Cultura a chilometro zero è quello che auspica nel suo interessante saggio in cui riflette sulla deriva dell’umanità, Aldo Rossi che vede la globalizzazione come uno dei più grandi nemici della nostra specie, mentre nella nostalgia e il legame con il proprio territorio starebbe la nostra salvezza.
La lettura è uno strumento di crescita – intellettuale, culturale e morale – insuperato ed eclettico. Leggiamo per conoscere, per approfondire, per necessità e per diletto. Scegliamo cosa leggere in base all’età, al gusto, al momento che stiamo vivendo, al tipo di emozioni che vogliamo sollecitare, o di curiosità che desideriamo sfamare. Possiamo appassionaci ad un certo genere letterario in un dato periodo della nostra esistenza, per poi essere trasportati dall’interesse verso un altro genere in un periodo differente.
Anche le mie fasi di lettura, negli anni, si ripetono ciclicamente come le fasi lunari, o i corsi e ricorsi storici di vichiana memoria. E perciò, rieccomi alle prese con la saggistica filosofica. Recentemente mi hanno regalato La condizione umana e i suoi nemici. Le nuove forme di totalitarismo, pubblicato nel 2020 da Edizioni ETS.
L’autore, Aldo Rossi, è un signore che, impossibilitato per cause familiari a proseguire gli studi dopo la maturità classica, si è iscritto alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Pisa, una volta in pensione. Era in cerca di un luogo dove poter esercitare l’interesse critico, sviluppato nel corso della sua vita.
Si è dunque laureato in Filosofia all’età di 75 anni e questo libro sottile risponde ad alcuni interrogativi sulla condizione umana, importanti per ciascuno di noi. Tanto che nel panorama filosofico attuale, quest’opera risulta tanto fresca quanto necessaria.
Si tratta di una ricerca precisa ed argomentata sulla sorte che ci attende. Può non essere una lettura agevole per chi fosse totalmente scevro delle logiche argomentative filosofiche, ma di sicuro rappresenta una lettura in grado di stimolare riflessioni interessanti e di aprire una diversa prospettiva di interpretazione nell’ambito dell’umano.
La condizione umana…
La tesi centrale del testo sta nel mostrare la deriva fatale dell’umanità verso la sua fine, per una tendenza che si autoalimenta retroattivamente.
Rossi inquadra il destino della nostra specie in una sola alternativa: o la sua rovina sublime tremenda, o il suo rientro in uno status che si potrebbe definire felice. Per la salvezza resta un’unica chance, quella di riportare la vita umana:
“Entro i confini di una comunità territorialmente e culturalmente circoscritta”.
Più facile a dirsi che a farsi!
Perché si palesa la necessità di ritornare ad una comunità circoscritta? La risposta è che considerare l’umanità come un “noi universale” in senso cosmopolita, impatta contro un muro invalicabile:
“Se siamo cittadini del mondo siamo apolidi, stranieri ovunque ci troviamo, senza identità né patria, dunque senza neanche più il diritto di rivendicare un sentimento come la nostalgia”.
La nostalgia invece è la cifra massimamente distintiva dell’umano. Nostalgia per qualcosa del passato che appartiene solo a noi come individui, di una tradizione in cui affondiamo la radice esistenziale, di un paesaggio natio, di una persona.
La nostalgia ci qualifica come individui
Noi siamo, come ci rammenta Gregory Bateson, unità di organismo ed ambiente.
L’uomo paga il conto della sua doppia natura: quella animale e quella culturale che rende umano l’animale.
L’analisi proposta dall’autore è dettagliata e spazia dalla dicotomia irriducibile tra religione e scienza. Quest’ultima attualmente agisce per profitto e la conseguenza è che l’umanità nel suo insieme stia operando per la sua rovina. Esplora inoltre i due fattori che concorrono al declino dell’umanità: la disuguaglianza sociale e la crescita demografica.
Quello sull’uomo e la sua evoluzione è un discorso mai finito, tanto affascinante, quanto complicato. La dissertazione di Aldo Rossi sulla condizione umana dà conto dello sviluppo di tutte le transizioni fondamentali che ci hanno condotto fino a qui: la nascita dell’agricoltura che generò le comunità stabili e, quindi, la guerra come strumento per difendere la propria comunità. L’industrializzazione che ha spinto il sistema al limite con il capitalismo fondato su:
“Un vertice ristretto che governa su tutto il resto della popolazione”.
L’umanità come problema
Di particolare interesse ed originalità è il capitolo “L’umanità come problema” che affronta l’evoluzione dell’uomo, dalla presunta origine in Africa fino alla scoperta di reperti scheletrici antecedenti a quelli africani in altre aree geografiche del pianeta. Dall’emergere dell’Homo di Cro-Magnon alla teoria darwiniana.
Le cause del processo di decadenza dell’umanità sono da imputare all’uomo stesso:
“La globalizzazione è finalizzata ad affratellare la cara umanità, ma in realtà abolisce i confini nazionali, usa Stati e governi per sottomettere legalmente ogni ambito della vita umana a leggi mai scritte di un mercato che nasconde la più colossale truffa ad esecuzione di una consorteria privata che autoproduce moneta per comprare il mondo, persone comprese “.
Anche a livello logico non è pensabile una crescita infinita in un mondo finito:
“L’economia è una pseudoscienza e pure Marx fu ingannato dal pregiudizio illuminista ( … )
La prospettiva di un futuro processuale priva i nuovi nati di un ancoraggio ad una tradizione e li getta in un mondo incalzato dal tempo, dove l’esistenza è sempre un non-più e contemporaneamente un non-ancora”.
Sento degli echi heideggeriani e bergsoniani in questo richiamo al tempo che ci pressa, che chiede e che consuma.
In conclusione: siamo rimasti incastrati in una trappola micidiale che ci siamo costruiti da soli e l’abbiamo costruita talmente bene da non esser più in grado di uscirne.
Essere umani significa essere ciò che si è diventati, ma l’umano è qualcosa in continuo mutamento ed in stretta connessione con la parola e con la socialità.
Aldo Rossi ha le proprie “certezze” circa un inarrestabile declino, verso un esito esiziale per l’umanità. È certamente una tesi che preoccupa, difficile da sopportare. Allora mi chiedo: è ancora rinviabile l’assunzione cosciente e responsabile di una tale questione e il tentativo di rispondervi?