Illinois, inizio dell’estate del 1928. Nella piccola cittadina di Green Town i due adolescenti, Tom e Douglas si aspettano di vivere la più memorabile delle stagioni. Intanto gli adulti di ogni età cercano di trattenere ricordi, sogni e momenti di vita. Seppur nella forma del dolce vino di dente di leone che scalderà le fredde giornate invernali.
Il vino del nonno
Chi ha avuto la fortuna di trascorrere tanto tempo con i propri nonni, di osservare le loro mani vissute, intente a lavorare, ritroverà quella dolcezza in queste pagine. È nonno Spaulding a preparare il meraviglioso vino di dente di leone.
Si tratta di un vino prezioso, conservato religiosamente in cantina, in grado di riportare il sole di maggio a scaldare il cuore nelle fredde giornate d’inverno.
Sembra proprio di essere lì, a godersi insieme a quei ragazzi, la libertà delle corse sfrenate giù dalle colline. Il profumo della torta di mele e i tramonti infuocati dal patio delle classiche villette della provincia americana.
Catturare la felicità
Un universo di anime, anziani con le loro storie, giovani pieni di aspettative, uomini e donne alla ricerca della felicità.
Una felicità che appare nitida nei ricordi del passato e nel momento presente, ma è minacciata dalla contezza che nulla potrà fermare lo scorrere del tempo. Non si vuole farla finire questa estate che rappresenta la perfezione di un momento di grazia. Ed ecco che, in uno dei protagonisti nasce l’idea di costruire una macchina della felicità. Ma i risvolti di questa invenzione saranno inaspettati e condurranno i personaggi ad una profonda riflessione sul valore delle cose.
L’estate incantata
In questa estate i giovani protagonisti si rendono conto di essere vivi e tale consapevolezza li obbliga a vivere al massimo ogni momento.
Titolo originale Dandelion Wine, pubblicato in Italia col titolo L’estate incantata, è un racconto sorprendente che colpisce per delicatezza e forza narrativa.
Ray Bradbury è stato uno scrittore prolifico, passato alla storia per epocali romanzi di fantascienza, fantastici e futuribili, come Fahrenheit 451 e Cronache marziane – solo per citarne un paio. La magistrale potenza descrittiva di Bradbury riesce sempre a dare vita ai personaggi ed alle loro emozioni. Ma ne L’estate incantata il tono si fa più intimo e poetico.
Il Dandelion Wine si può considerare vino?
Non ho mai degustato del vino di dente di leone, un fiore noto anche come tarassaco o cicoria selvatica. Si tratta dunque di un fermentato che può essere assimilato, nella preparazione, all’idromele. Quest’ultima è una bevanda antichissima, nota già nei tempi antichi e risalente addirittura agli Egizi. Certamente è una bevanda che esula dalla definizione di vino, in quanto non prodotta da uva.
Lasciamo perciò da parte il vino da tarassaco, per soffermarci sull’anno in cui è ambientato il romanzo.
Il 1928 è un anno molto particolare negli Stati Uniti, siamo infatti in pieno proibizionismo. In pratica è quel famigerato periodo che va dall’approvazione, nel 1919, del Volstead Act – la legge statunitense che sancirà la messa al bando di quasi tutte le bevande alcoliche – fino al 1933.
Il tentativo di fare degli USA una società forzatamente astemia, causerà, al contrario, il nascere di migliaia di distillerie illegali, non solo casalinghe. Favorendo altresì, l’ascesa del commercio di alcol da contrabbando e dei clan malavitosi.
L’uva del Proibizionismo
Lo Zinfandel sarà l’unica uva che continuerà ad essere coltivata e venduta nei ruggenti anni ’20 americani. Diverrà il vitigno-simbolo californiano, l’uva dei minatori e degli operai.
Venduta in forma di mattoni essiccati con allegate precise istruzioni: “Ogni mattone si scioglie in un gallone d’acqua. Per evitare la fermentazione aggiungere benzoato di soda.”.
In pratica, l’indicazione su come evitare che l’uva si trasformasse in vino forniva la ricetta per la produzione casalinga.
Ma che uva è lo Zinfandel?
Le analisi sul DNA non hanno lasciato scampo ai produttori californiani, desiderosi di reclamare l’origine autoctona del vitigno all’estremo West. Si tratta, infatti, di un pronipote del pugliese Primitivo imparentato anche al Pavlac mali e ad altri vitigni balcanici. Un vitigno che, dunque, raggiunse il nuovo mondo intorno al 1800.
Lo Zinfandel è un vitigno a bacca rossa ad alta resa, che si esprime al meglio in suoli poco fertili e ben drenati dalle acque.
La vinificazione in rosato, denominata White Zinfandel è per gli americani un “vino da picnic”, di facile beva.
Mentre la tipologia più nota è in rosso e si eleva in botte di legno. Si adatta anche a decennale invecchiamento.
Molto amati dal mercato americano sono anche gli Old Zinfandel, i vini rossi ottenuti da vecchie vigne.
Se vinificato in bianco offre la base per vini spumantizzati.
Zinfandel contro Primitivo
La versione in rosso dello Zinfandel è la più simile al nostro Primitivo.
Anche se il paragone fra i due lascia il tempo che trova, essendo rispettivamente espressione di diversi territori e stili di produzione.
Le uve danno origine a vini di colore rosso rubino intenso, con sfumature violacee nella giovinezza.
Il corredo odoroso spazia da frutti rossi scuri come amarena e prugna, a note floreali di rosa e viola.
Le note speziate si legano alla tipologia, tostatura e grandezza delle botti in legno, selezionate per l’elevazione.
Ricordano note scure di pepe e liquirizia, o note più leggere di cacao e cannella. Al palato è caldo e pieno, sovente dai tannini morbidi e dotato di buona persistenza.
Lo “Zin”, come affettuosamente lo chiamano oltreoceano, accompagna allegramente i barbecue della domenica.
Un vino di importante gradazione alcolica, della quale tenere conto in fase di abbinamento.
Quale sia migliore fra i due? Lascio la scelta al vostro gusto personale.
Tenendo comunque in considerazione che, se pur imparentati, i due vitigni si esprimono in modo completamente diverso l’uno dall’altro. Vale quindi la pena di accostarsi al bicchiere senza pregiudizi, magari godendosi L’estate incantata di Bradbury.