Oltre ai personaggi, protagoniste di questo romanzo sono le strade di Parigi. Tante vie intrecciate da percorrere a piedi, da soli o in coppia, tra i lampioni che schiariscono il buio della notte. È una Parigi antica, alla Breton, senza automobili, traffico, semafori, folla. Molti fanno degli hotel la propria casa, occupano fino a tardi i pochi caffè ancora aperti. Ad aspettarli ci sono stanze affittate per pochi soldi, squallide e impolverate, sempre diverse. Eppure in questo sembra risiedere il loro fascino, descritto Nel caffè della gioventù perduta di Patrick Modiano, libro insolito ed enigmatico, pubblicato nel 2007.
Insolita è anche la struttura del romanzo perché quattro voci narranti si susseguono e raccontano la storia da diversi punti di vista, dopo molti anni che si è svolta. Il primo è uno studente di ingegneria, segue un detective privato, poi Louki e infine Roland.
Descritti come esseri viventi precari e superflui, i personaggi attraversano le vie di Parigi come le pagine del libro, senza nessun motivo apparente. Un insieme di vaghe suggestioni porta Roland e Louki a frequentarsi. Lei è una ragazza che ama passare ore nei caffè, soprattutto il Condé, un posto che ha scoperto per caso, sulla rive gauche.
Louki
“Ho sempre pensato che certi luoghi sono come calamite, che ti attraggono se passi nei paraggi. In modo impercettibile, senza che tu te ne renda conto. Basta una strada in discesa, un marciapiede assolato, oppure all’ombra. O magari un temporale che ti porta esattamente dove dovevi approdare”.
Louki va al Condé da sola, “alle due del pomeriggio come alle due di notte. Si siede sempre allo stesso tavolino e si guarda intorno. Si rifugiava lì, al Condé, come se volesse fuggire qualcosa, sottrarsi a un pericolo”.
La ragazza col tempo diventa amica degli altri avventori. Alcuni frequentatori assidui sono strani tipi, come Bowing.
“Da circa tre anni registrava i nomi dei clienti del Condé, via via che entravano, annotando anche la data e l’ora esatta del loro arrivo. In fondo Bowing cercava di salvare dall’oblio le farfalle che volteggiavano per qualche secondo intorno alla luce”.
Guy De Vere invece è uno scrittore un po’ filosofo che riunisce a casa sua alcuni amici. Insieme meditano a luci spente. È qui che Roland e Louki si conoscono. Di Roland si dice poco, se non che è innamorato di Louki e non perde occasione per intrattenersi in sua compagnia.
Lei è una giovane donna, sensibile e curiosa. Timida e allo stesso tempo sfrontata, soffre di attacchi di panico. Spaventata dal passato e dal presente, fugge la solitudine appoggiandosi agli altri, trovando sollievo nel rapporto con le persone che mostrano un qualche interesse per lei.
“Contavo molto sugli incontri che avrei fatto e che avrebbero messo fine alla mia solitudine”.
Prima della morte della madre – che lavorava come maschera al Molin Rouge – Louki trascorreva il tempo vagabondando di notte nella città semideserta, motivo per cui qualche volta è stata anche arrestata. Dopo tutto è cambiato: la ragazza ha dovuto cercare un impiego per mantenersi e ha finito per sposare il proprietario della ditta in cui lavorava. Una sera, però, non è più tornata a casa dal marito. “Perché lo hai sposato?” chiede Roland quando Louki gli racconta la sua storia, ma lei non sa trovare una risposta.
L’investigatore privato, la seconda voce narrante del romanzo, arriva al caffè Condé in cerca di Louki, essendo stato ingaggiato da suo marito per ritrovarla.
Louki è il personaggio centrale intorno a cui gravitano tutti gli altri ed è anche quello che più ho amato. Mi ha fatto pensare a La merlettaia, la protagonista del film di Claude Goretta, perché è una di quelle ragazze dolci e amare, abituate a una disperazione silenziosa che nessuno nota.
Roland
Roland è attratto da lei, ma non si interroga sugli aspetti psicologici e per questo non comprende alcuni suoi tratti caratteriali. Eppure i due si capiscono. Diventano amanti quando Louki è ancora sposata. Dal marito semplicemente non torna più.
Dice Roland:
“Ero convinto che ci rassomigliassimo, perché tra noi c’era spesso telepatia. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. Nati lo stesso anno e lo stesso mese. Eppure doveva esistere una differenza tra noi”.
Nel caffè della gioventù perduta ha una trama labile, quasi inesistente. Ci si lascia andare nella corrente in un modo che sembra poter esistere solo in quella Parigi, diversa dalla metropoli dei giorni nostri, rivisitata con gli occhi dell’immaginazione. Tutto è raccontato come fosse un lungo sogno in cui le persone si perdono e si ritrovano da un momento all’altro.
Anni dopo Roland ritorna negli stessi luoghi di Parigi. Nel suo ricordo vivido traspare tutta la nostalgia per quei giorni ormai perduti. Cerca i posti che ha frequentato con Louki, ma non li ritrova e non ritrova neppure lei. Questo accade perché Louki, a un certo punto, lascia sempre per strada le persone che conosce, per pigrizia o perché quel giorno non ha voglia di incontrarle. Poi diventa troppo doloroso dar loro spiegazioni. E senza spiegazioni, Louki, lascia anche se stessa.
“Ce la fai. Lasciati andare”.
In occasione del Nobel per la letteratura ricevuto nel 2015, Tiziana Zita ha pubblicato in questa rivista – che dirige – un articolo dettagliato sulla vita e l’arte di Modiano, dove scrive:
“I suoi libri sono un misto di autobiografia e invenzione. I suoi romanzi sono costruiti intorno a un protagonista assente. Un personaggio misterioso che lui tenta di mettere a fuoco, ma che resta sfuggente e inafferrabile. Siamo prigionieri dei luoghi in cui abbiamo vissuto e Modiano ne ripercorre le vie, ossessionato da quelli che ci hanno vissuto un tempo. Parigi, le sue strade, i caffè, gli annuari obsoleti, il suo catasto segreto sono pieni di gente che non c’è più. Lui è l’investigatore che cammina instancabile, rovista, annota, registra. Il suo terreno di caccia è la memoria”.
Questo è in sintesi il contenuto di Nel caffè della gioventù perduta.