Con il racconto Il ritaglio dello spazio di Marco Melillo, inauguriamo il nuovo template di Cronache Letterarie.
Se preferite ascoltarlo, piuttosto che leggerlo, qui sotto trovate anche la versione audio.
Fuori robot giardiniere tagliava la siepe con grazia. Con l’ultima modifica fatta, il movimento delle forbici era simile a quello delle gambe di una ballerina classica.
Lo schermo si mise a lampeggiare, era mia sorella. Non era il solito orario in cui ci sentivamo, aveva un’aria eccitata.
“Senti fratello ho una cosa importante da dirti, devi venire da me”.
“Che significa devo venire da te!?“
“Ti mando una macchina e tu vieni. Ti devo dire una cosa importante, di persona”.
Pensai: tu vieni cosa? Sono decenni che non esco di casa. L’ultima volta che avevo visto mia sorella Caterina era più di trent’anni fa.
Quando scoppiò l’epidemia eravamo due bambini rimasti in casa con il padre. Nostra madre era da qualche parte nel mondo e non riuscì mai a tornare a casa. Avevo 13 anni quando papà morì e per maggior sicurezza le autorità ci separarono. Eravamo merce preziosa.
Caterina è l’unica donna che ho conosciuto.
15 anni fa abbiamo fatto pure un figlio, naturalmente in provetta. È cresciuto in una pancia meccanica. Il nostro bambino l’abbiamo visto germogliare attraverso lo schermo.
“Tu sei pazza. Ti dico che non esco!”
“Dai, falla finita! Lo so che non esci, nessuno esce. Ma è una cosa che ti devo dire a voce ed è importante”.
La macchina arrivò verso le cinque del pomeriggio. Pensavo non esistessero più automobili ma Caterina era un pezzo grosso del Governo, probabilmente ne avevano alcune di riserva.
Avevo indossato una vecchia tuta anti contagio con uno scafandro. Entrai nella camera di sanificazione e dopo un paio di minuti ero nella macchina.
Tremavo, viaggiai per circa un’ora senza incontrare nessun altro veicolo e ovviamente nessuno essere umano.
Ben isolata, circondata da un muro, c’era la sua abitazione. La macchina entrò in una specie di garage e lo sportello si apri. Fui inondato dal disinfettante, passai le tre camere di decontaminazione e finalmente entrai nel salotto. Lei era dall’altra parte, rimanemmo così, distanti. Era vestita in modo strano – doveva essere una qualche moda – e priva di protezioni.
“Te lo dico così senza tanti preamboli, l’epidemia è finita”.
“Sei impazzita sono 30 anni che combattiamo e poi tu, di botto, è finita”.
“Sono già sei mesi che lo sappiamo, abbiamo fatto tutti i controlli e ci sono 300 volontari in tutto il mondo che già vivono all’aperto”.
“All’aperto?!”: non potei evitare di mostrare il mio stupore.
La conversazione durò stentatamente per un’oretta. Io rimasi sempre nel mio angolo. Poi la salutai, passai nelle camere di disinfestazione e me ne tornai nella mia casetta.
La mattina dopo, come promesso, mia sorella si presentò alla porta, pronta per portarmi da nostro figlio. Era sempre molto curata ed elegante.
Il robot giardiniere tagliava l’erba a tempo di musica, improvvisamente fece uno scarto veloce verso l’ingresso e… allontanai lo sguardo dallo schermo, ma sentii ugualmente il crack delle ossa del collo di Caterina tagliate dalle forbici.
Il robot raccogli rifiuti scattò velocemente, raccolse i pezzi, i suoi pezzi, e li portò al tritarifiuti, da li scivolarono direttamente nell’inceneritore.
Avevo lavorato tutta la notte per togliere i blocchi che impedivano ai robot di far male agli umani. Serrai porte e finestre e me ne andai in piscina; lì ero al sicuro avvolto dall’acqua tiepida accogliente.
Ora mi avrebbero lasciato in pace. Mia sorella era il mio l’unico contatto con il mondo.
Clicca qui sotto per ascoltare il racconto
Il ritaglio dello spazio è un racconto inedito di Marco Melillo pubblicato per “I racconti di Cronache“. Se volete potete lasciarci un vostro commento. Per leggere altri racconti cliccate qui.
Voce e musica della versione audio sono di Amina Magi.
Molto attuale. Descrizione perfetta di come finirà. Tutti chiusi in casa e manie di sicurezza.
Mi sembra che adesso abbiamo tutti delle ansie legate alla lunga reclsuione che esprime bene questo racconto che sembra di humer nero. Ma spero che ne usciremo…
‘Il ritaglio dello spazio’, descrive situazioni che
si ripetano in tante sotuazioni. Alcune persone per uno shock o per nascita si rinchiudono in se stessi e rifiutomo ogni contatto umano, esterno.
Il finale mi ha sorpreso, già che accettò andare al richiamo della sorella, ma la fa sparire quando lei invade il suo mondo…
.
Grazie per il commento.
In effetti il racconto è ispirato dal fenomeno Hikikomori ( ragazzi che si chiudono in camera e non escono più) patologia nata in Giappone e molto diffusa anche in Italia.
È possibile che questa patologia, con il coronavirus, si diffonda anche tra gli adulti e che la paura del contagio prevarichi il bisogno di socialità.
Da incallito giovanile lettore di fantascienza, ho ritrovato nel racconto di Marco le stesse forti inquietudini di degenerazione della normalità che quelle letture allora m’infondevano. Mi è piaciuta la combinazione di pandemia e autoreclusione – col relativo effetto finale, irreparabile e criminale – e mi sono piaciute le parole dirette e scabre utilizzate per raccontarla. La lettura eccellente di Amina Magi potenzia l’inquietudine e la fa scorrere subliminale, come un brivido. E se fosse vero?