Qiu Xiaolong, nato a Shangai nel 1953, è uno scrittore cinese che vive da oltre un trentennio negli Stati Uniti. La sua saga dell’ispettore capo Chen di Shangai, partita nel 2000 e oggi arrivata all’undicesima puntata, è stata tradotta in 19 lingue e ha venduto oltre 2 milioni di copie, prova di un successo solido e duraturo.
Quando era ragazzo, Qiu Xiaolong dovette dividere con la sua famiglia le nefaste conseguenze della “Rivoluzione culturale” con cui Mao, negli anni ’60, riprese in pugno la Cina. Con la zelante collaborazione di molti giovani imbevuti di ideologia, Mao accentrò autoritariamente un potere che si era gradualmente sparpagliato tra mille realtà locali.
Se i suoi genitori, bollati come nemici della Rivoluzione, ne passarono di tutti i colori tanto da restarne segnati per il resto della vita, a Qiu Xiaolong fu risparmiata la rieducazione inflitta ai giovani di città considerati troppo “borghesi”, tramite il lavoro coatto nelle campagne, solo grazie al fatto che soffriva di asma e bronchite.
Studiò letteratura e scienze sociali, laureandosi brillantemente. Si dedicò allo studio dell’Inglese fino a diventare un importante traduttore e, nel 1988, ottenne una borsa di studio per approfondire in Usa la conoscenza dei suoi autori prediletti. Primo tra tutti T. S. Eliot. L’anno seguente, durante i fatti che portarono alla rivolta di piazza Tienanmen, si schierò apertamente dalla parte degli studenti che manifestavano, raccogliendo fondi a loro sostegno. Dopo essere apparso in un filmato in onda su una tv americana, cominciò a ricevere pressioni e minacce dalla polizia cinese e decise di non rientrare più in patria.
Vive a S. Louis con la moglie e la figlia
Attualmente Qiu Xiaolong vive a S. Louis con la moglie e la figlia. Benché la sua formazione accademica, giunta fino al dottorato, gli aprisse le porte alla carriera universitaria, ha preferito raccontare la Cina attraverso le sue opere narrative. Ha così dato inizio alla saga dell’ispettore capo Chen di Shangai. Partita nel 2000 e oggi arrivata all’undicesima puntata, la saga è tutta pubblicata da Marsilio. La traduzione in 19 lingue, compreso il cinese – anche se in Cina i suoi libri sono usciti pesantemente censurati e neanche tutti – e la vendita di oltre 2 milioni di copie, sono le prove di un successo solido e duraturo.
La Cina dell’ispettore capo Chen è quella degli anni ’80, ossia un mondo distantissimo dall’esperienza quotidiana del lettore occidentale, compreso quello che della Cina moderna sa giusto quello che ha leggiucchiato su qualche celebre bestseller e che ha provato a farsi una cultura sul tema, ma ha ancora il dubbio di esserci riuscito.
Conoscere la Cina dai libri
Archiviate definitivamente e da tempo le suggestioni di Edgar Snow e di Felix Greene, anche Cara Cina di Parise e La Cina è vicina di Emanuelli sono ormai distanti anni luce. Resta forse qualche eco di Una lettera da Pechino e, più ancora, del libro successivo di Cavallari, La Cina dell’ultimo Mao: nel senso che la Cina di Chen ne rappresenta una delle possibili evoluzioni, anche se non quella che al tempo era considerata la più “naturale”, ma è comunque quella che si è avuta nella realtà.
Il ciclo di Chen di Qiu Xiaolong si apre con un romanzo memorabile, La misteriosa morte della compagna Guan, in cui la realtà di questo mondo viene svelata attraverso un’indagine poliziesca condotta in maniera impeccabile, nonostante un contesto pieno di ostacoli e pericoli. La vicenda prende l’avvio dal ritrovamento accidentale, in un sacco abbandonato in un fiume, del corpo strangolato di una capo-commessa di una catena di grandi magazzini. Una bella ragazza piuttosto famosa perché pubblicamente celebrata come “lavoratrice modello”, in virtù del suo impegno maniacale e del suo stakanovismo sul posto di lavoro.
La rogna di occuparsi di quello che appare inizialmente un sordido delitto d’impeto tocca a Chen e al suo sottoposto Yu, una coppia piuttosto eterogenea. Intellettuale e idealista Chen, venuto su dalla bassa manovalanza e pieno di sordido rancore verso chiunque goda di qualunque privilegio Yu. Ciononostante la coppia è ben affiatata dalla stima reciproca, che si consolida in una vera amicizia.
L’impeccabile compagna Guan conduceva una doppia vita
Ben presto, emerge che l’impeccabile compagna Guan conduceva una doppia vita e che chi l’ha ammazzata, oltre a conoscerla benissimo, doveva avere ottime ragioni per eliminarla. A questo punto, l’indagine si inoltra su un terreno minato, perché l’ambiente in cui cercare il possibile assassino di Guan appare quello dei cosiddetti FGG, i figli viziati e privilegiati dei dirigenti di partito, venuti su con la Rivoluzione Culturale e rimasti in sella anche dopo la scomparsa di Mao.
Se a Chen capita di frequentarne qualcuno sentendosi sempre a disagio con loro, Yu li disprezza più di qualunque altra cosa al mondo, ma i dirigenti cui devono riferire sono fin troppo espliciti: quell’ambiente è off limits, vi si entra solo a proprio rischio e pericolo.
Tuttavia, i due poliziotti si impegneranno a mettere insieme, con pazienza certosina e tenace determinazione, diverse prove inconfutabili che puntano tutte nella stessa direzione.
La Shangai di Chen
E’ una città che non ha nulla di esotico. Cupa, sporca, caotica, flagellata dall’inquinamento cui a volte si aggiunge anche il maltempo, in certi momenti ricorda soprattutto la futuristica Los Angeles di Blade Runner. I suoi poliziotti sono efficienti ma grigi e fin troppo umani, compreso lo stesso Chen che si diletta di poesia e vede i suoi versi pubblicati su riviste letterarie, letti e premiati.
Qiu ha dichiarato che, per quanto riguarda gli investigatori, i suoi modelli di riferimento sono i romanzi svedesi della serie dell’ispettore Martin Beck, scritti da Maj Sjöwall e Per Wahlöö negli anni ’60 e tradotti in Italiano prima nei Gialli Garzanti in bellissime edizioni vintage e poi in La Memoria di Sellerio in versioni integrali e molto più curate. Oggettivamente, era difficile scegliere un modello migliore.
Intorno ai protagonisti si muove un’umanità incredibilmente variegata, dai dirigenti attenti solo a non pestare calli importanti, ai pensionati costretti ad arrabattarsi in ogni modo per arrivare a fine mese, dagli avventurieri che si barcamenano tra affari leciti e illeciti pur di fare soldi, alle donne che scontano la parità di genere con un carico di lavoro impressionante, sia a casa che fuori. Qiu, tra l’altro, ci spiega pazientemente qualcosa che facciamo sempre fatica a comprendere, ossia che la Cina non è “un Paese” nel senso in cui lo intendiamo solitamente noi, ma una specie di continente nel continente asiatico, vastissimo e popolato da molte etnie differenti, con alle spalle migliaia di anni di cultura e tradizioni che nemmeno i decenni di dittatura sono riusciti completamente a omologare.