Nella sala Nuvola, che si trova proprio al centro de La Nuvola di Fuksas, per Più Libri Più Liberi abbiamo incontrato Yasmina Khadra, nome femminile di uno scrittore algerino che ha fatto un bellissimo intervento. La vera identità di Yasmina Khadra è stata rivelata solo dopo 25 anni, quando si è trasferito a vivere in Europa, a Parigi. La prima domanda di Francesca Mannocchi, che lo ha intervistato, è stata proprio questa: “Perché Yasmina Khadra? Perché ha scelto uno pseudonimo femminile?”
Yasmina Khadra
Mi hanno fatto questa domanda un migliaio di volte e la mia risposta è sempre stata: prima ero una donna, poi visto che nel Maghreb le donne non sono molto apprezzate, sono diventato un uomo. In realtà io sono stato membro dell’esercito algerino e avevo già scritto sei romanzi con il mio vero nome. Per questo ho cominciato a diventare scomodo per la gerarchia militare. Non per quello che scrivevo, ma per il solo fatto di scrivere. Nel 1988 ho ricevuto un premio in Francia ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A quel punto mi hanno censurato. Tra l’altro io già mi stavo autocensurando. Perciò non potevo accettarlo e sono diventato infelice.
All’epoca vivevo nell’Ahaggar, a sud del Sahara algerino. Non c’era cinema, non arrivava il segnale televisivo, né quello radiofonico. Io ero l’unico divertimento per mia moglie. Ma ero diventato triste e lei non mi sopportava. Allora mi ha detto: “Devi avere il coraggio delle tue convinzioni. Mettiti a scrivere con uno pseudonimo”. È lei che mi ha dato il coraggio di farlo. Poi mi ha detto: “Tu mi hai dato il tuo cognome per la vita, io ti darò il mio per la posterità”.
Così ho preso questo nome per gratitudine perché è una donna che mi ha dato moltissimo e ha anche rischiato per me. Ha accettato di lasciare il suo paese per seguirmi in Messico. E questo pseudonimo mi ha portato fortuna. E’ grazie a lui che sono conosciuto nel mondo. Sono tradotto in 58 paesi, in 48 lingue. E ogni volta che mi celebrano io penso a mia moglie.
Per me la donna è il senso del mondo
Le persone che lo hanno capito sono felici, invece quelli che non capiscono l’importanza che ha la donna sono tristi. Questo cerco di dirlo sempre nei paesi arabi e musulmani. Una nazione non potrà mai essere libera finché la donna non sarà libera. Perché è la donna che ispira tutte le cose migliori nel mondo. Mi ricordo di una volta che ero a Kuwait City e il primo ministro, un principe, mi ha chiesto: “Ma come può, lei che è un musulmano, un arabo, un ufficiale, aver scelto uno pseudonimo femminile?” Era arrabbiato.
Gli ho risposto: “E’ l’unico modo che ho per guardare mia moglie negli occhi”.
Io credo nella forza della donna perché ha una lucidità sana. Quando la donna è cattiva è sempre a causa dell’uomo. E se invece l’uomo è buono, è sempre grazie a una donna. Perciò se volete essere felici, amate la donna.
Yasmina Khadra è riuscito ad entrare nelle contraddizioni dei nostri tempi come pochi. Lo ha fatto ne L’attentato, in Khalil, il suo ultimo libro dove assume la voce di un ragazzo europeo di origine maghrebina radicalizzato. Lo ha fatto soprattutto in un libro straordinario che è L’ultima notte del Rais, in cui assume la voce di Gheddafi. Come si può assumere la voce di un dittatore che ha compiuto gli atti più efferati?
Yasmina Khadra
Bisogna avere una certa conoscenza del fattore umano. Da quando sono piccolo io mi interesso agli altri. Già da quando avevo nove anni e stavo in una caserma per gli orfani di guerra della Liberazione. Io non ero un orfano e vivevo molto male il fatto di dover stare lì. Perciò per dimenticare il mio dolore mi dedicavo al dolore degli altri. Questo mi ha fatto sviluppare una sensibilità molto forte e fa sì che oggi io non possa passare accanto a qualcuno che soffre senza interessarmene.
L’ultima notte del Rais è stato un esercizio molto difficile perché io mi sentivo agli antipodi del dittatore. Ho sempre detestato la tirannia e il totalitarismo, ma mi sono sempre chiesto: come fa un uomo a diventare così brutale? E quando sono entrato nell’esercito ho capito che è il potere che trasforma l’uomo. Il potere è una possessione demoniaca. Si vive continuamente nell’impunità. Il tiranno è consapevole di questa impunità. Quindi ha paura per se stesso, per la sua incolumità, perché sta facendo del male e sa che un giorno quel male gli si ritorcerà contro. Allora per dominare la sua paura terrorizza gli altri. Questo avviene soprattutto se non ha un progetto credibile di società che sostituisce con la repressione.
Entrare nella testa di un dittatore
Yasmina Khadra
Gheddafi lo avevo nella testa già da quarant’anni. Quando ha destituito il re aveva 25 anni e per me era un idolo. Per noi giovani era il simbolo di un modo di guardare al futuro. Ci identificavamo in lui. Poi, a poco a poco, abbiamo visto quest’uomo molto carismatico trasformarsi in un tiranno. Questo è quello che ho cercato di raccontare nel libro. Volevo raccontare che chiunque sia il tiranno, innanzitutto è un essere umano che è capace della crudeltà più terribile ma ha anche delle qualità. Dietro a quest’uomo all’apparenza così forte, c’era una parte molto vulnerabile. Il pericolo più grande che corre oggi l’umanità è quello di essere un gregge, quello di seguire gli altri. Abbiamo dimenticato che la nostra libertà fondamentale è il libero arbitrio. Non riflettiamo più con la nostra testa.
Io ho la fortuna di avere una doppia cultura: occidentale e arabo-berbera. Cerco di andare in Oriente e in Occidente per costruire dei ponti. Oggi più che mai abbiamo l’obbligo di essere lucidi perché quello che succede nel mondo è terribile. Molte persone vanno in televisione a vendere le loro frustrazioni e ci contaminano con il loro odio. Non penso che abbiamo bisogno di questo. Noi abbiamo già le nostre frustrazioni e i nostri odi. Abbiamo bisogno di far prevalere il nostro amore per poter riequilibrare e compensare le cose. Ogni popolo ha il diritto di vivere tranquillamente, ogni famiglia. Più che mai bisogna diffidare del populismo, di queste persone che inventano dei nemici e indicano un pericolo laddove in realtà non c’è nessun pericolo.
Sembra che oggi la letteratura, il giornalismo, l’opinione pubblica non abbiano più strumenti per decodificare la complessità.
Yasmina Khadra
No, abbiamo sempre la possibilità di spiegare le cose. E’ necessario solo essere oggettivi. Mentre oggi l’oggettività è molto derisa. Siamo affascinati dalle menzogne, dalla calunnia. Quando si difende la verità bisogna difendere anche la dignità delle persone. Bisogna assolutamente dissociare la verità dallo scandalo. Mentre tutto quello che fa verità oggi è lo scandalo. Ci sono persone che vengono calunniate, licenziate, lapidate e sono innocenti. Poi quando si ha la prova che erano innocenti non ci si sofferma sulla cosa. Per questo ho voluto scrivere il libro su Gheddafi: volevo che lui parlasse direttamente al lettore. Perché se ne è fatta una caricatura.
Se ho scritto Khalil è perché in Francia ogni giorno alla TV ci sono persone che demonizzano i musulmani e fanno discorsi dell’odio contro di loro. Io li chiamo “gli esperti senza soluzione”. Sono potenti ed influenzano in modo nefasto gli animi. Basta poco per finire in televisione. Basta dire qualche stupidaggine. Se invece usate la saggezza sembrate delle cariatidi. Oggi quando si cerca di fare discorsi umani si viene accusati di essere moralisti. È molto brutto vedere la morale così vilipesa, mentre invece è necessaria.
Ho scritto Khalil per rispondere a queste persone. Nel libro io dico che c’è sempre una soluzione e che niente è irreversibile. Anche partendo da un discorso d’odio si può arrivare a un discorso d’amore. Non voglio fare l’ecumenico, io resto attaccato alla realtà. Ho fatto per otto anni la guerra contro il terrorismo e so che è una mostruosità che non auguro a nessun popolo (in proposito leggi anche qui).
Il mondo non è mai stato perfetto. E’ stato concepito per non essere perfetto ed è nostro compito negoziare con queste imperfezioni. Chi vuole amare veramente la vita deve saper amare di ogni religione un santo e di ogni folclore un canto.
Khalil è un giovane che desidera il martirio. L’attentato tratta del conflitto fra Israele e Palestina. Il protagonista ha una mancata comprensione della realtà a lui più prossima perché scopre sua moglie tra le vittime di un attentato, scopre che era lei era l’attentatrice.
Yasmina Khadra
L’attentato è un romanzo che mi ha causato molti problemi. Prima ero letto nel mondo intero, ma alcuni credono che non abbiamo il diritto di raccontare certe cose che ci toccano. Con questo libro ho provato ad evocare l’assurdità umana. Nel romanzo c’è una personaggio che dice: “Non c’è niente al di sopra della mia vita, ma la mia vita non è al di sopra della vita degli altri”. E’ il condensato della filosofia del mio romanzo.
Sulla terra niente ci appartiene, siamo solo degli affittuari
Yasmina Khadra
Allora perché la guerra, il colonialismo, il desiderio di diventare il tiranno di ogni cosa? Siamo talmente effimeri, piccoli, ridicoli. Siamo piccole fiammelle nel cosmo. Perché farne un incendio? Perché invece non utilizzare questa fiammella per fare luce e illuminare quello che abbiamo intorno?
L’attentato è la storia di una guerra assurda e stupida, mentre Khalil è la storia di un giovane che non si sente amato dalla società d’adozione, ma che è vittima di se stesso. Non è vittima della società, è la vittima di ciò che crede sia la società. E siccome non ha punti di riferimento, questi punti di riferimento vengono creati apposta per lui. Tutte i bambini al mondo hanno bisogno di una famiglia e quando non la trovano vanno a cercarla altrove. Per loro altrove è la strada dove si possono incontrare persone straordinarie, ma anche persone che ti spingono verso il fascismo, il razzismo, il narcotraffico.
L’unica cosa che ci può salvare dalla fragilità umana è il libero arbitrio. Certo bisogna ascoltare gli altri. Ma bisogna anche fare la propria analisi. I media si possono sbagliare e i politici sono dei veri mentitori. Ognuno deve cercare da solo la propria felicità e cercare di seguire i propri sogni. Che poi non è obbligatorio realizzare. Ma dobbiamo almeno credere di poter avanzare inseguendoli.
La radicalizzazione non è religiosa ma è settarismo. In Messico ho cercato di capire come le persone potessero decidere di entrare in una gang. E’ lo stesso processo. Ci sono persone vulnerabili ed escluse. Nessuna ideologia al mondo nasce da una convinzione. La convinzione arriva dopo la frustrazione, quando si cerca di legittimare la frustrazione e la si trasforma in violenza. Io non vedo nessuna differenza tra fascisti, jihadisti e narcotrafficanti. E’ la stessa cosa perché si rinuncia a se stessi per diluirsi in un insieme. Si smette di appartenere al proprio destino.
Quanto l’ha cambiata essere Gheddafi, Khalil, o L’attentatrice?
Yasmina Khadra
Lo scrittore è un dio che crea dei personaggi ma resta sempre dietro a loro. Quando si scrive si fa davvero uno sforzo enorme. Io cerco di andare nel più profondo dell’animo di ogni personaggio che racconto per renderlo più credibile. Condivido la sua angoscia, le sue aspirazioni e sono infelice come lui. Il romanzo è come una gravidanza isterica. E dopo, quando si partorisce, si ritorna se stessi. Ma non scrivo solo di fanatismo, scrivo anche delle storie d’amore. Cerco di far viaggiare il lettore e lo porto in Algeria, a Cuba, in India.
Il libro è il miglior amico dell’uomo
Anch’io sono un grande lettore e amo tutte le letterature del mondo, in particolare la letteratura russa che mi ha fatto scoprire, non soltanto il mondo, ma anche me stesso. Perché il libro è uno specchio che riflette chi siamo veramente. Quello che crediamo di leggere in un libro è quello che leggiamo in noi stessi. È una specie di sismografo della nostra anima, quindi amate i libri e cercate di non giudicare quando leggete e non capite. È la ragione per cui di fronte allo stesso libro, alla stessa pagina, tutti reagiscono in modo diverso. C’è chi lo adorerà, chi lo detesterà. Ma il problema è nel libro o in se stessi? Il libro è il miglior amico dell’uomo. Meglio del cane, del fucile e del cavallo.
Sabato l’ho visto. A inizio conferenza appariva come un piccoletto con l’aria dimessa ma, dopo 2 minuti, mi sono trovato di fronte una Supestar che si muoveva e gesticolava con lo stile sublime di Joe Pesci in “mio cugino Vincenzo”.
Oltre a quello che è scritto nell’articolo mi è piaciuto il discorso sulle condivisioni e sui meme . Yasmina Khadra evidenzia come nell’uso dei social gli utenti in massima parte evitano di scrivere qualcosa di originale, limitandosi a ripostare ciò che più o meno assomiglia al loro pensiero
Non so dirti se proprio come il sublime Joe Pesci … (al momento mi scappa “mio cugino Vincenzo) ma è stato molto carismatico e anche poetico… 🙂