Complice il recente autoregalo dell’ereader, che ha comportato l’acquisto compulsivo di tutta una serie di libri suggeriti e/o in offerta, ho scoperto Lorenzo Marone, che mi ha conquistata con i suoi libri.
La tentazione di essere felici
Ne La tentazione di essere felici, da cui è stato tratto il film La tenerezza di Gianni Amelio, il primo libro che ho letto, Cesare Annunziata è un vedovo di 77 anni, ha pochi e contrastati rapporti con i suoi due figli, Sveva e Dante. E ha degli amici tra i condomini, anche se fa finta che non lo siano. Insomma è quello che si dice un vecchio brontolone, che ha deciso di fregarsene degli altri e di vivere la sua vita, facendosela praticamente scivolare addosso. Ma a un tratto come dirimpettaia di pianerottolo arriva Emma, una giovane ragazza sposata a un tipo poco raccomandabile. Nonostante gli sforzi per restare impassibile, l’ironico e apparentemente distaccato Cesare si ritrova coinvolto nella vita di Emma. E scoprirà che non è mai troppo tardi per occuparsi degli altri e che, nonostante tutto, si può cercare di essere felici.
Lorenzo Marone riesce a tratteggiare la personalità e le vicissitudini di Cesare con tale precisione che si perde di vista il fatto che non sia un personaggio reale. Quello che mi ha colpito molto è che ho letto il libro con interesse ma senza troppo coinvolgimento. Invece, una volta finito, mi sono ritrovata a sentirne le sensazioni per diversi giorni. Come se la storia di Emma e Cesare avesse avuto bisogno di sedimentarsi piano piano, per poi uscire e rimanere insieme a me anche giorni dopo aver finito il libro.
Colpita piacevolmente, sono corsa a leggere i due libri successivi, che hanno confermato il mio innamoramento letterario per Lorenzo Marone.
E sia in Magari domani resto che ne La tristezza ha il sonno leggero, da cui anche è stato tratto un film, ho ritrovato la sua capacità di raccontare le dinamiche familiari, allo stesso tempo con gentilezza e decisione.
La tristezza ha il sonno leggero
Erri Gargiulo, quarantenne sensibile e insoddisfatto protagonista de La tristezza ha il sonno leggero – anche questo diventato un film per la regia di Marco Mario De Notaris – è il primogenito di una famiglia che più allargata non si può. Sua madre Renata ha avuto Giovanni e Valerio dal secondo marito, che a sua volta aveva già una figlia, Arianna. Mentre il padre di Erri ha avuto Flor in seconde nozze. Quando sua moglie lo lascia perché non riesce ad avere un bambino, Erri si ritrova da solo a fare i conti con la sua vita, il passato, le sue non scelte e, appunto, la sua sgangherata famiglia con la quale, comunque, ha un rapporto di vero affetto.
Il rapporto più forte è con Flor, che sembra proprio la sua copia carbone. Come lui è ansioso e tendente al negativo, lei è pragmatica e solare. Flor lo coinvolge nella sua vita sconclusionata aiutandolo, però, a scuotersi dall’apatia e a prendere finalmente in mano la possibilità di realizzare i suoi sogni. La sensibilità di Erri e il suo trovarsi (quasi) sempre al posto sbagliato nel momento peggiore, me lo hanno fatto amare particolarmente.
Magari domani resto
Nell’altro libro di Lorenzo Marone che ho letto, Magari domani resto, la protagonista, Luce Di Notte, ha già il nome che ti fa capire come la sua vita sia tutto un programma. Nata e cresciuta nei Quartieri Spagnoli, è stata tirata su dalla mamma e dalla nonna perché il padre, fonte di tutte le critiche possibili ma anche dei suoi ricordi più felici, è andato via di casa quando lei e suo fratello erano bambini.
Capelli corti, comportamento simile, per sua stessa ammissione “a quello di un bassotto arrabbiato”, reduce da una storia finita male, Luce è praticante in uno studio di avvocati. Per lavoro si trova ad avere a che fare con una causa di divorzio, il cui pomo della discordia è il figlio, il raffinato ed educato Kevin. Lui sembra un alieno rispetto alla famiglia da cui proviene: una brava mamma molto semplice culturalmente e socialmente e un padre camorrista. Per seguire meglio l’andamento della situazione, Luce si ritrova a fargli da babysitter, che è quanto di più lontano lei si aspetterebbe di fare.
Insomma la sua vita non va proprio come vorrebbe, se ne lamenta spesso con Don Vittorio, il suo vicino di casa settantenne ex trombettista. Con lui, per un incastro strano di favori, si ritrova tutti i giorni a condividere il pranzo, preparato per lui dalla mamma di Luce. Ma proprio Don Vittorio e Kevin, insieme a un misterioso artista di strada francese e a una rondine che non vuole migrare, aiuteranno Luce a fare pace con la sua vita che, tutto sommato, proprio così male non è.
Ho ingarbugliato abbastanza? Perfetto, è esattamente quello che volevo e che, credo, voglia anche Lorenzo Marone quando, con il suo stile semplice, pulito e ricchissimo di dialoghi, costruisce storie quotidiane e racconta di persone che, ribadisco, sono talmente reali da poter essere incontrate nella vita quotidiana di ognuno di noi.
Un’altra caratteristica dei romanzi di Lorenzo Marone che ho amato molto, sia in questi tre che ho letto che negli altri che a breve leggerò, è Napoli.
La Napoli di Lorenzo Marone
La città è protagonista in tutte le storie. Lorenzo, napoletano, la descrive come una città vissuta. Non ci sono scorci da cartolina, ma chiunque la conosca riconosce i quartieri, le strade, il lungomare, soprattutto riconosce le voci e le caratteristiche dei suoi abitanti. Napoli è presente e viva, si interseca con le vite dei nostri protagonisti come è giusto che sia. La nostra vita è strettamente correlata alla città in cui viviamo, quindi è normale che quello che succede a Cesare, Erri e Luce succeda a Napoli in un modo che non succederebbe a Roma, o a Milano.
Nei suoi dialoghi Lorenzo Marone usa molto anche termini napoletani. A volte in maniera piuttosto articolata, tanto che mi sono chiesta se potesse creare qualche problema di interpretazione a chi, ad esempio, non avesse nessuna possibilità di sapere cosa siano le crisommole (albicocche) di cui parla Luce.
Personalmente trovo queste brevi escursioni nel dialetto meravigliose. Mi hanno fatto entrare ancora di più nella vita e negli ambienti dei protagonisti, ma dalla mia ho le origini partenopee che mi fanno – perdonate la virata NEW AGE – sentire Napoli come parte di me ogni volta che ci vado o che ne leggo.
La donna degli alberi
L’ultimo libro di Lorenzo Marone, La donna degli alberi, è invece completamente diverso.
Intimista, metaforico, racconta la storia di una donna che si allontana dalla grande città per (ri)trovare sé stessa nella baita di montagna di suo padre, punto di riferimento della sua infanzia a cui ritorna con i suoi ricordi. Ci sono pochi dialoghi e ho avuto la sensazione che i personaggi con i quali la protagonista interagisce siano iconici, più che reali, a partire dai nomi. Lo Straniero, La Guaritrice, aiutano la protagonista a prendere atto di quello che è, soprattutto di quello che non vuole più essere, come se fossero delle guide spirituali.
Non sono riuscita a entrare nello spirito del libro, al contrario degli altri ne sono rimasta fin troppo distaccata, tanto da aver faticato a finirlo. Probabilmente il Lorenzo Marone che ambienta le sue storie di vita reale a Napoli mi ha colpita così tanto che ci sono quasi rimasta male nel non ritrovarlo nel suo ultimo lavoro. Forse dovrò rileggerlo senza le aspettative di cui l’ho caricato e che, evidentemente, non me lo hanno fatto apprezzare come si deve.
Torniamo a Napoli e alle sue specialità culinarie
Tra le tante ce n’è una che mi piace particolarmente per la consistenza, ricca e leggera al tempo stesso, la torta Caprese. Mandorle, cioccolato, uova e burro, una caloricissima meraviglia! La leggenda vuole che nacque a Capri negli anni ’20 quando un pasticcere, Carmine Fiore, nell’ansia di preparate un dolce per gli uomini di Al Capone arrivati da New York per affari, si dimenticò di aggiungere la farina. Se ne accorse quando ormai il dolce era in forno ma, per sua e nostra fortuna, fu un successone. Ai giorni nostri, va addirittura di moda perché è senza glutine!
Io vi racconto la sua versione bianca, invenzione del famosissimo pasticcere Sal De Riso e tratta dal suo libro Dolci del sole, adatta all’estate che si avvicina. Se capitate dalle parti di Minori, in provincia di Salerno, non potete non passare dalla sua pasticceria, è un paradiso!
Caprese al limone
(stampo da 22 cm)
- 200 gr di mandorle pelate oppure farina di mandorle
- 120 gr di zucchero a velo
- 100 gr di olio extravergine
- 180 gr di cioccolato bianco in tavoletta
- 5 uova
- 50 gr di fecola di patate
- 60 gr di zucchero semolato classico
- bucce grattugiate di 2 limoni freschi non trattati
- 1 cucchiaino di essenza di vaniglia oppure i semi di ½ bacca oppure ½ bustina di vanillina
- 5 gr di lievito in polvere per dolci
- 30 gr di scorzette di limone candite (opzionale)
- zucchero a velo vanigliato per guarnire
Come prima cosa mescolate insieme lo zucchero a velo e la farina di mandorle. Tritate a pezzettini il cioccolato bianco. Ponete il cioccolato bianco ottenuto nella ciotola dove avete inserito il mix di mandorle e zucchero a velo. Aggiungete la buccia grattugiata dei limoni, la fecola mescolata con il lievito precedentemente. Girate. Aggiungete l’olio extravergine a filo e girate con una spatola amalgamando delicatamente il composto.
In un’altra ciotola, montate con le fruste elettriche le uova con lo zucchero semolato e la vaniglia per almeno 5/6 minuti, fino ad ottenere un composto spumoso, chiaro, triplicato di volume. Aggiungete a cucchiaiate le uova montate all’impasto di mandorle e cioccolato bianco, amalgamando lentamente con una spatola dal basso verso l’alto.
L’impasto sarà piuttosto liquido ma è così che deve essere. Scaldate il forno a 200° e, nel frattempo, imburrate e infarinate di fecola lo stampo. Infornate e cuocete per 10 minuti, poi abbassate a 170° e cuocete per altri 45 minuti. Sfornate e fate raffreddare prima di sformarla, rigirando la teglia.