
È l’anno di Dante e io ho deciso di festeggiarlo leggendo integralmente la Divina Commedia. Impresa non da poco, me ne sono reso conto subito. Ora, a distanza di un mese e mezzo dall’inizio, sento di aver trovato gli strumenti giusti per quest’avventura.
Le tappe quotidiane – un’ora ogni mattina, la prima della mia giornata, quasi un rito, che comincia mentre prendo ancora il caffè, più qualche eventuale pillola nelle ore successive – mi stanno portando alla scoperta di un territorio ricco di sorprese e di emozioni.
Leggo attentamente i commenti e le note dei libri che ho scelto come compagni in questa avventura. Ma allo stesso tempo cerco di lasciarmi portare dal ritmo e dalla musicalità del verso e delle parole. Dalla potenza e dalla dolcezza delle immagini, lasciando aperti tutti i varchi alle emozioni.
Perché il punto di arrivo (anche se non ci può essere un traguardo definitivo) è, sì, la comprensione piena del testo, nella molteplicità dei suoi significati, ma anche e soprattutto ‘mangiare’ poesia, gustandola nelle infinite forme che il poema propone.
“Mi cola inchiostro dagli angoli della bocca.
Non c’è contentezza pari alla mia.
Ho mangiato poesia”.
Per dirla con i versi di Mark Strand.
Forse sono ancora nella fase incantata – e inebriante – del neofita, ma va bene così. Per ora.
Ognuno deve trovare la sua strada. Io posso solo indicare quella che sto seguendo, senza la pretesa che vada bene anche per gli altri. Qualcosa ho già detto.
Quanto agli strumenti che sto usando, eccoli:

- L’edizione della Commedia a cura di Anna Maria Chiavacci, pubblicata inizialmente nei Meridiani Mondadori e poi uscita, uguale uguale, anche negli Oscar nel 2016 (per complessive 3.628 pagine e un costo molto contenuto, intorno ai 35 euro per tutti e tre i volumi). Il testo è quello dell’edizione critica di Giorgio Petrocchi (con qualche motivata variante). È un commento dotato di un vasto corredo di presentazioni e note. Non è strettamente accademico ed è orientato soprattutto a spiegare “la lettera del testo nei suoi vari livelli (linguistico, letterario, storico, filosofico, teologico)”. E indicare “l’interno significato, quello cioè che Dante, attraverso il suo racconto, intende dire agli uomini che lo leggono, significato ancora oggi profondamente comprensibile”. Due dimensioni del commento che sono “ugualmente necessarie” e “inseparabili”. Ogni canto è preceduto da una breve introduzione. Questa ha lo scopo di “mettere a fuoco il suo specifico significato e valore nell’ambito della cantica e dell’intero poema”.

- Il racconto della Commedia di Marco Santagata, Mondadori, 2017, 480 pp., che contiene le linee essenziali per orientarsi in un “universo meraviglioso, illimitato e complesso nel quale è pressoché impossibile addentrarsi senza un’adeguata carta topografica e una bussola efficiente”.
- La lettura integrale delle tre cantiche fatta da un insieme di ottime voci, a mio avviso tra le migliori del ‘900: Giorgio Albertazzi, Tino Carraro, Antonio Crast, Carlo D’Angelo, Arnoldo Foà, Achille Millo, Romolo Valli (si trova, anche gratuitamente, su Spotify).
Per una voce femminile – acquisizione recente nella storia della Commedia – ascolto Lucilla Giagnoni, fresca interprete di tutti i canti (La Divina Commedia-Vespri danteschi, 2021), ora su RaiPlay. Timbri sonori, cadenze e sottolineature diverse contribuiscono ad arricchire di accenti un verso che chiama la vocalità. La Commedia va ascoltata. Come si ascolta la musica. È un momento fondamentale. L’importante, anche nella lettura personale ad alta voce, consigliabile quando si è ormai fatto proprio il testo, è non “recitare”, altrimenti si rischia la retorica.
Accanto a questi strumenti, tengo a portata di mano per eventuali rapide consultazioni (cartacee o digitali):

- l’Enciclopedia Dantesca, (Treccani) che risale al 1970 e che non ho in versione cartacea, ma le cui voci si possono trovare oggi sul sito Treccani (www.treccani.it);
- le “garzantine” Mitologia e Medioevo (in questo caso “garzantona”, vista la mole, quasi due kili di peso e poco meno di 2000 pagine!), e il volume Personaggi della Bibbia, Mondadori, 2006, tutti e tre utilissimi per un riscontro immediato di tanti riferimenti che mi appaiono oscuri;
- Dante Alighieri, Commedia a cura di Riccardo Bruscagli e Gloria Giudizi, Zanichelli, 2012, 3 voll. Un buon testo scolastico, che non guasta, anche perché contiene, accanto a una puntuale parafrasi dei canti, un forum critico aggiornato, con ampi brani di lettura e interpretazione da parte dei maggiori studiosi della Commedia;
- non disprezzo infine il buon vecchio Bignami che per la Commedia aveva approntato alla fine degli anni ’40 un’edizione in formato di grandi dimensioni (e con più di 700 pagine complessive), non il piccolo bignamino. Ce l’ho ancora, e di tanto in tanto attira qualche occhiata nostalgica…
- …e poi c’è sempre Wikipedia.
Tengo inoltre una sorta di quaderno di lettura

Tengo inoltre una sorta di quaderno di lettura, del tutto personale, ad uso mio esclusivo, nel quale annoto osservazioni, suggestioni, e anche digressioni, suscitate da questo viaggio nel poema. E mi diverto a trascrivere quelli che sono per me i versi più belli, al di là delle solite citazioni scontate. Oppure a fare delle liste: per esempio, la lista di tutte le volte in cui, nella Commedia, gli occhi sono protagonisti, pensate solo agli occhi di Beatrice (ma la dinamica degli sguardi è fondamentale in tutto il poema). Oppure la lista dei verbi di conio dantesco, cioè quelli inventati da Dante (uno dei più belli nel verso: “pensa che questo dì mai non raggiorna!”, a indicare la fuga del tempo).
O la lista dei colori, colti in tutte le loro sfumature, a cominciare da quel “dolce color d’orïental zaffiro” che all’inizio del Purgatorio immerge il “secondo regno” in una luce tutta nuova… Insomma, si tratta di costruirsi un proprio itinerario, un percorso individuale all’interno del poema.
Le poesie possono dire quel che l’autore non sa di voler dire

A questo punto è tutto fatto? Così pensavo.
Poi è arrivata quella semplice osservazione di Walter Siti nel suo ultimo, necessario, libro, Contro l’impegno, laddove dice che tutti gli input che provengono dall’esterno non sono sufficienti se non si ha “la pazienza di ascoltare il testo” (qui trovate l’intervista molto interessante della Lipperini a Walter Siti). Perché molte cose sono già nel testo, a volte all’insaputa dell’autore stesso. Lui lo dice a proposito di Leopardi, ma è la stessa cosa per Dante e per tutti gli altri poeti, per i quali vale l’avvertenza che “le poesie possono dire quel che l’autore non sa di voler dire”.
E allora ho capito che dovevo mollare gli ormeggi e abbandonarmi di più dove mi porta il testo…
Ad oggi sono arrivato al canto XV del Purgatorio. Sì, perché – non l’ho ancora detto – ho cominciato dalla seconda cantica. Essendo l’Inferno il più conosciuto e legato ai ricordi scolastici, volevo avere la mente sgombra nell’intraprendere una nuova lettura. Poi proseguirò con l’Inferno e infine il Paradiso. Se tutto va bene conto, entro un anno, di arrivare a “l’amor che move il sole e l’altre stelle”!