“Cantami, o Diva, del Pelide Achille l’ira funesta…”
Come si fa, ai giorni nostri, ad avvicinare alla mitologia greca i lettori fuori dalle mura accademiche? Ci sono riusciti con i loro romanzi Madeline Miller, Pat Barker e Rick Riordan, anche se in modo totalmente diverso. Simona Giamberardini ci guida alla scoperta dei loro scritti appassionanti che uniscono mitologia e letteratura.
Chiunque mentirebbe affermando di non aver provato un brivido lungo la schiena a rileggere le prime parole del proemio dell’Iliade. Non possono non tornare alla mente le ore passate sui libri di greco e latino, le interrogazioni di epica e gli incubi sull’esame di maturità.
Da migliaia di anni le grandi gesta degli eroi dell’antica Grecia affascinano il mondo. Trascinano intere generazioni in luoghi lontani, tra dèi vendicativi, amori proibiti, guerre fatte di sangue e onore. Il fascino dei miti raccontati da Omero, come gli eroi che li popolano, sono destinati a sopravvivere al tempo e alla storia. Non saranno mai dimenticati e la loro gloria sarà eterna.
È davvero possibile creare qualcosa di accattivante, prendendo spunto dalle colonne portanti della nostra cultura? La risposta è sì, basta usare le parole giuste. Lo hanno fatto Madeline Miller e Pat Barker, declinando il binomio “mitologia e letteratura” in modo totalmente diverso, quasi opposto. Ma anche Rick Riordan, che con i suoi romanzi ha avvicinato tanti giovani alla mitologia, non solo greca.
La canzone di Achille di Madeline Miller
Nel 2011 la scrittrice statunitense Madeline Miller, professoressa di latino e greco nei licei americani, pubblica la sua prima opera, La canzone di Achille. Un libro che a distanza di un anno vincerà l’Orange Prize, il famoso premio britannico per i romanzi. Dopo dieci anni di lavoro – quasi avesse combattuto lei stessa la guerra di Troia – Madeline Miller ci porta nella Grecia antica per raccontarci la mitologia attraverso una delle storie d’amore più controverse di tutti i tempi: quella tra il più grande dei greci, Achille, e il suo fedele Patroclo.
Patroclo è una delle persone più importanti per Achille: compagno d’armi, migliore amico e molto probabilmente amante. Il rapporto tra questi due personaggi è sempre stato interessante per studiosi, poeti e scrittori. Quello che sappiamo con certezza è che il dolore e la rabbia che il Pelide prova dopo la morte di Patroclo per mano di Ettore, porta alla vittoria dei greci e alla fine della guerra di Troia. E chi, se non un amante fedele, sarebbe capace di tutto questo? Di chi sarebbero quelle urla, se non di un innamorato distrutto dal dolore? Urla capaci di far ritirare un intero esercito con la coda tra le gambe?
La canzone di Achille si apre con Patroclo, unico narratore della storia, che parla di sé. Patroclo è figlio del Re Menezio, ma soprattutto figlio di un matrimonio estremamente infelice, come molti altri in quell’epoca. Il padre scopre troppo tardi che la donna che gli è stata data in sposa è affetta da “deficit cognitivi”, come li chiameremmo oggi, a quei tempi veri e propri marchi indelebili di cui vergognarsi. Ed è quello che Menezio fa tutto il tempo. Si vergogna per una moglie stupida e un figlio indegno. È fin troppo facile allontanarlo al primo incidente, quando un ragazzino muore per colpa di Patroclo. Il figlio del Re viene esiliato per disonore, spedito come un oggetto rotto e inutilizzabile alla corte di un altro signore della Grecia: Peleo, il padre di Achille.
Uomo valoroso e di indole buona, Peleo, marito della dea Teti, accoglieva tutti i ragazzi senza una casa, qualunque fosse il motivo di quella mancanza. Così Patroclo, esile e timido, si ritrova in mezzo a decine di ragazzini che non sembrano interessati a lui. Solo uno, il più valoroso e di certo il più bello, troverà qualcosa in quel bambinetto che parla poco, non sa combattere e tiene sempre lo sguardo basso. L’amicizia tra Patroclo e Achille nasce un po’ per caso, ma diventa solida, giorno dopo giorno, e all’inizio della loro adolescenza si trasforma in qualcosa di più.
L’omosessualità nella mitologia
Nell’Antica Grecia l’omosessualità non era un tabù. Anzi, era più che normale che i giovanissimi facessero esperienze tra loro prima di diventare uomini e prendere una donna in sposa. Diffusa era anche la “pederastia”, ovvero il rapporto tra un uomo adulto e un ragazzo giovane. La bisessualità non creava scandalo neanche tra gli dei greci: lo stesso Zeus, il capo dell’Olimpo, tra i suoi innumerevoli flirt extraconiugali, aveva più di un giovane uomo.
Mentre gli studiosi più moderni hanno cercato di trasformare, se non camuffare, una possibile storia d’amore tra Achille e Patroclo, la Miller ne ha invece cantato la grandezza.
Quando Achille e Patroclo sono ospiti del grande Chirone, il centauro allenatore di eroi come Eracle e Teseo, la scrittrice racconta con parole eleganti, morbide e mai volgari, l’unione tra i due ragazzi. Sarà l’inizio della loro storia d’amore, ma anche la fine dell’idillio. Di lì a poco, Achille verrà chiamato a combattere per Agamennone in quella che sarà la più grande battaglia della storia.
Da questo momento il ritmo del romanzo diventa incalzante. Achille viene rapito da sua madre, Teti, che vuole nasconderlo da Agamennone e impedirgli di andare in guerra. La dea sa che se Achille combatterà a Troia, non tornerà mai a casa. Anche se il premio di questo infausto destino sarebbe la gloria eterna, Teti non può scendere a compromessi con la vita del suo unico e adorato figlio.
Dopo le nozze con Peleo e la nascita di Achille, pur fuggendo via dal palazzo, Teti resta la tipica madre di un maschio: iperprotettiva. E una terribile suocera per il povero Patroclo. D’altro canto la maggior parte delle divinità femminili, come le Ninfe, spesso davano alla luce figli nati da stupri o da matrimoni poco sereni e Teti non faceva eccezione.
Incontriamo Ulisse per la prima volta quando smaschera Achille travestito da fanciulla con il tranello delle armi. E di nuovo c’è da trattenere il respiro: Agamennone, il sacrificio di Ifigenia per placare l’ira di Afrodite, le coste di Troia, l’arrivo di Briseide, le lunghe battaglie da cui Achille torna sempre vittorioso e sporco di sangue.
Un amore mitico
Più passa il tempo e più l’essere umano è restio davanti all’amore, qualunque sia la forma in cui esso si presenta. La canzone di Achille, invece, ci racconta di un sentimento che noi uomini del futuro non possiamo comprendere: un amore mitico. Se dovessimo sentir dire, da un nostro amico, che sarebbe pronto a morire per amore, letteralmente, lo prenderemmo per pazzo. Non sarebbe certo un rapporto sano. Invece, nella mitologia, fatta di magie, incantesimi e dèi antichi, l’amore va oltre ogni cosa. Eppure leggere di un amore tanto passionale da far male, sentire nel proprio cuore che senza il proprio amato non si può stare, non sembra poi così sbagliato. E nel romanzo della Miller c’è esattamente questo concetto assoluto d’amore: devozione completa. Achille e Patroclo non possono vivere separati perché il loro sentimento è così profondo che neanche gli dèi o le Moire possono ostacolarlo.
Il silenzio delle ragazze di Pat Barker
Ma è davvero andata così?
Achille, il guerriero più temuto al mondo, si trasformava davvero in un uomo buono e docile tra le braccia del suo amato Patroclo? Probabilmente no. Di questo scrive un’altra autrice inglese, Pat Barker, nel suo romanzo del 2018, Il silenzio delle ragazze.
Se per la Miller Achille era un dolce principe dai capelli dorati, per la Barker e la sua protagonista Brisedie, era solo un terribile carnefice. Un macellaio senz’anima. Il libro, edito da Einaudi, racconta la guerra di Troia dal punto di vista delle donne, protagoniste cui raramente Omero ha dato voce. Ed è proprio Briseide, la schiava di Achille, la portavoce di tutte le ragazze che vissero nell’accampamento acheo. Se la Miller ha usato parole leggere per confidarci la vita intima tra i due amanti, la Barker ci fa tornare alla realtà. Ci ricorda che i guerrieri del tempo non erano certo dei gentiluomini. Il silenzio delle ragazze è un libro crudo, a volte davvero crudele, perché vero.
Briseide prima di essere schiava fu Regina. Nel libro racconta l’assedio alla sua città, descrive nei minimi dettagli come durante un saccheggio viene uccisa la sua famiglia. Uno spargimento di sangue di una violenza inaudita, capeggiato proprio da Achille. E quando proprio lei diventa un oggetto esposto al mercato della carne, è l’aristos achaion, il più grande tra i greci, a vincere il primo premio: la povera Briseide. Le donne dell’accampamento acheo fanno ciò che possono e affrontano il loro triste destino. Alcune sono impegnate a far innamorare il padrone, altre mettono al mondo i figli della guerra. Altre ancora, come Criseide, attendono in silenzio accanto a uomini meschini come Agamennone. Briseide, dal canto suo, cerca soltanto di tenere il suo padrone più calmo possibile. Insomma, non c’è spazio per la dolcezza nel romanzo della Barker.
Sono moltissime le differenze tra questi due romanzi di Barker e Miller, c’è solo una cosa su cui tutte e due le scrittrici sono d’accordo: Patroclo. In entrambi i romanzi viene descritto come un uomo buono e gentile, soprattutto con le donne.
Fine della prima parte
Qui trovi la seconda parte su mitologia e letteratura
con Rick Riordan e il suo eroe Percy Jackson