“Ho questa terribile sensazione di essere un’avida, pervertita, egoista, apatica, cinica, depravata, donna moralmente corrotta che non può chiamarsi nemmeno femminista”.
Trasposizione televisiva di uno spettacolo teatrale del festival di Edimburgo del 2013, Fleabag è una serie tv dramedy (drama + comedy), nata per la BBC3 nel 2016 e poi distribuita da Amazon Prime Video. A maggio del 2019 è uscita la seconda e ultima stagione.
Siamo nella mia amata Londra e Fleabag (sacco di pulci) ne è una emblematica cittadina. Single, trenta e qualcosa, ha una caffetteria sempre sull’orlo del fallimento e una famiglia che sembra un covo di matti ma alla fine, com’è normale, è un suo punto di riferimento affettivo, per quanto surreale.
Fleabag ha una sorella, Claire (Sian Clifford), che è il suo opposto; donna manager di successo, sposata, maniaca del controllo. Hanno da poco perso la madre e ancora non sanno bene come relazionarsi con questo fatto. E non sono sostenute dal padre (Bill Paterson) che si sta per risposare con una donna più giovane (Olivia Colman), adorabile nel suo essere odiosa nei confronti delle figlie di lui.
Anche la sua migliore amica, con la quale aveva aperto la caffetteria, l’ha lasciata. Era il suo alterego in tutto e per tutto, a iniziare dall’aspetto fisico per finire nella purezza e bontà d’animo, ed è morta in un incidente dopo aver scoperto che il suo fidanzato la tradiva.
Fleabag è la serie, ma è anche lei, la nostra protagonista nonché scrittrice della serie, Phoebe Waller-Bridge. Non ha un nome proprio, in 12 episodi non viene mai nominata, chiamata, presentata. Questo espediente narrativo che la rende “universale”, si somma al fatto – e qui si vede l’origine teatrale della serie – che Fleabag mette a nudo la sua anima. Guardando in camera si rivolge allo spettatore e gli racconta cosa sta veramente pensando, oppure commenta quello che succede. Riesce così a coinvolgerlo totalmente nella sua vita quotidiana.
Fleabag e Bridget
E’ facile fare un parallelismo con Bridget Jones, tenendo comunque ben presenti le differenze dovute ai 20 anni che le separano. La Londra – e l’intero mondo – di Bridget ha un’atmosfera, un tessuto sociale ed economico, uno stile di vita ben diverso da quello in cui vive Fleabag. L’atmosfera un po’ fiabesca ha lasciato il posto a dei toni piuttosto cupi, per quanto ironici. Anche le tematiche che si trova ad affrontare Fleabag sono più adatte all’approccio alla vita dei Millennials.
Emblematico del cinismo e del disincanto è il dialogo tra Fleabag e la sorella davanti alla tomba della mamma:
Claire: Non vedo l’ora di essere vecchia.
Fleabag: Se ti può consolare sembri più vecchia di quanto tu non sia.
Sia Bridget che Fleabag sono single, combina guai, in lotta con l’ambiente professionale, ma il romanticismo di Bridget, il suo sogno del principe azzurro, è diventato in Fleabag un cinismo disincantato nei confronti delle relazioni, ridotte soprattutto a incontri a sfondo sessuale. Non a caso la serie si apre con il fidanzato che la lascia perché, mentre stanno a letto insieme, la scopre che si sta masturbando guardando un’intervista a Barack Obama!
L’inizio spiazzante…
Ho visto Fleabag (vedi il trailer) incuriosita dai commenti entusiastici di mia cugina sceneggiatrice che, per lavoro oltre che diletto, di serie tv ne vede una quantità. Devo ammettere che i primi episodi mi hanno lasciata un po’ perplessa. Non riuscivo ad agganciarmi al filo narrativo, mi sembravano situazioni un po’ sconnesse tra di loro.
E’ durato poco, però. Nel momento in cui ne ho capito la dinamica, il fatto che il suo barcamenarsi tra battute infelici e uomini improbabili fosse la sua maniera per tentare di riannodare i fili della sua esistenza e capirci qualcosa, mi ha agganciata e l’ho vista tutta d’un fiato.
Profondamente british nell’ironia e nel sarcasmo, seguiamo Fleabag nella sua crescita emotiva.
C’è da dire che esiste una differenza abissale tra la prima e la seconda serie, uscita due anni dopo, solo per insistenza del pubblico (Phoebe Waller-Bridge non aveva in mente una seconda stagione).
La prima è la caduta del personaggio, fino alla scena finale in cui vaga per la città con il mascara colato per le lacrime. Nella seconda invece la accompagniamo nella presa di coscienza di sé e di quello che vuole. Questo anche grazie a una storia d’amore improbabile e a svariati drink bevuti insieme a una manager più grande di lei, che le apre gli occhi su un altro approccio alla fisicità, soprattutto femminile.
Eh lo so che suono piuttosto ermetica, ma non avrete spoiler da me!
Il fatto è che Fleabag usa il cinismo, il disincanto, il sarcasmo e il sesso – che non si vede mai ma se ne parla moltissimo – come armi di distrazioni per sviare il pubblico dalla sua sofferenza.
Una volta capito questo, ci si rende conto di trovarsi di fronte a una serie deliziosa, meravigliosamente scritta e interpretata che aiuta anche noi, che millennials non siamo, a mettere a posto un po’ di cose magari lasciate in sospeso anni prima.
La menta
Una delle erbe aromatiche più diffuse in Gran Bretagna è la menta. Sarà perché è spontanea, perenne, nasce e resiste sotto la neve e non ama il sole, sta di fatto che è presente in tutti i giardini del Regno Unito.
E i sudditi di Sua Maestà la utilizzano in modi che a noi mediterranei potrebbero lasciare perplessi ma che, vi giuro, sono molto interessanti. A parte che hanno creato gli After Eight (mio cioccolatino feticcio da quando sono bambina), non la mettono nel tè, come ci si aspetterebbe, ma la usano insieme alla cipolla fresca per condire i piselli saltati.
Soprattutto ci fanno una salsa, per condire l’agnello, spettacolare. Certo vi deve piacere la menta.
Questa tradizione risale ad almeno un paio di secoli fa, quando l’agnello che cucinavano non era esattamente di carne delicata e profumata come quello che usiamo oggi. Era più simile al montone, dall’odore e sapore molto forti e, soprattutto, molto grasso. Ecco allora che la freschezza della menta stemperava e ammorbidiva l’insieme.
Adesso, appunto, non sono più questi i motivi, ma è un modo interessante per condire il nostrano arrosto della domenica. E, per i nostri amici vegetariani, sappiate che anche come semplice intingolo per il pinzimonio ha il suo perché.
Salsa alla menta
Un bel mazzo di menta fresca (per gli amici romani MENTA, non mentuccia, quella lasciatela ai carciofi)
5 cucchiai di acqua bollente
3 cucchiai di aceto di vino bianco di qualità
1 cucchiaio di zucchero
Per prima cosa lavate la menta, poi staccate le foglie dagli steli e tritatela grossolanamente. Annusatevi le dita. 🙂
Mettete la menta in una ciotola resistente al calore, spolveratevi sopra lo zucchero e poi versateci l’acqua bollente. Mescolate delicatamente, sigillate e fate raffreddare.
Una volta freddo aggiungete l’aceto e mescolate di nuovo. Assaggiate ed, eventualmente, aggiustate a vostro gusto.
Sigillate nuovamente e fate riposare almeno un’ora, idealmente una notte.