L’ambiguo sortilegio de La montagna incantata

Per lo Scaffale dei libri difficili, Adele Boldrini si cimenta con La montagna incantata di Thomas Mann.

La montagna incantata Thomas Mann. Scaffale dei libri difficili. Cronache Letterarie

Può un libro pubblicato un secolo fa contenere elementi di attualità?
Se il libro è scritto da un maestro quale Thomas Mann, se tratta argomenti universali e delinea sapientemente gli elementi della psiche individuale che si riflettono nel mondo, decisamente sì. E la lettura de La montagna incantata, opera splendida ma tutt’altro che semplice per la densità dei temi di cui è intessuta, lo dimostra.

La trama

La montagna incantata Thomas Mann. Hans Castorp

La vicenda de La montagna incantata è scarna, ma imperniata su elementi fortemente simbolici. Nei primi anni del Novecento Hans Castorp, giovane ingegnere amburghese appena laureato e in procinto di essere assunto in un’azienda navale, si reca in visita al cugino Joachim. Questi è ospitato in un sanatorio svizzero per curare la tubercolosi da cui è affetto. La clinica, situata in un contesto montano rarefatto, non solo per la qualità dell’aria ma anche per il lusso esclusivo, si configura come una sorta di mondo parallelo a quello dei sani. La simbologia evocata da Mann contrappone la realtà del microcosmo del sanatorio alla società dei sani, la montagna (Berg) alle terre di Pianura (Flachland), il mondo dello spirito e della contemplazione oziosa alla vita activa della borghesia produttiva.

Il giovane Castorp viene ben presto catturato dalle atmosfere sospese della clinica, che diventa una sorta di incubatore del suo processo di accrescimento personale, in termini di consapevolezza e riflessione sul senso della vita. E, complice il manifestarsi di alcuni sintomi sospetti, decide di abdicare ai suoi doveri mondani e di trattenersi in Svizzera per perseguire la definitiva guarigione.

Nella pratica, quello che doveva essere un soggiorno di tre settimane si traduce in una permanenza settennale, durante la quale si compirà il rito di iniziazione del protagonista. Hans,  da individuo “medio” privo di interessi culturali e spirituali, si trasformerà in un uomo finalmente consapevole delle tematiche esistenziali su cui si fondano, non solo le vite dei singoli ma l’intera storia dell’umanità.

La realtà del sanatorio nella Belle Époque

Per dichiarazione esplicita dell’autore il libro avrebbe dovuto essere un’opera satirica  sull’esperienza borghese – un tempo assai diffusa – dei lunghissimi soggiorni in sanatori internazionali a spese dei familiari.

La montagna incantata versione audiolibro. Herlitzka. Hans Castorp
La montagna incantata in audiolibro

Dove l’inazione, alimentata come racconta il romanzo da lauti pasti e innaffiata da vini pregiati, si esplica nel chiacchiericcio pettegolo, nei corteggiamenti più o meno segreti, nel pedissequo rispetto dei curiosi protocolli terapeutici e nel progressivo distacco da ogni forma di impegno produttivo, morale, sociale.

Eppure l’opera ad un certo punto prese la mano a Thomas Mann, come tutti i capolavori che sfuggono al controllo dell’autore. Diventando anche mimesi emblematica della crisi della borghesia, persa in una confusione ideologica e intellettuale che avrebbe condotto l’Europa e il mondo intero a ben due guerre mondiali.

L’ambiguo sortilegio de La montagna incantata

L’asfittico contesto del sanatorio diventa per Castorp una sorta di laboratorio spirituale. Dove sono rintracciabili in miniatura i temi culturali e ideologici tipici del Novecento: la malattia contrapposta alla salute, la dicotomia vita-morte, il senso dell’amore, il contrasto fra la tradizione umanista e l’incipiente affermarsi del nichilismo.

Ognuno di questi temi si incarna – nel romanzo – in uno o più personaggi.

La confusione ideologica in cui Castorp comincia subito a dibattersi è rappresentata da due figure emblematiche, l’italiano Lodovico Settembrini, coltissimo umanista senza mezzi, costruito sulla figura di Carducci, e il galiziano Leo Naphta, ebreo convertitosi al cattolicesimo gesuita.

Settembrini si attribuisce da subito il ruolo di pedagogo del giovane Castorp, tentando di stimolarne il distacco dal sonnolento e abitudinario mondo del sanatorio. Il personaggio incarna la rappresentazione dello spirito illuminista, della fiducia nelle sorti progressive dell’umanità, delle forze della ragione e della “vita activa”.
Per contro Naphta impersona il radicalismo antimoderno, e la sua deriva inevitabilmente nichilista. Tra i due personaggi si sviluppano  interminabili quanto improduttive discussioni filosofiche molto accese, di cui Castorp è l’obiettivo designato. Fino al tragico epilogo, che vedrà i due protagonisti sfidarsi a duello, in una preconizzazione delle sorti dell’Europa lacerata da ideali contrastanti senza possibilità di composizione.

Thomas Mann, autore de La montagna incantata, nella casa di Los Angeles, dove si stabilì nel 1941. A sinistra la figlia Erika e un’altra parente.

L’esperienza amorosa

Nel sanatorio Castorp conoscerà anche l’amore, nei panni di Madame Clavdia Chauchat, una bellissima kirgisa dagli occhi tartari. Le fattezze di lei gli ricordano un suo antico compagno di scuola, per il quale aveva nutrito una sorta di innamoramento. Un amore mai realmente consumato (Clavdia partirà la mattina successiva, e tornerà poi al sanatorio accompagnata da un amante), giocato sul filo della trasposizione linguistica. Non a caso la scena del disvelamento amoroso si svolge in francese, idioma estraneo a entrambi gli amanti, quasi ad indicarne la consistenza di sogno.

Clavdia porterà in dote a Hans Castorp un terzo personaggio indispensabile al compimento del processo evolutivo del giovane ingegnere. Si tratta del suo nuovo amante  Mynheer Peeperkorn, un gaudente e facoltoso uomo d’affari malato di malaria, che sembra rappresentare l’emblema dell’insopprimibile vitalismo umano. Quest’uomo ricchissimo, imperioso, dalle frasi smozzicate quasi incomprensibili, si affianca a Settembrini e Naphta. E diventa una sorta di terzo polo tensivo, incuneandosi con la sua sfrenata ricerca del piacere tra ragione e nichilismo. Tra Hans, Clavdia e Peeperkorn si stabilirà un rapporto dai toni ambigui, una sorta di triangolo emotivo da cui il protagonista uscirà ancora più confuso.

La dicotomia malattia-salute

Hans Castorp è il protagonista de La montagna incantata

L’esplorazione della dicotomia malattia-salute è invece affidata allo stesso Castorp, che sviluppa l’idea della correlazione tra infermità del corpo e raffinatezza della mente. Appare evidente l’adesione alla tradizione romantica tedesca che vedeva nella malattia una condizione ottimale per l’esplorazione spirituale.

La prima parte del processo di iniziazione del giovane protagonista indaga la fascinazione della morte, la seconda è dedicata alla scoperta della salute, della vita. L’abbandono dell’idea di morte avviene per Castorp attraverso un percorso di allargamento continuo dei propri orizzonti, di curiosità intellettuale, di sete di sapere. Un processo che culmina nel capitolo più famoso del romanzo, Neve. Qui Hans Castorp – sci ai piedi – si lancia all’esplorazione delle montagne intorno al sanatorio. Sorpreso da una tempesta di neve, cade in una sorta di trance onirica che gli svela un sogno archetipico di felice umanità primordiale, trasformatosi rapidamente in incubo di morte.

Hans Castorp si salverà, portando con sé per sempre la visione dell’umanità felice, dell’Homo Dei che travalica la contrapposizione tra morte e vita, tra nichilismo e ragione. Da cui consegue la decisione di “non concedere alla morte il dominio sui propri pensieri”, per rispetto alla bontà e all’amore.

Gli anni dell’apatia

L’episodio della bufera potrebbe concludere il romanzo. Eppure la storia di Hans Castorp si dipanerà ancora per lunghi anni, in cui il nostro protagonista sperimenterà sentimenti di apatia e di confusione ideale. Come fosse stregato da un sortilegio ambiguo. Da un lato la magia della montagna ha regalato al protagonista consapevolezza e aurea mediocritas. Dall’altro si trasforma in malìa maligna, irresolutezza, imprigionamento in un tempo infinitamente circolare.

Il tempo – secondo il protagonista del romanzo – scandisce in misura irregolare le vicende raccontate, condensando anni in poche pagine e dilatando attimi. E sembra muoversi in senso ciclico più che lineare, intrappolando il sanatorio e i suoi ospiti in una continua ripetizione.

La discesa alla Pianura

Sarà lo scoppio della guerra a fermare simbolicamente le lancette dell’orologio. E sarà necessario un conflitto per spezzare l’incanto ambiguo che imprigionava Hans Castorp. Il quale, novello Parsifal, troverà il proprio Graal nella decisione di lasciare il sanatorio e tornare alla Pianura. E di riappropriarsi della propria esistenza, seppur partecipando ad un conflitto che travolgerà l’ordine precedente. Perché – sembra suggerire l’autore – dal sovvertimento del passato, dalla grande strage può forse emergere una flebile speranza di amore. Una speranza ancora molto attuale.

Adele Boldrini

Adele Boldrini

Umanista per formazione, informatica per professione, con una smodata passione per la letteratura e per i viaggi. Che poi in fondo un po' si somigliano.

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