Tutti hanno cantato, celebrato e scritto del vino, il nettare degli Dei, la bevanda che ha accompagnato la poesia, la declamazione, le passioni. Il vino canta di libertà, di bisogni umani e desideri. Un magico nettare che scorre a fiumi, da un capo all’altro della Storia, fra le pagine della nostra letteratura. Con questo articolo sull’arte dell’accoglienza, iniziamo la nuova rubrica “Di Vin Leggendo”. La scrive Daniela Cassoni, sommelier e imprenditrice enogastronomica. E’ anche possibile ascoltare questo articolo, cliccando sul link in fondo alla pagina.
Può una professoressa di diritto greco antico scrivere un libro sul vino che si beve tutto d’un fiato?
Basta leggere la premessa del libro per coglierne già il gusto. Il collegamento fra vino e cultura, la nostra, il legame fra le civiltà del mondo antico sono trattate in modo intenso ma brioso.
Sprofondare nel divano con un bel bicchiere di rosso mentre si legge di regole di comportamento, del come dare degna accoglienza a chi giunge in visita, o arrivi pellegrino alla dimora, evoca comportamenti di un passato non troppo lontano.
Le regole dell’accoglienza
Mi sono scoperta, leggendo di Omero e dell’arte dell’accoglienza, a ricordare le visite domenicali senza preavviso, a casa di parenti e conoscenti, con mia nonna.
Ciò che adesso sarebbe percepito come un’invasione inaccettabile nella privacy, era allora visto con gratitudine. Fare gli onori di casa era un piacere, aprire una bella bottiglia di vino, offrire dei pasticcini, preparare un caffè servendolo nelle stoviglie migliori, orgoglio dell’ospite.
Pagina dopo pagina, ci si ricorda di quell’arte dell’ospitalità che nell’era antica, come in quella di qualche decina di anni fa, si faceva valore assoluto e distintivo.
Accogliere il forestiero, ospitare il viaggiatore erano nell’antichità, principi consolidati e sacrosanti, impensabili da trasgredire.
In Gli eroi bevono vino, Laura Pepe ci fa accomodare sui klinai di una antica casa in Atene, per la conclusione di una serata fra amici, facendoci entrare soavemente nella filosofia del simposio, nelle pratiche del “bere fra eguali”, in quello spazio riservato agli uomini di pari rango.
Giovinezza, vecchiaia, amore, politica e democrazia, si discute di molteplici argomenti tra una coppa di vino e l’altra, con sottofondo musicale ed interludio di danze e poesia. Sembra di essere lì, fra quelle coppe di solidarietà maschile, quando si palesa l’entrata in scena di un’altra civiltà, quella romana.
Dal simposio greco al convivio romano, con grande abilità l’autrice ci fa comprendere similitudini e differenze di abitudini in mondi agli antipodi.
Viaggio nel mondo del vino nell’era antica
Il vino è divino? Nell’antica Grecia decisamente, nell’antica Roma un pò meno. Senza dubbio, in entrambe le culture trascende la natura di semplice bevanda, connette l’uomo con il soprannaturale. Inoltre il vino porta nel suo DNA anche i primi archetipi cristiani.
Con maestria stilistica e cronologica, il libro si sofferma sulle misure e dismisure di un bere che deve rispettare cerimoniali ed etichette comportamentali.
Migliaia di anni prima del moderno “bere responsabilmente”, l’arte della moderazione era propria dell’uomo saggio. Un insieme di regole e comportamenti, imprescindibili, dove anche la sregolatezza era codificata.
A conclusione di questo bel viaggio nel mondo del vino nell’era antica, l’autrice chiude sul tema dell’amore. Su quell’ars amatoria che vede il vino come “complice ideale degli amori clandestini” al quale si ricorre per sciogliere le inibizioni, irretire o consolarsi in caso la donna amata sia nelle braccia altrui.
Un piccolo trattato che ha il sapore di una investigazione ed introspezione, capace di riaprire cassetti della memoria e ricordi scolastici, ma unendo il tutto con grande equilibrio.
Un libro perfetto da leggere degustando un bicchiere di Cecubo, uno dei vini più celebri dell’antichità.
Il Cecubo, un vino riscoperto
Un rosso millenario, che segna le origini del vino in Italia. Proveniente da un territorio vocato alla viticoltura, quella Campania Felix che costituiva, per la Roma Imperiale alla sua massima espansione, il grande serbatoio del vino.
La Città Eterna si apre dunque la strada verso il sud, 300 anni prima di Cristo, superando faticosamente le malsane paludi pontine, e scopre terre floride e vini meravigliosi. Caecus bibendum, il cieco che beve vino, nasce dall’unione delle due parole il nome del vino “Caecubum”.
E questo termine darà il nome alla zona dei monti circostanti, territorio d’elezione di quei vini tanto buoni. Il console Appio Claudio li farà conoscere nella capitale del mondo antico e, insieme al Falerno, l’altro grand cru del mondo antico, diventerà il vino più celebrato da Plinio il Vecchio.
Quando si parla di vini di oggi, tramandati dall’antichità, può sorgere il dubbio che si tratti dello stesso vino. Soprattutto dopo il distruttivo arrivo dal Nuovo Mondo della fillossera, è lecito chiedersi se i vitigni usati siano gli stessi. In questo caso possiamo essere certi, perché tanta è la trattazione che ci è pervenuta su questo vino che anche dopo duemila anni, è possibile bere un vino prodotto con gli stessi vitigni.
Forse anche di migliore qualità dato che oggi possiamo avvalerci della tecnologia e migliori conoscenze enologiche.
Il cecubo rosso si produce con due vitigni insostituibili: l’uva serpe e l’abbuoto e con un saldo di altri vitigni autoctoni.
Si tratta di un vino di colore rubino scuro, intenso e complesso nei profumi che variano dai frutti rossi, al cacao e spezie scure, spesso note vegetali, tabacco e grafite. Al gusto è pieno e vivo, con tannino evidente e note di chiusura amarognole. Un vino da invecchiamento che si presta all’abbinamento con carni arrosto o allo spiedo, formaggi stagionati.
Un vino che affascina per il suo collegamento storico, una fonte inesauribile di argomenti e spunti di riflessione per wine geeks, appassionati di storia enogastronomica. Per chi ama degustare il vino, ma anche parlarne con un bel bicchiere di storia in mano.
Brava, un bell’articolo anche molto interessante
Grazie mille Rita, sono felice ti sia piaciuto l’articolo. Continua a leggermi 🙂
Bellissimo articolo…fa venire voglia di un bicchiere di vino anche a un’astemia come me:))
Mi fa molto piacere Claudia, allora al prossimo articolo ed al prossimo bicchiere. Sottoscrivi la newsletter se vuoi ricevere un avviso per nuovi articoli. Buona settimana
Complimenti Daniela per il tuo interessantissimo articolo.
Il vino che oggi degustiamo, anche se molto diverso da quello che bevevano gli “Eroi” descritto nel libro di Laura Pepe (che peraltro ho letto tempo fa) è comunque ricco di storia, di cultura e di tradizioni.
E ne troviamo testimonianza in tantissimi vini del sud, soprattuto in alcuni vini pugliesi, calabresi e lucani, le cui barbatelle o tralci, sono giunte in queste regione attraverso i primi coloni greci sbarcati tra l’VIII e il VII sec. a.C.
Testimonianza che si legge per esempio nelle “Opere e giorni” di Esiodo, relativamente al Greco di Bianco, in cui l’appassimento di grappoli sui graticci descritto dal Poeta, è identico a quello che avviene a tutt’oggi, dopo 25 secoli….Incredibile!
Ecco, per me, degustare il Greco di Bianco è una doppia emozione, quella dei sensi, cioè organolettica, ma anche quella che riconduce il “pensiero” alla storia e alle tradizioni!
Grazie Ornella per questo commento e puntuale precisazione che, sono certa, incuriosirà molti. Il vino è una grande magia, che parla di storia, gusto tradizione e cultura. E sono pienamente d’accordo con te sulla doppia emozione…e per il Greco di Bianco.
Bellissima lettura ; centellinando la storia è un bel bicchiere di vino!
Grazie Gianlorenzo, letture e vini sono una gran bella compagnia 🙂 seguici per il prossimo articolo.
Che piacere incappare in articoli come questo; non si può non condividere il piacere di un buon calice accompagnato da quello di una lettura capace di esaltarne le qualità. Approfondire la storia di ciò che amiamo vale per tutti i piaceri, per il vino, forse, ancora di più. Grazie a Daniela che me lo ha fatto ricordare. Grazie a Laura per avergliene dato modo scrivendo il libro.
Grazie Gianluca, non dimentichiamo i piaceri della vita e della convivialità, fondamento della nostra cultura. A presto dunque per un bel bicchiere di vino, parole e condivisione di emozioni. Continua a seguirmi 🙂