Ma quale amore è davvero tale?
Quale e quanto spaesamento possiamo sopportare?
Quale tempo ci possiamo concedere per ricucire un rapporto, o accettarne la fine?
Scrittrice di vivace talento, Valeria Parrella è una quarantacinquenne napoletana. Per la casa editrice Einaudi, oltre questo, ha pubblicato cinque libri, fra i quali l’ottimo Lo spazio bianco dal quale la regista Francesca Comencini ha tratto il film omonimo.
Questa breve storia in fondo è un dramma: la fine di un amore travestita da diario di viaggio, narrata con grazia ed umorismo.
Quanto ci spiazza un amore che muore?
Fino a che punto ci disorienta? Valeria prova a raccontarcelo. La sua casa editrice la spedisce a Buenos Aires col compito di ricavare un libro dal viaggio. Lei si fa accompagnare dal suo fidanzato nella speranza che questo diversivo ricomponga la loro relazione che sente scricchiolare. Michele non è più quello di prima. Lei ha paura di perderlo e prega affinché funzioni la magia calda dell’Argentina.
”È stato un errore, una pazzia, scegliere di scrivere un libro per amore e adesso mi tocca mettercelo tutto questo amore dentro”
In aereo due vecchi italiani emigrati a Buenos Aires li prendono in giro sul malcostume e sulla politica italiani. E’ un classico, addirittura rassicurante.
Poi l’autunno a Buenos Aires è romantico, ma ha l’odore che in Italia spetta alla primavera. L’hotel scintilla nel cuore del quartiere d’infanzia di Borges. Senza Borges Valeria non avrebbe mai compreso la poesia.
Eppure, nonostante la magnifica cornice, percepisce che Michele è lì solo per farle un favore e lei non è che una donna innamorata aggrappata ad un uomo che sta andando via.
Nei giorni successivi girano la città cominciando dal quartiere che ribattezzano “Palermo vecchia” e che le procura uno spaesamento.
”Il disamore, cioè la morte o perlomeno una delle sue manifestazioni, si danno a piccole dosi, le unghie si strappano una per volta, perché non si possa svenire tutto insieme”.
Valeria non riesce a ricordare quando è accaduto che Michele abbia iniziato a staccarsi da lei.
A Plaza de la Republica le capita di ripensare ancora a Borges: lei può parlare a Michele di quella assenza descritta dal poeta perché lei sta provando quella profondità, ma mai avrebbe pensato di raggiungerla a causa di lui.
Il cielo a Buenos Aires è enorme, sembra più grande di quello del nostro emisfero.
Il viaggio, lo straniero, lo spaesamento non hanno nulla a che vedere con la geografia, ma con la cartina del cuore.
Un altro giorno prendono la metropolitana, anche se a Buenos Aires è più difficile che a Roma. Arrivano in una libreria famosa perché realizzata all’interno di un vecchio teatro: sul palco c’è il bar e tutto il resto del teatro – palchetti, platea e balconate – è riempito di libri. Valeria lo trova un luogo sorprendente e pensa che se lì, in quel preciso istante, lei e Michele fossero capaci di star seduti l’uno di fronte all’altro con aria indifferente, sorseggiando il caffè, quella lei l’avrebbe chiamata felicità.
La sera mangiano quasi sempre in strada:
”Non ci sono qui le regole dell’Unione Europea in fatto di igiene, quelle che ci hanno anestetizzato le mozzarelle in orribili pacchettini e le vongole in retine da 1 kg esatto”.
Il brodo di purpo cucinato per la strada nei pentoloni, all’aria aperta, a Buenos Aires lo si trova ancora.
Lo spettacolo immenso del Rio de la Plata, la passione bruciante del tango… nulla serve. È finita. Il tango non si balla da sola.
I messaggi in chat che Valeria ha sbirciato di nascosto sul cellulare di Michele. Ha un’altra.
Per fortuna che ci ha pensato Proust a dare dignità alla gelosia. Un sentimento troppo umano.
Una sera l’avevano anche incontrata “l’altra” e Michele l’aveva salutata prendendole entrambe le guance. Ora tutti i conti tornavano.
Lui le aveva preso le guance. Davanti a Valeria. E l’universo si era spaccato in due: loro da un lato e Valeria dall’altro.
Per fortuna che c’è il mate che per gli argentini è come la benzina. Una liquirizia calda che scende in gola e fa l’effetto di una compagnia. Valeria conserva quella fotografia. E conserva pure l’ultima di quell’ultimo viaggio insieme, sulla scala mobile del Melba, il museo d’arte latino americana di Buenos Aires.
”Forse ti amo, forse ti amerò per sempre, solo che non voglio stare più con te”.
Fine.
Un grande amore quando diventa un ex grande amore, smette di essere un grande amore. Per definizione.
Ma quale amore?
Dopo lo smarrimento. L’amarezza. Dopo tutto il dolore. Si volta pagina. Perché c’è sempre un futuro.
Quello di Valeria ha i capelli brizzolati e lei gli ha scritto il numero di telefono sotto la firma alla copia del suo libro che lui ha acquistato.