Lenny Bruce, dai Beatles a The Marvelous Mrs. Maisel

Lo avete visto su una delle copertine di album più iconiche di sempre, quella di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, è stato citato nelle canzoni di Simon & Garfunkel e R.E.M. mentre Bob Dylan gli ha intitolato una canzone in cui lo definisce “il fratello che non hai mai avuto”. Don DeLillo lo ha reso protagonista di bellissime pagine in Underworld e Dustin Hoffman lo ha interpretato sul grande schermo diretto da Bob Fosse. Stiamo parlando di Lenny Bruce, uno degli stand-up comedian (o comici cabarettisti) più famosi di sempre.

Lanny Bruce prima del palco
Honey Bruce Friedman, Lenny Bruce e la loro figlia Kitty nel 1974

Nato nel 1925 a Long Island da una famiglia ebraica, figlio di genitori divorziati, è cresciuto con la zia e la mamma, ballerina e attrice. Arruolatosi in marina nel 1942 combatté su una potente nave americana, l’incrociatore Brooklyn, “per tre anni e quattro sbarchi: Sicilia, Salerno, Anzio, Francia meridionale”. Salvo poi riuscire a farsi congedare con disonore per essersi esibito en travesti (disonore poi modificato in più neutre “ragioni d’inadeguatezza al servizio”). Ecco, già da questo breve excursus su Lenny prima che calcasse il palco, si intuisce l’eccezionalità del personaggio refrattario a ogni cliché: eroico combattente, ma anche showman ironico e controcorrente. Perché in fondo l’essere umano è questo, un sistema complesso denso di contraddizioni che, a ben guardare, fa anche un po’ sorridere.

Lenny Bruce come comico era tutt’altro che banale o scontato: giocava molto con il linguaggio, prendeva di mira l’ordine costituito politico e religioso o semplicemente il cosiddetto “senso comune”, mostrandone tutta l’assurdità e il ridicolo. Le sue routine erano una sorta di monologo interiore per tre quarti preparate e per un quarto improvvisate. Con il suo stile quasi jazzistico, metteva alla berlina l’ipocrisia della società usando un vocabolario così diretto e crudo che si guadagnò diversi processi per oscenità.

Lenny Bruce
Lenny Bruce è nella fila in alto, il quarto da sinistra
Autobiografie

Lenny BruceForse anche per questo la liberale Playboy gli chiese di scrivere una sua autobiografia, poi pubblicata con il titolo Come parlare sporco e influenzare la gente. E’ una delle letture più autentiche e liberatorie che possiate regalarvi. Lenny Bruce vi condensa tutto sé stesso, concentrandovi brani tratti dai suoi spettacoli e la sua visione della vita. C’è tutta la sua storia, dagli anni in cui da ragazzino ha lavorato in una fattoria fino ai suoi esordi. La sua parentesi come finto prete che raccoglieva fondi per sé prima ancora che per beneficienza e infine le sue battaglie legali, con parziali trascrizioni dei processi persecutori da lui subiti. Ci sono persino pagine commoventi dedicate a sua moglie Honey, una spogliarellista di cui non tace la sensualità, ma nemmeno il candore.

In una comparsata televisiva ad un programma molto seguito all’epoca, lo Steve Allen Show, Lenny propose tra l’altro un pezzo che da parlato si trasformava in canzone, All Alone, in cui dà voce a un uomo divorziato che parla dell’ex moglie e fa tanto ridere quanto stringere il cuore. C’è l’amore, il risentimento, la nostalgia, l’esaltazione per la ritrovata libertà e la disperazione. Come molto del suo materiale è autobiografico. Con Honey non poteva vivere, ma senza di lei qualcosa era andato perduto.

“Come potrei risposarmi? Mi toccherebbe dire a un’altra donna le stesse cose che ho già detto a Honey. E non ci riuscirei, mi sembrerebbe troppo disonesto”.

Lenny Bruce
Dustin Hoffman e Valerie Perrine nel film Lenny di Bob Fosse

Lenny Bruce era il cantore dell’onestà brutale: in una società sostanzialmente ipocrita affermava una verità dirompente.

“C’è solo quello che è. Quel che dovrebbe essere non c’è, non è mai esistito. Ma la gente continua a cercare di adeguarvisi. C’è solo ciò che è.”

L’ironia come lente per guardare il mondo

Nella sua ironia tagliente, talvolta amara, riaffermava il valore dell’umanità, dell’accettazione del prossimo e delle sue debolezze. Forse per questo aveva uno zoccolo duro di ammiratori che apprezzavano i suoi paradossi come uno smascheramento che costringeva a vedere il mondo per quello che era. Quando gli portarono via l’auto in divieto di sosta, il funzionario dell’autoparco gli chiese se non credesse alla segnaletica. Lui con il tipico gusto del surreale osservò:

“Che razza di discorsi. […] Mettiamo che gli rispondi: ‘No, non ci credo.’ Devono lasciarti andare, perché in questo Paese c’è libertà di fede. Nessuno è obbligato a credere in cose che ripugnano alla sua coscienza. ‘Esatto, agente, non credo alla segnaletica.’ ‘Bene, fratello, va’ con Dio.’”

Una scena di The Marvelous Mrs. Maisel

In effetti Lenny aveva una sua integrità che lo portò su un crinale autodistruttivo, perché a furia di andare contro si finisce per imbattersi in qualcosa di troppo duro per essere abbattuto nell’arco di una vita umana. Non a caso la libertà di parola e i valori costituzionali erano spesso al centro delle sue riflessioni, serie o comiche che fossero. Quando la Corte Suprema dell’Illinois si vide costretta a dichiarare che un suo spettacolo ritenuto in prima istanza “osceno” in effetti non lo era in virtù della sua “redentrice importanza sociale”, commentò:

“In parole povere, dicono che gli dispiace tanto ma, mannaggia a lei, la Costituzione non gli permette di condannarmi. Se potessero fare a modo loro, però.”

Bob Fosse nel suo Lenny (1974) ha reso molto bene la tragica spirale dell’uomo che rifiuta il compromesso con una società contro cui si è scagliato tutta la vita. Società che mostra di riempirsi di belle parole ma che poi nei fatti respinge i deboli, le minoranze, il diverso, che addirittura rifiuta le parolacce o i riferimenti al sesso come cose sporche. Come se non fosse più sporco ammazzare la gente sulla sedia elettrica o mandare dei ragazzi in guerra. Forse Fosse ha messo anche molto di sé in quel film, come del resto era solito fare. E se si vuole afferrare l’essenza di Lenny Bruce o perlomeno la sua umanità, oltre alla sua autobiografia e agli spettacoli reperibili online, si può sognare con The Marvelous Mrs. Maisel.

Nella brillante serie targata Amazon, Lenny compare infatti come nume tutelare della protagonista. L’attore che lo interpreta, Luke Kirby, ha meritatamente vinto un Emmy Awards per questa sua incarnazione del comico. Amy Sherman-Palladino, creatrice e sceneggiatrice della serie, ha attinto dal materiale originale di Lenny per farlo interagire e flirtare con l’immaginaria Midge Maisel in modo credibile e intelligente, oltre che rispettoso. L’ultima volta che Luke Kirby compare nella terza stagione nei panni di Lenny Bruce, lo vediamo stringersi nelle spalle mentre Midge si allontana. All alone, tutto solo, appunto:

“Ricco e solo. Molto ricco e molto, molto solo. Sarò ricco e felice e tutto solo.”

Ma in effetti, da quel 1966 in cui se n’è andato a soli 40 anni, siamo noi ad essere rimasti tutti soli, senza qualcuno che sappia mostrarci ciò che è in modo così “sporco” e irresistibile. E al tempo stesso profondamente umano.

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Marzia Flamini

Marzia Flamini

Prima di approdare alla Finarte, sono stata assistente in una galleria d'arte a Via Margutta, guida turistica e stageur fra musei, case d’asta e la rivista ArteeCritica. Vivo circondata dai libri, vado al cinema più spesso di quanto sia consigliabile e viaggio appena posso.

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