Vi piacerebbe essere immortali? O pensate che sarebbe un incubo? È lo scenario descritto da Neal Shusterman nella Trilogia della Falce, uscito in Italia quest’anno per Mondadori. Lo scrittore americano, ridisegnando le regole del distopico, porta all’inevitabile confronto con tutti i capisaldi del genere, che siano libri, film o serie tv.
Se cerchiamo il significato della parola “distopia”, troviamo: anti-utopia, descrizione o rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro, ma prevedibile sulla base di tendenze del presente percepite come altamente negative, in cui viene presagita un’esperienza di vita indesiderabile o spaventosa.
Il concetto di distopia e il genere letterario distopico fanno parte della nostra cultura da molto tempo. Il futuro è spesso stato incerto per l’umanità e la visione che l’uomo ne aveva poteva non essere così rosea e in grado di reggere la speranza in un avvenire migliore. Il mio incontro più intenso con la distopia, quello che forse più mi ha segnata, risale a qualche anno fa, quando guardai la seconda stagione di Black Mirror.
Waldo e la rivolta del popolo
Fino ad allora, pur conoscendo già il genere, non avevo mai provato la sensazione di vivere in un futuro distopico. Black Mirror è la fortunatissima serie tv inglese vincitrice di un Emmy Award nel 2011 (vedi il trailer). Quello che mi ha colpito è stato soprattutto il terzo episodio della seconda stagione, dal titolo The Waldo moment, che in italiano è diventato Vota Waldo!: sì, perché ciò che per gli inglesi può essere definito distopia, per noi italiani è politica attuale.
Nell’episodio, un comico famosissimo per la sua irriverenza e la sua satira politica tagliente, nascosto dietro le sembianze di un pupazzo blu, decide, acclamato dal popolo, di candidarsi alle elezioni politiche contro il sindaco in carica. Tutti sembrano aver dimenticato che Waldo, in realtà, è solo un pupazzo. Per loro importa solamente che, in modo violento e bieco, quel pupazzo porti l’insoddisfazione generale all’interno delle stanze della politica.
Se è vero che la distopia dovrebbe raccontarci qualcosa di lontano, è anche vero che a volte è già presente, silentemente, nella nostra vita quotidiana e può venir fuori da un momento all’altro. Non è forse questo l’aspetto più terrificante?
Quali ingredienti non possono mancare
in un ottimo distopico?
Un futuro apocalittico.
La storia deve nascere in un futuro a noi prossimo, anche se non deve essere per forza collocata in un tempo preciso. Basti pensare a 1984 di George Orwell o a un più recente Hunger Games di Suzanne Collins, dove troviamo sempre un mondo – il nostro – cambiato radicalmente da un evento per lo più catastrofico. Non sempre sappiamo cosa sia successo, ma sappiamo che poi tutto si è trasformato.
Un regime politico, per lo più totalitario.
In 1984 avevamo il Grande Fratello, negli Hunger Games il Presidente Snow a Capitol City, nel Racconto dell’Ancella c’è la Repubblica di Galaad, un regime totalitario teocratico che vuole la sottomissione completa della donna di fronte al potere naturale dell’uomo. Non c’è distopia senza un regime che opprima, distrugga e torturi ciò che rendeva l’uomo un essere umano con la libertà di pensare e di autodeterminarsi.
La distruzione del passato e della storia dell’umanità precedente.
Nel romanzo The Giver di Lois Lowry, tutta la storia dell’uomo di prima – cioè noi – viene completamente nascosta agli esseri umani. Stessa cosa succede in 1984 e nello steampunk per ragazzi Macchine mortali di Philip Reeve. Ben poco è rimasto della terra di prima e quel poco di scibile passato viene custodito solo da colti studiosi, in enormi biblioteche.
La tecnologia.
In Black Mirror questa parte è ben accentuata. In generale, nella maggior parte dei distopici, la sottomissione dell’umanità viene attuata grazie a una tecnologia superiore e nociva. È interessante notare come la tecnologia protagonista del romanzo di Orwell non sia affatto diversa da quella odierna. Come tanti altri autori della sua epoca, Orwell raccontava un mondo che assomiglia, spaventosamente, al nostro.
La ribellione.
Per quanto la nuova società possa sembrare perfetta, c’è sempre – e dico sempre – una falla nel sistema. Ed è proprio sfruttando questa falla che chi non vuole abbassare la testa inizia a ribellarsi.
Unendo questi ingredienti e aggiungendo un po’ di romanticismo – quanto basta – si può creare un distopico coi fiocchi. Ma come si fa a creare qualcosa di nuovo mescolando ingredienti che tutti hanno già usato e riusato all’infinito? In letteratura, come anche in cucina, ci vuole un po’ di fantasia, coraggio e un’ottima conoscenza delle regole di base (o delle materie prime) per poter stravolgere tutto e creare un romanzo delizioso. Lo scrittore americano Neal Shusterman ci è perfettamente riuscito.
La trilogia della Falce
Scrittore e sceneggiatore, Shusterman ha dietro di sé un bagaglio di romanzi da fare quasi invidia a Stephen King. In Italia è diventato famoso grazie alla trilogia dello Scythe, meglio conosciuta come trilogia della Falce. Uscito in America nel 2016, il primo libro – Falce – è stato pubblicato da Mondadori nella nuova collana degli “Oscar Vault”, a maggio 2020.
La copertina bellissima, impreziosita da dettagli unici come il colore nero dei bordi delle pagine, rendono questo romanzo interessante già al primo sguardo. Inserito nella categoria dei distopici, va però precisato che Shusterman ne ha cambiato un po’ le regole, creando un mondo che si discosta dai classici del genere.
Gli immortali
In Falce l’uomo è riuscito a contrastare il suo nemico più grande: la morte. In questo nuovo mondo, nessuno muore più. Non c’è guerra, non c’è fame, non esiste povertà. Come ci sono riusciti? Non è stato l’uomo a sconfiggere la morte, ma il Thunderhead. Intelligenza artificiale nata da quello che ora chiamiamo cloud: il Thunderhead ha preso completamente il comando degli esseri umani. Nato come semplice banca dati, con il tempo ha iniziato a vedere tutto e a conoscere ogni cosa.
Grazie a questo enorme e illimitato potere, è riuscito a rendere immortali gli esseri viventi. Tutto dipende dalle modificazioni genetiche della nuova umanità e in particolare dai “nanoniti”, particelle nell’organismo dell’uomo che in caso di ferite o forti traumi rilasciano oppiacei per il dolore e si mettono al lavoro per riparare il danno a una velocità straordinaria. C’è sempre la possibilità che un umano possa morire a causa di un incidente, ma sarebbe solo per poche ore o al massimo qualche giorno, perché la tecnologia e i centri di “rianimazione” hanno tutti gli strumenti per far tornare in vita il morto. Solo la morte dovuta al fuoco è irreversibile.
Al contrario dei grandi classici, questa mente quasi onnisciente non vuole sottomettere l’uomo, anzi, segue in modo così impeccabile le regole da diventare un’entità praticamente perfetta. Nessuno ha paura del Thunderhead, perché mai dovrebbe? Non solo ha reso tutti immortali, ma ha sconfitto la criminalità e lo ha fatto in modo pacifico e democratico.
C’è solo un piccolo problema: se l’uomo non conosce più la morte, per quanto le risorse come acqua e cibo siano rinnovabili, come si può combattere il sovrappopolamento?
La soluzione è rappresentata dalla Compagnia delle Falci: uomini e donne scelti, dopo essere stati a lungo addestrati, per “spigolare” gli esseri umani, cioè ucciderli. Però non si tratta di omicidio, le Falci non uccidono per piacere; lo fanno per mantenere l’equilibrio sulla terra. Non a caso è stato scelto il termine “spigolare”: rende tutto meno violento, quasi più giusto. Gli esseri umani, man mano, scendono a compromessi accettando il proprio destino di fronte a una spigolatura. Quasi sempre.
Una buona Falce è colei che odia il suo compito, ma che lo porta a termine con estrema compassione ed empatia. Sembra tutto perfetto, vero? Ma c’è sempre una falla nel sistema…
I protagonisti di Falce sono due adolescenti, Rowan e Citra, che si ritrovano, loro malgrado, a entrare nel mondo delle Falci come apprendisti. Un mondo complesso fatto di morte e malinconia, dove uccidere non è sempre facile, o a volte lo è fin troppo. Un mondo, in realtà, dove il marcio sta iniziando a corrodere ogni cosa. I due protagonisti dovranno venire a patti con se stessi per non cedere alla brutalità.
La struttura
Nel romanzo si alternano i due punti di vista dei protagonisti. Lo stile è semplice, ma non banale e rende la lettura veloce. C’è, se proprio dobbiamo trovare un piccolo difetto, poco approfondimento della psicologia dei personaggi. Pur descrivendo come si sentono o cosa provano, l’autore non scava nella loro personalità, restando in superficie, per andare invece ad approfondire la trama e lasciare spazio al corso degli eventi. Il tema della morte è trattato con delicatezza, senza mai snaturare la paura che se ne può avere.
Falce entra a spada tratta nel mondo del distopico e young-adult e, con maestria, l’autore riesce a incastrare le regole dei due generi. Allo stesso tempo, Shusterman è stato estremamente bravo a metterci qualcosa di suo, unico ed inedito. I colpi di scena sono tanti e difficili da prevedere; la suspense è palpabile, ma l’autore non ci lascia troppo a lungo sulle spine, dando le risposte al momento giusto.
In attesa degli altri due libri che concluderanno la trilogia, Falce è un distopico fresco e interessante che ci lascia riflettere sulla nostra vita di mortali e sulle conseguenze dell’immortalità. In molti sognano la vita eterna, è un traguardo che l’uomo vorrebbe raggiungere da sempre, dai tempi dell’alchimia e della ricerca della Pietra Filosofale, ma siamo sicuri che vivere per sempre sia così eccitante?