo uomini che non riescono a staccarsi dalla madre, che hanno la madre come riferimento affettivo primario. Individui che con delle scuse, magari il fatto che devono occuparsi della madre anziana, restano attaccati alle sue gonnelle.

Quello che colpisce in Figli e amanti è che non ci sono metafore, o travestimenti, lì tutto è esplicito e dichiarato. Madre e figlio sono collusi e complici. Sembrano proprio amanti. Perciò quando Paul si innamora di Miriam, la madre si oppone con tutte le sue forze perché non vuole che lui la lasci. E odia profondamente la sua rivale:

“È tutta trionfante lei, quando me lo porta via,” piangeva in cuor suo la signora Morel ogni volta che Paul se ne andava.

La madre però lotta con le unghie e coi denti, mostra tutta la sua disapprovazione, finché riesce nel suo intento di allontanarlo dalla ragazza.
Come se non bastasse, Paul tratta male Miriam perché ne è attratto anche se non lo può ammettere. Non può esprimere fisicamente la sua attrazione, quindi tra loro tutto si svolge a un livello spirituale ed estetico. Paul accetta di avere con Miriam una comunione emotiva verso l’arte e la natura, verso la bellezza, ma non può andare oltre. E la detesta perché gli suscita desiderio.

Ma, quando era con lei, il sangue continuava suo malgrado a ribollirgli.

Miriam, che è una mezza santa, tutta implosa, timida e spirituale, accetta qualunque cosa perché vive in un mondo suo e si sente superiore agli altri per la sua sensibilità esasperata che condivide con lui. Quindi si accontenta dei momenti buoni con Paul e ignora i suoi maltrattamenti, anche se ne soffre.

In realtà Paul Morel combatte la sua stessa tendenza verso un amore annientante come l’attaccamento mortale che la madre ha per lui. A tratti lui accusa Miriam di un tale amore risucchiante, quando in realtà è lui il portatore di quella visione spaventosa.
Ma il punto è che lui ama la madre al di sopra di tutto e pur di compiacerla è disposto a rinunciare alla ragazza. Paul è nervoso per il sacrificio di Miriam ma lo compie con devozione perché la madre è la persona più importante nella sua vita.

D’un tratto lei gli apparve sulla porta, un po’ timida. Si era messa una camicetta di cotone nuova. Paul balzò in piedi e le corse incontro.
«Oh, santo cielo!» esclamò. «Che splendore!»
Lei alzò la testa con una smorfietta pavoneggiandosi un po’.
«Non è affatto uno splendore!» ribatté. «È una cosa molto semplice.»
Fece qualche passo avanti mentre il figlio le girava intorno.
«E allora,» chiese infine timidamente, sforzandosi di apparire disinvolta e sicura di sé, «ti piace?»
«Moltissimo! Sei proprio una bella donnina da portarsi a spasso!»

Paul è combattuto fra l’amore per la madre e quello per Miriam, ma è la madre che stravince:

«Io non mi sposerò mai, mamma. Vivrò sempre con te. Ci prenderemo una donna di servizio.»

Odio Figli e amanti. Odio Paul Morel e pure Miriam e pure Clara, la ragazza che verrà dopo Miriam. Per non parlare della madre. Sono tutti odiosi. Sono tutti devastanti e infelici. Sembrano prigionieri di regole assurde che fanno la loro infelicità.

Un legame morboso e mortifero unisce madre e figlio. Una madre che non ha trovato appagamento nel matrimonio e nel marito, si attacca come una ventosa asfissiante ai figli. Dopo che il primo, William, il suo preferito, muore, punta al secondo che è Paul. Lui fa lo stesso. È un polipo avvinghiato alla madre. Questo legame insano e incestuoso provocherà solo dolore a tutti. Di certo il romanzo spiega bene come un certo tipo di relazioni morbose portino a vite infelici e sciagurate. Ed è una lenta agonia. Nelle isole Trobriand non sarebbe mai potuto accadere un simile scempio.

D.H. Lawrence è uno dei più grandi romanzieri inglesi e alcuni considerano Figli e amanti il suo miglior romanzo. Il poeta Philip Larkin lo ritiene un romanzo perfetto. Ma non è questo che pensavano all’epoca della pubblicazione: la sua prima fidanzatina Jessie, il suo editore Garnett e la futura moglie Frida gli hanno suggerito diversi miglioramenti e hanno lasciato la loro impronta nel testo.

Nel 1913, quando lo ha pubblicato, Lawrence aveva 27 anni, mentre a 40 anni pubblicherà L’amante di Lady Chatterley, il suo romanzo più famoso e scabroso.
Figli e amanti , titolo originale Sons and Lovers, cominciò a scriverlo nel 1910 e nei due anni successivi chiuse la relazione con Jessie Chambers, si fidanzò e ruppe con un’altra ragazza, perse sua madre per un cancro e si innamorò di Frida Weekley, la moglie di uno dei suoi professori, con la quale scappò in Europa. Se si aggiunge che il padre era davvero un uomo rozzo e analfabeta, che lui ha lavorato in una fabbrica di apparecchi ortopedici e dopo poco ha avuto una grave polmonite, si vede come il romanzo sia ampiamente autobiografico.

Giovanni Boldini: ritratto di Consuelo Vanderbilt, Duchessa di Marlborough, e suo figlio, Lord Ivor Spencer-Churchil. 1906

Nel romanzo la madre prende i suoi figli come amanti e li fa prigionieri. Li tiene stretti a sé e il risultato è che una volta diventati adulti, loro non possono amare. È troppo forte il potere della madre su di loro.
Il rapporto incestuoso tra Paul e la madre non è affatto sotterraneo e lo esprimono anche fisicamente con abbracci, baci, con un desiderio costante di contatto e vicinanza. Tutto questo è spudoratamente autobiografico, come ha rivelato Lawrence a un amico quando la madre stava morendo. Invece alla sua fidanzata Jessie ha detto: “L’ho amata come un’amante. Per questo non potrò mai amare te”.

Alla fine – attenzione spoiler – sarà Paul ad uccidere la madre. D’accordo, lei ha il cancro, ma è significativo che sia lui a somministrarle una dose letale di morfina. Certo è un gesto di pietà, ma anche liberatorio. Tra l’altro anche questo è un dato autobiografico. Nella realtà, a questo punto lo scrittore incontrerà Frida, la donna con cui vivrà per tutta la vita.

A discapito dell’antipatia che mi suscitano i personaggi e le loro scelte, devo ammettere che il romanzo è illuminante perché descrive tipi che circolano liberamente tra di noi ancora oggi e che anzi, in un’Italia così regredita a giardino d’infanzia, abbondano. E sono mine vaganti. Sì, perché i Paul Morel vogliono farsi amare ma non possono amare. Il loro cuore è arido, chiuso, tutto rivolto verso la fonte originaria, la mamma. Eppure faranno di tutto per sedurvi e riuscire a toccare i vostri sentimenti perché in mancanza dei loro vogliono sentire i vostri. Poi, soddisfatti della conquista e del fatto di sentirsi “amabili”, vi accantoneranno per passare a un’altra conquista.
Ma c’è una nemesi.

C’era qualcosa di evanescente, in Paul Morel, qualcosa di fuggevole, di falso. Non avrebbe mai dato sicuro affidamento a una donna. Clara lo disprezzava quasi, per quel suo ritrarsi in se stesso…

Lui non avrebbe mai ammesso di essere vinto, ma avrebbe continuato a girare senza posa da un luogo all’altro, come un animale in cerca di preda.

Sì, purtroppo questo gioco non potrà davvero soddisfarli perché l’amore non è mai a senso unico, non può essere l’amore di uno solo, ma è un sentimento reciproco. Solo se c’è reciprocità c’è amore.

«Sai,» le disse, «se si ama qualcuno, allora anche l’altro deve amare.»
«Ah!» esclamò lei. «È proprio quello che mi diceva mia madre quando ero piccola: “L’amore genera l’amore.”»

Ma non può generarlo in Paul Morel perché il suo cuore è secco e la sua squisita sensibilità verso la natura si rivela una bolla in cui specchiarsi, priva di consistenza. Perciò leggete Figli e amanti, approfondirà la vostra conoscenza della natura umana e svilupperà i vostri anticorpi.

Tiziana Zita

Tiziana Zita

Se prendessi tutte le parole che ho scritto e le mettessi in fila l'una dopo l'altra, avrei fatto il giro del mondo.

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