Non vengono da un altro pianeta e non nascono dal nulla. I responsabili della prossima pandemia sono già tra noi, sono virus che oggi colpiscono gli animali ma che potrebbero da un momento all’altro fare un salto di specie – uno “spillover” in gergo tecnico – e colpire anche gli esseri umani. E la prossima pandemia potrebbe benissimo venir fuori da un mercato cittadino della Cina meridionale.
Questa è una frase che si trova nel libro Spillover. L’evoluzione delle pandemie, Adelphi Edizioni, pubblicato nel 2012 dallo scrittore e studioso statunitense David Quammen, un abile narratore di questioni sull’evoluzione naturale e corrispondente scientifico di prestigiose testate come il National Geographic e il New York Times.
L’autore ha ipotizzato con qualche anno di anticipo quello che stiamo vivendo oggi ma, come ribadisce lui stesso, non si sente né un indovino né tantomeno un profeta, bensì un divulgatore scientifico che cerca di spiegare con un linguaggio chiaro cosa sono le epidemie, qual è la loro causa scatenante e come si diffondono nel genere umano.
In ambito scientifico si sapeva da anni che sarebbe arrivata una pandemia, che sarebbe stata causata da un nuovo virus proveniente da un animale selvatico, che molto probabilmente sarebbe stato un coronavirus – perché i coronavirus si adattano velocemente – e che sarebbe successo in un luogo dove l’uomo è in contatto con gli animali selvatici come un wet market.
Il mercato di Wuhan
In un mercato come quello di Wuhan, la città cinese dove si è registrato il primo focolaio di Covid-19, gli esseri umani vivono a stretto contatto con animali venduti vivi o macellati all’istante, ammassati agonizzanti in luride gabbie accatastate l’una sull’altra. È l’ambiente ideale per uno spillover, il salto del virus da una specie all’altra, e per il diffondersi di nuove forme di micidiali virus che trovano nell’essere umano un ottimo ospite, sempre in movimento e ben inserito in contesti di raggruppamento sociale.
I virus non hanno organi locomotori, ma molti di loro hanno viaggiato in tutto il mondo. Non corrono, non camminano, non nuotano, non strisciano. Si fanno dare un passaggio.
Questo di David Quammen è un saggio sulla pandemia scritto prima della pandemia. Approfondisce un argomento oggi attuale ed è sconcertante leggere che tutto, o quasi tutto, quello che sta succedendo era stato previsto già diversi anni fa. Senza considerare che, come dice l’autore in una recente intervista:
Mentre la nostra società è ancora in ginocchio, alle prese con la pandemia del COVID-19, da qualche parte del mondo si stanno ponendo le basi per la creazione del COVID-20, del COVID-21, e così via. Quando parliamo di un’altra epidemia letale, non si tratta di se, ma di quando.
Dopo anni di approfondite indagini seguendo da vicino una ristretta cerchia di scienziati e virologi, Quammen ha raggruppato nella sua opera il racconto degli agenti patogeni che negli ultimi decenni hanno causato le epidemie, dall’Ebola del 1976 all’AIDS degli anni Ottanta, dalla SARS del 2003 alle varie influenze aviaria e suina, senza tralasciare le febbri tropicali, la tubercolosi e la malaria, che provocano un numero di vittime ancora maggiore.
Seguire le tracce delle epidemie
Ha seguito le tracce di queste epidemie dal continente africano alla Cina, spiegando la zoonosi (che è il passaggio dall’animale all’uomo, mentre spillover indica qualsiasi salto di specie, anche da un animale all’altro), un evento naturale così diffuso che non c’è alcun bisogno di ricorrere a vaghe teorie complottiste per spiegare la gravità della situazione attuale.
La stragrande quantità di malattie dell’uomo sono delle zoonosi, ovvero sono trasmesse dagli animali, e l’aumento delle zoonosi è dovuto alla deforestazione che avvicina la popolazione alla fauna selvatica, creando nuove occasioni di contatto con i patogeni.
Le foreste tropicali non sono l’unico ambiente in pericolo, ma sono di sicuro il più ricco di vita e il più complesso. In questi ecosistemi vivono milioni di specie, in gran parte sconosciute alla scienza moderna.
Lì si trovano miriadi di virus non ancora scoperti: e questo non è un film di fantascienza è la realtà. Virus che riescono a moltiplicarsi solo nelle cellule vive di qualche altro organismo. Nella maggior parte dei casi si tratta di parassiti benevoli che non fanno troppi danni, ma non sempre è così.
Facciamo un esempio, ma prima dobbiamo capire bene chi sono i protagonisti di un’epidemia.
Spesso i virus si annidano in un ospite serbatoio, un organismo vivente che dà loro asilo senza riceverne danno, come ad esempio il pipistrello. È possibile che l’animale serbatoio lo trasmetta direttamente all’uomo, ma in genere c’è un animale intermedio che funge da amplificatore perché la carica virale dell’animale serbatoio è troppo bassa per poterne infettare un altro. Ad esempio, per quanto riguarda il Covid 19 si sospetta che l’amplificatore sia il pangolino. Si crea così una catena tra il virus, l’ospite serbatoio, l’amplificatore e la vittima.
Il Nipah virus
Nel 1998 fece debutto in società una nuova zoonosi, il Nipah virus. Nella penisola malese si diffuse una malattia sconosciuta i cui sintomi erano febbre, emicrania, letargia e convulsioni. Ne erano colpiti solo allevatori di maiali, o macellai. Poi si diffuse anche tra i maiali che cominciarono a tossire, starnutire, tremare, cadere a terra e qualche volta morire. Nessuno ci capiva niente e inizialmente è stata scambiata per encefalite giapponese. Ma aveva caratteristiche diverse e poi che c’entravano i maiali?
Arrivarono alla conclusione che si trattava di un patogeno nuovo mentre il numero dei malati cresceva a vista d’occhio. Quindi si scoprì che maiali e uomini erano colpiti dallo stesso virus. Il maiale era l’ospite di amplificazione che lo aveva trasmesso all’uomo, ma restava da trovare l’ospite naturale in cui i virus vivevano normalmente, l’ospite serbatoio.
All’epoca in Malesia c’erano 2 milioni e 350 mila maiali, metà dei quali erano infetti, perciò fu ordinato il loro abbattimento. Alcune porcilaie erano state abbandonate dagli operatori in preda al panico. E ovviamente nessuno comprava più, toccava, o mangiava carne di maiale. Gli animali furono lasciati morire nei loro recinti. Alcuni fuggirono e scorrazzarono per le strade come cani randagi in cerca di cibo. Orde di maiali infetti e affamati si aggiravano inferociti, finché un esercito di soldati protetto da tute integrali cominciò a dal loro la caccia. Spararono a più di un milione di maiali.
Nel frattempo era iniziata la ricerca dell’animale che nascondeva il virus, l’ospite serbatoio. Esaminarono varie specie di pipistrelli, cani, ratti, toporagni, polli, anatre, piccioni e cinghiali. Risultarono tutti negativi al test ad eccezione della volpe volante malese, un tipo di pipistrello gigante.
Com’è avvenuto lo spillover, il salto dai pipistrelli ai suini?
Il pipistrello, sfrattato dal suo habitat naturale distrutto dall’uomo, si era rifugiato nelle nuove coltivazioni di manghi in prossimità delle porcilaie. Così lasciava cadere pezzi di polpa pieni di virus nel recinto dei maiali. Questi si sono infettati, hanno moltiplicato il virus e lo hanno trasmesso ad altri maiali, quindi agli uomini che li accudivano.
Spillover è un saggio con una narrazione così scorrevole e incalzante da coinvolgere il lettore come un romanzo thriller. Va detto però che l’assassino, o per meglio dire gli assassini, sono ben noti fin dalla prima pagina: i virus. Sono ancestrali, si evolvono e si diffondono con rapidità, sono insensibili agli antibiotici, sono a volte difficili da individuare e, malgrado le loro dimensioni e la loro struttura, tanto semplice quanto letale, i virus hanno una forza e una capacità organizzativa da annientare l’umanità intera. Dice Quammen, sempre in un’intervista:
Il Covid-19 non è un evento indipendente che ci sta capitando come una grande sventura, fa parte di un vasto quadro di avvenimenti causati da quello che gli esseri umani stanno facendo, dal modo in cui viviamo su questo pianeta: non ce l’hanno con noi, siamo noi a esser diventati molesti, visibili e assai abbondanti. Oggi siamo più di 7 miliardi, abbiamo una grande intelligenza, molta fame, fame di risorse di tutti i tipi – di carne, di animali selvatici, di legname, di minerali, di diversi ecosistemi, di carburanti fossili… quindi tutte le scelte che facciamo hanno un impatto sul resto della natura.
Rivedere radicalmente il nostro stile di vita
Il Covid ci sta obbligando a rivedere radicalmente il nostro stile di vita infatti, volendo attribuire delle intenzioni alla natura, si potrebbe presupporre che scatenando i virus, o reagendo all’effetto serra e ai vari disastri ecologici, essa impone nuovi “protocolli comportamentali” agli esseri umani.
Leggere Spillover in un momento come questo, ci rende consapevoli dell’inesorabile connessione di ciascun elemento nella catena biologica del nostro pianeta. Ci fa capire come siamo arrivati a questo punto e perché. La grande lezione di quella scienza chiamata “ecologia” è che «siamo davvero una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, nelle nostre origini, nella nostra evoluzione, nella sostanziale transitorietà del vivere, in salute e in malattia».