“L’amore, quando va bene, più che a una rosa somiglia a un arnese da lavoro: sporco ma duraturo”.

Siamo abituati a considerare le “rubriche del cuore” settimanali, con i relativi consigli di curatori e curatrici, come una parte della rivista – se non da ignorare completamente – quantomeno da leggere con leggerezza e disattenzione. Ma attraverso queste rubriche le persone mettono a nudo una parte importante della loro vita, quella correlata alle emozioni. Le esperienze di vita emotiva degli altri possono essere, mettendoci un po’ di empatia, di grande aiuto per chi legge.
Modern Love, la rubrica che ormai da 15 anni viene ospitata sulle pagine del New York Times, ne è la dimostrazione. Centinaia di lettere a testimoniare che, come dichiara il curatore Daniel Jones, l’unica spiegazione alla fatidica domanda “che cos’è l’amore” è il racconto dell’amore stesso, nelle sue molteplici sfaccettature. E se lo dice lui, che ha iniziato la rubrica insieme alla moglie con cui è sposato da 28 anni, possiamo crederci!

Il successo della rubrica cartacea ha portato Modern Love a essere anche un podcast e un romanzo. Soprattutto, è diventata una serie televisiva (potete guardarla su Prime Video). Ero in cerca di qualcosa di facile da vedere, che non mi lasciasse col fiato sospeso dopo ogni episodio, “costringendomi” così a binge watching notturni, ma che fosse comunque interessante e ben fatto. La serie Modern Love risponde in pieno a queste caratteristiche.
Sono 8 episodi da 30 minuti ciascuno, ognuno dei quali è autoconcludente: si può tranquillamente decidere se vederli in sequenza, tutti insieme o a blocchi. In realtà un filo conduttore comune c’è, ma si scopre solo nell’ultimo episodio…
Tutte storie coinvolgenti che – anche se in alcuni episodi si muore di romanticismo – non cadono nel cliché che ci si aspetta da un titolo come questo. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dal fatto che Modern Love non è sdolcinata, né racconta l’amore in maniera astratta e sentimentale. Qualcuno potrebbe dire che le storie siano banali, ma non renderebbe giustizia al messaggio che vogliono veicolare.

Piuttosto si tratta di storie reali, magari un po’ sceneggiate, ma comunque di vera vita vissuta, amori nei quali ognuno può tranquillamente ritrovarsi. Non vi aspettate perciò la favola alla Pretty Woman. L’unico punto favolistico è dato dal fatto che tutti i protagonisti abitano in favolosi appartamenti a New York, cosa magari poco realizzabile dai comuni mortali, ma concediamolo all’ideatore del progetto, il cosiddetto show runner, spesso co-sceneggiatore, che ha potere decisionale su tutto il lato visivo della serie.
Amori perduti, primi appuntamenti, desideri di maternità o paternità, voglia di mettersi in gioco nonostante le proprie difficoltà emotive; ogni episodio racconta una sfaccettatura dell’amore, sentimento contemporaneamente basico e complesso che, come dichiara Daniel Jones:
“Non può essere definito in nessun modo, se non con il racconto dell’amore stesso”.

Non c’è infatti solo l’amore romantico nei racconti di Modern Love: la relazione affettiva è anche amicale e non per questo meno importante e coinvolgente. E il fatto che la narrazione sia asciutta, quasi documentaristica a volte, rende l’immedesimazione con il protagonista di turno ancora più semplice (qui trovate il trailer).
L’episodio che più mi ha toccata è il terzo, quello in cui la protagonista è Anne Hathaway, un avvocato di successo che ha difficoltà a instaurare relazioni sentimentali. Il motivo lo spiega lei stessa mentre scrive la propria presentazione per un’app di incontri, dove appunto chiede agli altri ciò che rivela il titolo dell’episodio stesso:
“Prendimi come sono, chiunque io sia”

Un episodio strutturato come un musical, sulla scia di LaLaLand. Lei è semplicemente stupenda e la storia che racconta è talmente intima e toccante che ci si ritrova a fare il tifo per lei, come se fosse la tua migliore amica in difficoltà. Il cast è stellare: insieme alla protagonista Dev Patel, Andy Garcia e Andrew Scott (bentrovato!), che uniti all’ambientazione newyorkese, rendono Modern Love una serie imperdibile.
La ricetta
A proposito, non si può parlare di New York senza pensare alla cheesecake. Di questo dolce la Grande Mela vanta una versione che ormai è diventata un classico.

Pare che la prima menzione ufficiale di una torta al formaggio venga fatta risalire all’antica Grecia, dove veniva servita agli atleti prima delle gare, durante i Giochi olimpici. Poi passò agli antichi romani e si sparse per il mondo, con infinite varianti. Anche la nostra pastiera, o la cassata siciliana, sono a tutti gli effetti delle cheesecake. A un certo punto arrivò negli Stati Uniti dove un certo signor Kraft, produttore lattiero caseario, cercò di ricreare un formaggio francese perfetto per la cheesecake, il Neufchatel.
L’esperimento fallì, però nacque il Philadelphia, alla base della moderna versione newyorkese. C’è da dire che, probabilmente grazie al contributo degli immigrati dell’Europa orientale, la New York cheesecake si distingue per l’uso, insieme al Philadelphia, della panna acida. Detto questo, se volete sostituirla con dello yogurt, magari greco, per tacitare la coscienza (e la bilancia), viene buonissima lo stesso!
New York cheesecake
Per la base:
150 gr di biscotti secchi (preferibilmente i Digestive, ma anche gli Oro Saiwa vanno benissimo)
100 gr di burro fuso
Per il ripieno:
900 gr di Philadelphia a temperatura ambiente
250 gr di zucchero
200 ml di panna acida
4 uova
Buccia grattugiata di 1 limone
1 cucchiaio di estratto di vaniglia
Per il topping:
1 busta di frutti di bosco misti surgelati (circa 350 gr)
2 cucchiai di zucchero
Uno stampo a cerniera di 24 cm di diametro, foderato con della carta forno ai lati e sul fondo.

Frullate i biscotti fino a ridurli a una polvere grossolana, versateli in una ciotola e mescolateli con il burro fuso, finché ne siano ben imbevuti. Versateli sulla base della tortiera, schiacciandoli con un cucchiaio per compattarli, e cuoceteli per 10 minuti nel forno a 220°. Poi sfornate e lasciate raffreddare.
Nel frattempo preparate il ripieno:
Lavorate il Philadelphia e lo zucchero con un cucchiaio, fino a ottenere un composto omogeneo e spumoso. Aggiungete la vaniglia, la scorza di limone e, una alla volta, le uova, mescolandole bene una per una.
Alla fine aggiungete la panna acida e amalgamate, senza però lavorare troppo il composto.
Versate sulla base di biscotto ormai raffreddata e infornate a 220° per 10 minuti. Poi abbassate il forno a 110° e cuocete la torta per altri 30 minuti, o fino a che i bordi del dolce siano cotti (ma il centro ancora un po’ tremolante). Spegnete il forno, ma lasciateci la torta dentro per almeno tre ore. Poi tenetela in frigorifero per tutta la notte.
Al momento di servirla, sformatela e servitela con i frutti di bosco, che avrete nel frattempo scongelato e mescolato con lo zucchero.