Nell’arco degli anni, ogni tanto spuntava fuori qualcuno a parlarmi in termini entusiastici di questo tomo di quasi 1200 pagine, che mi aveva sempre un po’ spaventato per le sue dimensioni, finché mi sono finalmente deciso a iniziarne la lettura. Va subito detto che malgrado la sua importante mole Shantaram, l’autobiografia romanzata dell’australiano Gregory David Roberts (Neri Pozza Editore), è molto scorrevole e avvincente.
Fin dalle prime pagine ci si ritrova catapultati nell’impetuosa ed esuberante cultura indiana, dove sono ambientate buona parte delle avventure dell’autore protagonista, un ex eroinomane condannato nel suo paese per rapina a mano armata, fuggito dal carcere e ricercato a lungo per mezzo mondo. Tra l’altro si fermerà anche in Italia, a Milano, vivendo come un barbone e suonando ogni tanto la chitarra nel centro sociale del Leoncavallo.
“Il mondo è governato da un milione di malvagi, dieci milioni di stupidi e cento milioni di vigliacchi. Io sono stato malvagio, stupido e vigliacco, ma a volte è necessario compiere un’azione sbagliata per un motivo, forse, giusto”.
Approderà nella multicolore e frenetica città indiana di Bombay, oggi chiamata Mumbai, una spianata senza fine di baracche tenute insieme dagli stracci e dalla miseria, una metropoli con il “peggior buon profumo del mondo”, in cui l’odore del mare si miscela a quello delle acque stagnanti, degli animali, dei corpi di un’umanità dolente.
L’India è folle, è una baraonda
E’ un posto dove i nostri sensi vengono messi a dura prova, è un paese in cui è possibile tutto, anche ridisegnarsi una vita completamente diversa dalla precedente, grazie a un passaporto contraffatto: l’India non è una parte di mondo, ma un mondo a parte!
Questa voluminosa opera, con la quale Roberts è passato dall’essere il delinquente più ricercato d’Australia a uno stimatissimo autore di best-seller, conosciuto in tutto il mondo, può essere tante cose messe assieme: la si può catalogare come un diario di viaggio, dove avventura e saggezza si confondono con il dolore e il dramma, oppure come un romanzo, dove amore e guerra dimostrano quanto la vita possa essere allo stesso tempo crudele e ricca di opportunità.
“Ho impiegato molto tempo e ho girato quasi tutto il mondo per imparare quello che so dell’amore, del destino e delle scelte che si fanno nella vita. Per capire l’essenziale, però, mi è bastato un istante, mentre mi torturavano legato a un muro. Fra le urla silenziose che mi squarciavano la mente riuscii a comprendere che nonostante i ceppi e la devastazione del mio corpo ero ancora libero: libero di odiare gli uomini che mi stavano torturando oppure di perdonarli. Non sembra granché, me ne rendo conto. Ma quando non hai altro, stretto da una catena che ti morde la carne, una libertà del genere rappresenta un universo sconfinato di possibilità. E la scelta che fai, odio o perdono, può diventare la storia della tua vita”.
Vivere con gli ultimi della terra
Greg, il protagonista, nel periodo vissuto in quel regno delle contraddizioni che è l’India, convive con gli ultimi della terra e per loro si improvvisa medico, allestendo un ospedale per i mendicanti e per gli indigenti, fatiscente come sono fatiscenti le esistenze di quei disperati. Verrà poi ancora incarcerato, torturato e, infine, rilasciato.
Reciterà nei film di Bollywood, stringerà relazioni pericolose con la mafia indiana e, naturalmente, si innamorerà. Il suo amore sarà Karla, una misteriosa ragazza svizzera anche lei rifugiata tra le pieghe di una città che non chiede conto del tuo passato.
Non solo sarà un amore non corrisposto, ma lei arriverà a tradire meschinamente la fiducia di Greg. Lui la amerà comunque, perché amarla, nel suo profondo, gli darà pace e gli darà la forza di andare avanti.
Un giorno Karla dirà a Greg una frase nella quale è ancora evocato il perdono – una fissazione dell’autore, forse provocata dai sensi di colpa – che lo legherà a lei per sempre. Perlomeno fino a quando il destino non li separerà violentemente.
“È il perdono che ci rende unici. Senza perdono la nostra specie si sarebbe distrutta in una seria di faide senza fine. Senza perdono non esisterebbe la storia. Senza la speranza del perdono non ci sarebbe l’arte, perché l’arte è in qualche modo un gesto di perdono. Senza il sogno di un perdono non ci sarebbe amore, perché ogni atto d’amore è in qualche modo una promessa di perdono. Viviamo perché possiamo amare, e amiamo perché sappiamo perdonare”.
La prigione in Australia
Greg lascerà Bombay e si ritroverà in Afghanistan e in Pakistan a combattere tra le fila dei guerriglieri islamici. Ferito e in fuga, riuscirà a riparare in Europa dove, ultimo atto della sua burrascosa avventura, finirà con l’essere arrestato in Germania nel 1990, mettendo fine alla sua esistenza randagia. Verrà poi estradato in Australia a scontare la sua pena.
È in prigione che Gregory David Roberts si dedica alla scrittura e racconta la sua intera vita in un romanzo immenso, sia per mole che per contenuti. Più di mille pagine di ricordi ora piacevoli, spesso drammatici, elaborate in tredici lunghi anni per comporre quello che diventerà il suo capolavoro, scritto, come dice lui stesso, “con sangue, lacrime e gioia”.
Shantaram è un libro intenso, da leggere centellinando le tante emozioni che trasmette, senza forzare il tempo. È un libro tosto, per lettori forti!